Ragazza palestinese morta a Pisa, Israele accusa i medici di avere occultato le analisi nel certificato di morte. Perché non è vero e cosa non torna
La 20enne palestinese morta a Pisa diventa oggetto di polemica geopolitica; i medici italiani smentiscono la leucemia e chiariscono il quadro clinico, mentre il Cogat pubblica documenti sull’ospedale di Gaza e accusa: «Aveva il cancro e poteva essere trasferita prima»
PISA. “La diagnosi di cancro era stata omessa dai rapporti sulla sua morte”. L’accusa arriva da Israele e non da un ente secondario: è riportata, insieme al referto, sul Times of Israel che cita un post su “X” del Cogat, un organismo del governo israeliano. E che chiama in causa, sebbene mai direttamente, l’Azienda ospedaliera universitaria pisana che ha avuto in cura Marah Abu Zuhri. Come purtroppo era tristemente prevedibile, anche la morte della 20enne palestinese si è trasformata in un campo di battaglia per la propaganda di guerra.
Le accuse agli italiani
La ragazza è morta dopo un giorno dal suo arrivo a Pisa il 13 agosto, in stato di grave deperimento organico, e con una diagnosi di leucemia acuta smentita dagli esami condotti dai medici italiani a Cisanello. Le sue condizioni fisiche, oltre alla situazione di carestia documentata dalle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza, hanno fatto scrivere a tutti i giornali che Marah è una vittima della guerra. Oggi la risposta israeliana: sarebbero stati gli italiani, l’Aoup nel caso specifico, ad avere occultato il documento che giustifica l’arrivo a Pisa della ragazza. L’azienda ospedaliera, interpellata dal Tirreno, al momento ha deciso di non rilasciare dichiarazioni. Ma proviamo a ragionare su fatti, tempi e concatenazioni di eventi e interessi.
Il paradosso: la cartella clinica sarebbe scomparsa dalla relazione di morte, ma viene citata
In realtà di quel documento e della diagnosi che ha accompagnato la ragazza nel suo arrivo in Italia, per ricevere le cure, aveva parlato già ieri la professoressa Sara Galimberti, direttrice dell’unità operativa di ematologia all’ospedale Santa Chiara: «È arrivata con l’ipotesi di una leucemia acuta molto grave, era estremamente defedata (in grave stato di deperimento fisico, ndr), in condizioni di completo allettamento pur alla sua giovane età. Non è una storia di due giorni fa, ma più di una malattia probabilmente sottostante non diagnostica». E aggiungendo che la diagnosi di leucemia non era stata confermata: «Abbiamo fatto lo striscio di sangue periferico e le cellule cattive non sono state documentate. Abbiamo iniziato la terapia ad hoc che abbiamo sospeso appena arrivati i risultati specifici». Dunque delle due l’una: o i medici italiani hanno occultato la diagnosi, e allora perché parlarne alla stampa il giorno prima, oppure quell’occultamento non è mai avvenuto. E se avessero dovuto occultarla: per quale fine? Nessuno lo spiega, ma il sottointeso, in questo contesto, pare chiaro: propaganda contro Israele. Eppure tutte le azioni e dichiarazioni dei medici pisani vanno nella direzione della corretta etica professionale e del rispetto dei diritti del paziente. Non certo in quello della geopolitica.
La dottoressa Galimberti: «Malnutrizione? Non possiamo dirlo, ma aveva carenza di proteine»
Galimberti, con grande prudenza e restando sul piano scientifico di sua competenza, aveva anche chiarito: «Non posso dire che era malnutrita, questo non lo so. La condizione era ipoprotidemia, cioè basse proteine, ma è un quadro compatibile con altre situazioni».
Altre domande rimangono inevase nell’accusa che arriva da Israele: “Può accadere che, nell’attuale contesto di Gaza, una persona venga trasferita in Italia su un volo militare senza disporre di documentazione clinica?” Come ha spiegato al Tirreno l'assessora regionale alla Protezione Civile Monia Monni, «può capitare che la documentazione delle persone che arrivano con i voli umanitari sia non recente». Ma non priva di cartella clinica.
Tutto quello che non torna
E ancora: come farebbero gli israeliani ad avere in mano la relazione sulla morte della ragazza? La professoressa Galimberti, stando alle informazioni in possesso del Tirreno, stava lavorando a una relazione di sua competenza, ma non è chiaro se ieri fosse stata già completata. Quel documento, come da prassi, deve poi passare al vaglio della direzione sanitaria e raccogliere tutti i risultati degli esami effettuati, prima di confluire nel fascicolo clinico. Resta dunque la domanda: chi, in Israele, nel Cogat, avrebbe avuto accesso a queste informazioni prima o immediatamente dopo la loro consegna? E soprattutto, a quale fascicolo ci si riferisce? Tutte informazioni che non sono contenute nel tweet dell’ente.
Da chi arrivano le accuse: cos’è il Cogat e cosa sostiene
Il Cogat ha pubblicato su X un documento dell'ospedale Nasser di Khan Younis in cui si afferma che Marah Abu Zuhri era affetta da leucemia. "Le autorità italiane hanno contattato Israele per richiedere l'evacuazione di Marah a causa della sua malattia, e Israele ha approvato", afferma il Cogat. "L'ospedale l'ha descritta come arrivata in stato di grave deterioramento fisico, anche se i media italiani hanno affermato che soffriva di grave malnutrizione”, continua il Times of Israele. Il Cogat afferma che il suo trasferimento in Italia "avrebbe potuto avvenire prima, poiché Israele aveva proposto diverse date possibili per il trasferimento". "Israele facilita il trasferimento medico dei pazienti, con particolare attenzione ai bambini, e incoraggia i paesi di tutto il mondo a presentare tali richieste, mentre Hamas continua a sfruttarli cinicamente per i suoi scopi distorti", aggiunge.
Il Cogat (Coordination of Government Activities in the Territories), è l’istituzione, legata al ministero della difesa israeliano, che si occupa di coordinare l’ingresso di persone e merci a Gaza dal 1967 e che che ha l’utilizzo esclusivo degli hub di stoccaggio dei beni (sotto il controllo di Israele) dal 2023. In una lettera del maggio di quest’anno l’associazione israeliana per i diritti umani Gisha, insieme ad altre ong, si rivolse a questo ente e al primo ministro Benjamin Netanyahu, invitandoli ad aprire i valichi e consentire l’ingresso di merci e aiuti all’interno della Striscia. Secondo diverse organizzazioni umanitarie e alcuni governi, il Cogat avrebbe avuto un ruolo centrale nell’aggravare la crisi a Gaza, gestendo in modo inadeguato gli aiuti umanitari.