Maltrattamenti alla Stella Maris, l’accusa chiede 14 condanne: le accuse e chi sono i coinvolti
Il pm: disprezzo e umiliazione nei confronti dei ragazzi. La pena più alta è quella che rischiano le due dottoresse responsabili della struttura
PISA. Quattordici richieste di condanne, una sola di assoluzione. Il processo per i maltrattamenti al centro di ricovero e cura gestito dalla Fondazione Stella Maris a Montalto di Fauglia ha vissuto ieri uno snodo decisivo con la requisitoria del pubblico ministero.
Condanne richieste
La contabilità delle pene richieste dall’accusa varia da un anno e mezzo a cinque anni di reclusione. Quest’ultimo caso è quello delle due dottoresse Paola Salvadori di Capannoli e Patrizia Masoni di San Giuliano, che al tempo degli addebiti contestati (il 2016) dirigevano le due articolazioni della struttura di Montalto. L’unica richiesta di assoluzione è stata quella nei confronti del livornese Giuseppe De Vito, direttore sanitario della Stella Maris, per il quale il pm ha ritenuta «non provata la consapevolezza di quanto accadeva».
Ecco invece le pene richieste per gli operatori: Ugo Caroti di Fauglia 4 anni e 10 mesi; Giulio Fignani di Castellina Marittima 4 anni e 2 mesi; Marco Guerrazzi di Ponsacco 4 anni e 10 mesi; Matteo Parenti di Cascina 4 anni; Svetlana Parfeniuc di Capannoli 3 anni e 4 mesi; Stefano Pasqualetti di Terricciola 4 anni e 4 mesi; Gabriele Lucchesi di Collesalvetti 1 anno e 4 mesi; Cinzia Vivaldi di Pisa 2 anni e 3 mesi; Maura Testi di Ponsacco 2 anni e 3 mesi; Nicoletta Casalini di Castellina Marittima 1 anni e 11 mesi; Rita Danesi di Livorno 2 anni e 6 mesi; Rinaldo Quintavalle di Cascina 3 anni e 10 mesi. Le differenze nelle pene richieste si spiegano con la diversità nel numero e nelle gravità degli episodi contestati a ogni singolo imputato.
Per il direttore generale della Fondazione Roberto Cutajar è invece arrivata l’assoluzione in appello dopo aver intrapreso la strada dell’abbreviato. Un altro operatore aveva invece patteggiato una pena di un anno e 10 mesi durante l’udienza preliminare.
Disprezzo e umiliazione
Durante la prima parte della requisitoria il pubblico ministero Fabio Pelosi ha ricostruito quello che – secondo la prospettiva dell’accusa – era un contesto «indecoroso, inadatto e poco professionale».
Un luogo, la villa di Montalto, nel quale persone con gravi fragilità venivano trattate – ha sostenuto ancora il pubblico ministero – «come sacchi di patata da spostare da una parte all’altra». Al centro di tutto – e anche dello svolgimento dell’inchiesta e del processo – ci sono i video girati con le telecamere nascoste dai carabinieri: «La prova regina – ha detto Pelosi – sono i video. E i video dimostrano disprezzo e umiliazione nei confronti degli ospiti della struttura». E, secondo la pubblica accusa, non c’è stato alcun riscontro sul fatto che le condotte degli operatori «fossero risposte a condotte dei ragazzi».
C’è poi la questione della selezione del personale, ritenuto poco o nulla formato per trattare con patologie complesse. E qui si entra di prepotenza nel capitolo che riguarda le dottoresse Salvadori e Masoni che – secondo il pm – «sapevano cosa accadeva nella struttura» e non hanno fatto quello che avevano in potere di fare: «Avrebbero avuto la facoltà di licenziare il personale e assumerne altro. E non l’hanno fatto, così come non c’è stata formazione, né supporto psicologico». In sintesi, si sarebbero rese responsabili di «aver omesso condotte che Brennero potuto evitare o ridurre la portata dei fatti».
L’inchiesta
Le indagini partirono da alcune lettere che circostanziavano casi di abusi e dunque si decise di procedere con intercettazioni audio e video di quello che succedeva nella struttura. Particolarmente nei refettori, momento d’incontro collettivo, quando si trovavano sicuramente sia gli operatori che i pazienti. Le intercettazioni ambientali andarono avanti per quasi quattro mesi, fino al 10 novembre. In tutto in quel periodo vengono documentati 280 episodi di maltrattamenti di varia natura e gravità.
Prossima udienza
Il giudice monocratico Susanna Messina ha già calendarizzato la prossima udienza tra meno di un mese, il 22 luglio. In quell’occasione ci sarà la prosecuzione della discussione, che sarà impegnativa visto l’alto numero di parti civili (23) oltre che di imputati con relativi legali. Anche ieri, come spesso avvenuto in questi anni (il processo è iniziato nel 2021), fuori dal Tribunali sono stati affissi gli striscioni dei familiari delle vittime e delle associazioni che le hanno appoggiate.