Livorno, inchiesta permessi facili: il pompiere integerrimo che ha respinto le regalie – Le intercettazioni
Mazzotta al collega aveva proposto cellulari, tv e lavastoviglie. Ma Lattanzi si è sottratto: «Mai fatti illeciti, ho una coscienza
LIVORNO. Avrebbe cercato, senza esito, di corrompere un suo collega vigile del fuoco di Lucca per «l’ottenimento delle autorizzazioni di prevenzione incendi relative al negozio Comet di Capannori», concordando la strategia da adottare nell’aprile dell’anno scorso con una dipendente dell’azienda Marini-Pandolfi (i cui vertici non risultano indagati ndr) , la quarantottenne di Carmignano (Prato) Barbara Luconi. Peccato che Giuseppe Mazzotta, il sessantenne dirigente dei vigili del fuoco di Livorno ora in carcere alle Sughere, fosse intercettato dalla Squadra mobile della polizia di Stato. E che il collega, che comunque nei tempi e nei modi consoni si è occupato della questione, abbia rifiutato ogni sorta di regalia.
Le intercettazioni
Col funzionario di stanza a Lucca – il sostituto direttore antincendi capo Claudio Lattanzi, 60 anni e originario di Fivizzano, in provincia di Massa Carrara – Mazzotta attua la strategia «delle utilità». Spiegando che nei punti vendita Comet ci sono «le televisioni belle. .. te peraltro, mi sembra la tua è bruttina, no? Di televisione...». «No, è bellissima, però... non ti preoccupare, stai tranquillo», la risposta. «Però ha anche delle belle lavastoviglie, oppure non so – prosegue il sessantenne di Cascina – quel cellulare brutto che hai lo devi buttare via, mi pare di capire, no? », con l’interlocutore che infastidito svia la conversazione. E ancora: «Però, per esempio, ad Augusto (Augusto Russo, l’omologo di Mazzotta a Genova, ora in pensione e indagato per concorso in corruzione in merito a una vicenda agli atti dell’inchiesta sui lavori nel negozio Comet del capoluogo ligure ndr) gli ho fatto avere un cellulare. Mi ha detto guarda, questo qui può andare bene? E a me, a me m’ha dato la televisione da 75 pollici che non mi c’entra…». «Quando hai fatto l’approvazione, dimmi di cosa hai bisogno in casa: il cellulare... no, sul serio! Tanto, eh, loro me lo chiedono, eh. Dice: cosa possiamo fare di regalo? E io gli dico: dimmi cosa ti torna... me lo dirai dopo! Se in caso, una bella televisione, di quelle che costano un paio di mila! », non ottenendo però soddisfazioni in tal senso.
Il racconto
Lattanzi, dalle intercettazioni ambientali, emerge come persona integerrima. Al Tirreno racconta la sua versione dei fatti: «Conosco Mazzotta, anche se non benissimo – spiega – e a volte il suo comportamento può apparire sopra le righe, ma da qui a dire che sia una persona in malafede me ce ne corre. In ogni caso – prosegue – di tutto ciò che emergerà nell’inchiesta a me non interessa. Chiaramente, quando mi parlava di quelle cose, comprendevo benissimo, ma conoscendolo ci davo il giusto peso, oltre al fatto che ho una coscienza alla quale devo rendere conto. Se, come tecnico, sono chiamato a soluzioni in un percorso lineare qual era quello, è giusto dare le risposte corrette favorendo l’imprenditorialità. Di illeciti non voglio nemmeno sentire parlare».
«Negozio clandestino»
Successivamente, in una riunione con il responsabile della catena – secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – Mazzotta illustra «quanto accertato a Capannori e l’assenza di certificazioni dal 2013», con un dirigente della Marini Pandolfi, lì con loro, che «evidenzia come il punto vendita sia “clandestino” da ben 11 anni».
«Analizzando la normativa di allora e confrontandola con l’attuale, revisionata nel 2020 – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – Mazzotta afferma che c’è la possibilità di evitare la trivellazione del tetto per realizzare lucernari di imponenti dimensioni, “imbrogliando un pochino” sul carico di incendio, ovvero dimostrando che il quantitativo delle cose incendiabili è contenuto, si può affermare che la struttura, pur essendo costruita con materiali metallici (e quindi non resistenti al fuoco) in caso di incendio non può collassare prima dei 90 minuti».
«Si resta sempre poveri» Sempre in una conversazione fra Mazzotta e Lattanzi emerge una diversità di vedute sugli interventi da suggerire per la messa a norma del grande magazzino. Il funzionario livornese prosegue nel suo racconto ed evidenzia la troppa onestà del collega Lattanzi, il quale ritiene che non valga la pena approfittarsi delle persone, «poiché si resta comunque poveri».