La caccia al super latitante Cubeddu e il blitz (anche) in Toscana
Ricercato dal 1997, è uno dei nomi dell’Anonima sequestri sarda: negli anni ’80 era stato coinvolto in rapimenti a scopo estorsivo nel granducato e in Emilia Romagna
CAPOLIVERI (ELBA). È un fantasma da 28 anni. Da quando – era il 7 febbraio del 1997 – non ha più fatto ritorno nel carcere di Badu ’e Carros di Nuoro, in Sardegna, dove era detenuto per sequestro di persona (e altri reati) per cui avrebbe dovuto scontare 30 anni. E ieri il grande dispiegamento di forze per (provare a) trovare tracce del super latitante Attilio Cubeddu, 78 anni, nome storico dell’Anonima sequestri, è arrivato anche in Toscana. In particolare a Capoliveri, all’isola d’Elba.
I militari del Comando provinciale dei carabinieri di Livorno guidato dal comandante Piercarmine Sica, a supporto del Raggruppamento operativo speciale (Ros), sono andati a bussare alla porta di una parente del boss: si tratta della nipote della sorella di Cubeddu, l’unica familiare, in linea diretta, che si è trasferita fuori dal territorio sardo.
Il motivo
Un approfondimento investigativo che non poteva essere ignorato dai carabinieri visto che il nome del latitante è legato a doppio filo con la Toscana.
Basta riavvolgere il nastro indietro nel tempo – fino al 17 giugno 1997 – quando poco dopo le 22 tre uomini armati fecero irruzione nella villa dell’imprenditore Giuseppe Soffiantini a Manerbio, a una ventina di chilometri da Brescia. Fu quello l’inizio di uno dei più brutali sequestri di persona a scopo di estorsione degli anni Novanta, rimasto impresso nell’opinione pubblica per il susseguirsi di colpi di scena, fughe di notizie e cronache in tempo reale delle trattative, scandite dai numerosi appelli lanciati dalla famiglia. Soffiantini rimase nelle mani dei suoi rapitori per 237 giorni, prima di essere liberato all’Impruneta, vicino a Firenze, il 9 febbraio del 1998 dopo il pagamento di un riscatto di cinque miliardi di lire: alcuni giorni prima aveva cercato di fuggire, vagando sui monti della Calvana, sopra Prato, ma fu catturato di nuovo dai rapitori.
E il custode dell’ostaggio fu proprio lui, Attilio Cubeddu, che all’epoca era già latitante, poi condannato anche per questo sequestro. Ma la scia di crimini commessi dal super latitante è lunghissima: partecipò nel 1981 al sequestro Peruzzi e nel 1983 ai sequestri Rangoni Machiavelli e Bauer in Emilia-Romagna, soltanto per citarne alcuni (di altri è fortemente sospettato, ma mai formalmente incriminato).
Il blitz
In totale ieri, 24 luglio, sono state perquisite 20 persone, principalmente nella regione dell’Ogliastra, in Sardegna, e una anche all’Elba. È qui, nella casa dell’unica familiare di Cubeddu in linea diretta fuori dalla Sardegna, che i militari dell’Arma si sono messi a cercare elementi che riconducessero al boss con un obiettivo: trovare documenti e materiali di qualsiasi tipo capaci di attestare i contatti tra Cubeddu ed eventuali mediatori. E lo stesso vale per gli oggetti sui quali possano essere ritrovate tracce biologiche con lo scopo finale di riuscire a risalire con ragionevole certezza al profilo genetico completo di Attilio Cubeddu, anche tramite la comparazione del materiale genetico eventualmente estrapolato da questi oggetti con i profili genetici repertati nel corso degli anni in quanto riconducibili in modo astratto al boss, tuttavia in modo non univoco e dunque ancora incerto.
Il risultato
La perquisizione ha riguardato non solo l’abitazione, ma anche i luoghi vicini e le pertinenze dell’immobile così come veicoli di proprietà, o comunque nella disponibilità, delle persone perquisite. A Capoliveri le ricerche hanno dato un esito negativo, ma la caccia continua per affidare alla giustizia quel fantasma che da 28 anni (se ancora vivo) si muove nell’ombra. Forse anche in Toscana.