Il Tirreno

Toscana

Il caso

Assalto ai portavalori, la banda arrestata tradita da un pizzino: cosa c'era scritto

di Claudia Guarino

	L'assalto al portavalori sull'Aurelia
L'assalto al portavalori sull'Aurelia

Undici arresti per la rapina sull’Aurelia a San Vincenzo: sono tutti sardi. Ma nessuna traccia dei tre milioni rubati

4 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. «Hanno buttato una bomba. C’è un furgone portavalori. Qui siamo tutti agitati. Stiamo tremando. Hanno sparato». Quando arriva questa chiamata ai carabinieri, sull’Aurelia di San Vincenzo rimbombano le raffiche dei kalashnikov. C’è appena stata un’esplosione e, tra le urla concitate, a un certo punto spicca il grido: «Tutti siamo? Ajo! Andiamo». Da qui – da questa frase pronunciata in dialetto sardo – e dal ritrovamento in un casale di campagna di un bigliettino contenente due numeri di telefono, iniziano le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Livorno.

Così i militari nella prima mattina di ieri, lunedì 19 maggio, coadiuvati da altri reparti e a nemmeno due mesi dal fatto, arrestano undici persone, tutte accusate a vario titolo di aver preso parte all’assalto ai portavalori avvenuto il 28 marzo scorso sulla Variante Aurelia in provincia di Livorno. Nove degli indagati sono stati trovati a Nuoro, uno a Castelnuovo Valdicecina, in provincia di Pisa, e uno a Bologna. Nell’operazione “Drago”, coordinata dal sostituto procuratore Ezia Mancusi, sono stati impiegati oltre 300 militari. «Si tratta di un risultato straordinario – commenta il procuratore capo di Livorno, Maurizio Agnello – ottenuto in tempi brevissimi». Ed ecco com’è stato individuato il commando che ha agito, come ha sottolineato il procuratore, «con modalità militari e dopo un’attenta pianificazione».

I fatti

Sono da poco passate le 18 del 28 marzo quando sull’Aurelia in direzione Grosseto, poco prima di San Vincenzo sud e in corrispondenza di un restringimento di carreggiata causa lavori, vengono assaltati due portavalori del Gruppo Battistolli che, partiti da Cecina, stavano trasportando oltre 4 milioni di euro per le pensioni a Grosseto. I rapinatori (otto, complessivamente) utilizzano due furgoni (entrambi rubati) per sbarrare la strada ai portavalori, fanno scendere le guardie giurate e aprono uno dei blindati con dell’esplosivo. Il tutto sparando all’impazzata. Poi prendono 3 milioni (che al momento non sono stati ritrovati) e portano via il malloppo allontanandosi su tre auto: due rubate in precedenza (due suv Volvo) e una presa sul momento a un medico grossetano che passava di lì.

La pista sarda

L’intera azione è stata ripresa col cellulare dalle persone che in quel momento si trovavano sul cavalcavia dell’Aurelia. Ed è da uno di questi video che sono iniziate le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Livorno guidato dal maggiore Guido Cioli. I militari – visto il dialetto dei rapinatori – hanno intrapreso subito la pista sarda. Tempo qualche giorno e i carabinieri sono riusciti a trovare tutte e tre le macchine utilizzate dai rapinatori per fuggire: una era in un campo nel comune di Castelnuovo Valdicecina, la seconda verso Suvereto e la terza tra Castelnuovo a Monterotondo (area Sasso Pisano). Tutte in zone impervie.

Le indagini

I suv Volvo, a cui erano state sostituite le targhe, sono risultati rubati nel settembre del 2024 e i carabinieri sono riusciti a ricostruirne i transiti tra Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Sardegna. Poi, grazie anche alle telecamere e all’analisi delle corse dei traghetti dalla Sardegna alla Toscana, i militari hanno individuato alcuni sospettati. Effettuando sopralluoghi nelle campagne pisane, hanno inoltre trovato i resti di un cellulare bruciato e, in un casale, hanno raccolto un biglietto da terra su cui erano stati scritti due numeri di cellulare. In questo modo i carabinieri hanno scoperto l’esistenza di una sorta di “rete off line”. Gli indagati, cioè, avrebbero comunicato tra loro (e solo tra loro) con dei telefoni Nokia privi di connessione internet e i cui tabulati hanno permesso di determinare gli spostamenti della banda.

La ricostruzione

Così i carabinieri hanno ricostruito i momenti precedenti e quelli successivi di «un’attività – ha detto il comandante provinciale dei carabinieri di Livorno, Piercarmine Sica – che ha richiesto una preparazione di mesi tramite la costituzione di alibi come ad esempio quello di presenziare a una concomitante fiera in Umbria oppure quello di acquistare un macchinario in Emilia Romagna». Peraltro gli indagati, secondo gli investigatori, «per eludere i sospetti si erano organizzati in partenze scaglionate dalla Sardegna sbarcando in porti differenti nei giorni antecedenti la rapina e rientrando sull’isola in diversi scali marittimi».

Gli arresti

È sulla base di tutti questi elementi che la Procura ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per undici persone accusate, a vario titolo, di rapina pluriaggravata, detenzione e porto di armi da guerra ed esplosivo, furto pluriaggravato e ricettazione. Una misura, questa, eseguita ieri mattina dagli stessi carabinieri del nucleo investigativo di Livorno affiancati dai colleghi di Ris, Ros, Gis, Tuscania, Squadroni eliportati Cacciatori Sardegna e Sicilia, Sos dei Battaglioni Toscana e Sardegna, Nucleo elicotteri di Pisa ed Elmas, nucleo cinofili di Firenze.


 

Primo piano
La tragedia

Incidente mortale in A1: chi sono le tre vittime. Gravi una bambina di 4 anni e la mamma

Estate