Ecco Rosambra, primo rosé da Sangiovese: la novità di Arceno 2024
Delicatezza, freschezza e stile provenzale per il prototipo dell’azienda di San Gusmè già nota per i suoi Chianti Classico e i vini da uve “bordolesi”
Per molto tempo non solo a livello di incarichi di alto profilo e di retribuzioni diverse a parità di funzione e professionalità le “quote rosa” sono risultate coartate e trascurate nel nostro Paese.
Anche sul fronte (molto meno impattante, sia chiaro) dei colori dl vino l’Italia sul tema del rosa – popolarità e livelli di consumo - è stata fanalino di coda tra le nazioni produttrici storiche.
E il bello è che – quasi con perversa ironia – uno dei motivi per cui i rosati da noi hanno stentato a lungo a decollare, e sono finiti anche nelle regioni più prolifiche e vocate a cercare fortuna soprattutto nell’export, è che venivano ritenuti vini “femminili”. Un’idea denegata sia dal numero (e la competenza) crescente di appassionate produttrici e consumatrici di Amarone o Bolgheri, sia dal fatto che se c’è una cosa che salta ogni differenza (vera o presunta) legata al genere è il gusto, di un piatto cucinato come di un calice.
Di recente però, la musica è (almeno un po’) cambiata. La tendenza (anche qui totalmente trasversale) a bere un filo più “leggero” sotto il profilo alcolico e delle temperature di servizio, e più “smart” per modalità di proposta ha implementato stima, fama e richiesta di rosati. In maniera ancora non roboante per quantità totali, ma interessante nel definire prospettive a breve e soprattutto medio termine.
Ecco allora che chi ha materia e capacità (tecnica ed eno-ampelografica) di produrne, un po’ come già per le bolle, ha messo in campo (e in bottiglia) la sua pennellata di rosa.
Pennellata d’indubbio interessa quando l’autore è un già consolidato maker (in rosso, va da sé) di Sangiovese da Chianti Classico. Un marchio iconico. Arceno, casa e vigne a San Gusmé (Classico senese, dunque) ha spedito nel mondo da poco il Rosambra, figlio “diverso” dell’uva madre di sempre, targato 2024 (meno calore, più acqua, migliori acidità) lavorato da Lawrence Cronin, enologo della Tenuta, in stile dichiaratamente provenzale.
Delicatezza dunque è la parola chiave: sin dal colore, “costruito” in tre ore di contatto con le bucce (e quelle del Sangiovese, si sa, non sono certo le più “tinte” tra le grandi uve da rosso) e affinamento successivo per tre mesi in acciaio.
Profumato di agrume e frutta bianca e gialla, fresco e aereo (ma tutt’altro che sbiadito) al gusto, ha una produzione per ora puntiforme (poco più di 2.500 pezzi) ma il pronostico di chi scrive è che rose del genere (tanto per restare in tema...) siano destinate a fiorire, e dunque, clima permettendo, a crescere di peso nel bilancio del prodotto aziendale.
Come tutti gli altri vini di Arceno, anche Rosambra entra a far parte del catalogo di Pellegrini, distributore che per gli appassionati e i conoscitori non ha bisogno di presentazioni coi suoi 150 produttori (internazionali e italiani) e 2.000 etichette circa in catalogo.
(*) Giornalista e critico enogastronomico
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