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Viareggio, 65enne muore nel parco: indagate due dottoresse del Versilia per omicidio colposo

Viareggio, 65enne muore nel parco: indagate due dottoresse del Versilia per omicidio colposo

La Procura di Lucca apre un’inchiesta sul decesso di Maria Rita Morrone, 65 anni, trovata senza vita al parco La Tinaia. Due mediche del pronto soccorso e della dermatologia indagate

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VIAREGGIO. Due medici dell’ospedale Versilia sono indagati per omicidio colposo nell’ambito di prestazioni sanitarie. È questa la svolta nelle indagini sulla morte di Maria Rita Morrone, la 65enne scomparsa intorno alle 5 di giovedì nel parco La Tinaia a Viareggio, nei pressi del quale viveva da tempo con il marito (oggi assistito dall’avvocato Enrico Carboni) a bordo della loro auto, in una situazione di marginalità sociale e in scarse condizioni igienico-sanitarie.

Le indagini della Procura

A finire indagate sono due dottoresse, una professionista in servizio al pronto soccorso e una specialista della dermatologia dell’ospedale dove martedì, due giorni prima della morte, era stata visitata la 65enne, da tempo affetta da un grave problema alle gambe che negli ultimi venti giorni era diventato particolarmente invalidante.

È questo il primo passo dell’inchiesta aperta dalla Procura di Lucca (il pubblico ministero incaricato del fascicolo è il sostituto procuratore Antonio Mariotti) che punta a fare luce sull’accaduto e che, per questo, ha previsto l’acquisizione delle cartelle cliniche e dei dati relativi agli accessi al pronto soccorso da parte della 65enne. Il motivo per cui gli avvisi di garanzia sono stati consegnati ai due medici è legato alla decisione del pubblico ministero di procedere con l’autopsia sul corpo della 65enne: l’incarico dell’esame – che sarà svolto nella giornata di martedì – è già stato affidato al dottor Luigi Papi e alla sua equipe di medicina legale di Pisa che avranno poi 60 giorni per depositarne gli esiti. Secondo la procedura di legge, infatti, nel caso di un accertamento unico e irripetibile come appunto è l’autopsia, tutte le parti in causa devono essere avvisate e quindi è necessario per il pm presentare un elenco degli indagati affinché possano nominare anch’essi consulenti di parte. Non è detto quindi, è bene sottolinearlo, che a carico dei due medici siano poi ricondotte o formalizzate accuse di carattere penale.

Le due dottoresse sono finite nel mirino della Procura perché, secondo quanto trapela dalle prima indiscrezioni in merito alle indagini, sono state loro a visitare Maria Rita Morrone nella giornata di martedì, quando la 65enne era stata convinta dagli operatori sanitari e dai servizi sociali a farsi portare al pronto soccorso del Versilia. E da cui è stata successivamente dimessa più tardi nel corso della giornata. La Procura vuole quindi accertare, attraverso l’autopsia e l’analisi delle cartelle cliniche, se la causa della morte sia o meno riconducibile a un’eventuale negligenza medica. O se invece, come ipotizzato in un primo momento, si sia trattato di una morte naturale.

Una vita ai margini

Quella di martedì non è stata l’unica visita al pronto soccorso da parte di Maria Rita Morrone. Da tempo infatti la situazione in cui vivevano lei e il marito veniva monitorata sia dalle unità di strada e dal servizio di emergenza abitativa della Misericordia di Camaiore e Lido (che coordina le unità di strada sul territorio versiliese) sia dai servizi sociali del Comune di Viareggio. Il primo contatto avvenuto tra gli operatori e la coppia risale allo scorso aprile e da allora le visite si sono fatte sempre più costanti. A preoccupare, oltre alle grave carenza di igiene e alla mancanza di un tetto sotto al quale dormire, erano le condizioni delle gambe della 65enne che, negli ultimi tempi, a causa delle piaghe faticava anche a camminare. Proprio mentre veniva aiutata dal marito a passare da una panchina all’altra del parco La Tinaia, giovedì mattina alle 5, avrebbe avuto un improvviso malore e sarebbe crollata a terra. Per lei ogni soccorso si è rivelato inutile. Maria Rita e il marito mai avevano accettato una sistemazione in strutture abilitate per paura di venire separati e solo di recente erano stati convinti a trasferirsi in una struttura ad Aulla che li avrebbe accolti entrambi: l’avrebbero dovuta raggiungere proprio nella giornata di giovedì.

Relativamente alle condizioni di salute della donna, però, la stessa Asl Toscana nord ovest in una nota ha evidenziato che «nonostante vivesse in una condizione di evidente trascuratezza e marginalità, le condizioni sanitarie non erano tali da richiedere degli interventi di tipo ospedaliero né vi erano presupposti per procedere a trattamenti sanitari obbligatori». Inoltre «si è osservata una difficoltà a seguire le indicazioni di tipo sanitario»: secondo quanto riportato anche dagli stessi operatori sanitari territoriali, infatti, in più occasioni la donna si sarebbe opposta alle cure o avrebbe firmato le proprie dimissioni dal pronto soccorso dopo esservi stat condotta (per due volte sono state anche disposti degli Accertamenti sanitari obbligatori). Per queste ragioni «gli specialisti interessati – conclude nella sua nota l’azienda sanitaria – avevano anche proposto la nomina di un amministratore di sostegno per tutelare adeguatamente la paziente».

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