Il Tirreno

Versilia

Processo Falascaia, condannati in quattro

di Donatella Francesconi

Manager e tecnici di Tev-Veolia chiamati anche a risarcire le parti civili Sversarono nel Baccatoio le acque inquinate dell’inceneritore oggi chiuso

30 gennaio 2015
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PIETRASANTA. Colpevoli di aver violato l'articolo 674 del codice penale in base al quale è punito con l'arresto fino ad un mese o con una sanzione fino a 206 euro «chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti». La vicenda è quella dello sversamento nel torrente Baccatoio delle acque inquinate dalla diossina, e non solo, provenienti dall'inceneritore di Falascaia. La sentenza è stata emessa dal Tribunale di Lucca, giudice monocratico Valeria Marino, a carico di Thierry Pierre Marie Hubert, Enrico Fritz, Marco Albertosi e Stefano Danieli, tutti manager e tecnici di Tev-Veolia, per i quali il giudice ha sospeso la pena.

Ma gli imputati - condannati anche per il capo “D” del rinvio a giudizio, ovvero il superamento del limite consentito per il rame, finito nelle acque superficiali e da lì nel torrente Baccatoio - dovranno risarcire i danni patiti, così indica il dispositivo della sentenza, da Comune di Pietrasanta, Regione, Consorzio di bonifica della Versilia, associazione Wwf. Tutti costituitosi parti civili nel processo. Oltre al danno morale per tutte le altre parti civili, nella misura di mille euro per ciascuna delle parti.

Tutti e quattro sono stati condannati anche al pagamento delle spese legali per le parti civili assistite dagli avvocati Enrico Marzaduri, Sergio Nunzi, Fabio Ciari, Alessio Menconi, Gabriele Dalle Luche, Ilaria Bartoli e Filippo Antonini.

La vera pena - così la conclusione della requisitoria del pubblico ministero della procura di Lucca, Lucia Rugani, impegnata sul fronte delle indagini ambientali - è la chiusura dell'inceneritore, sequestrato nel luglio del 2010, mai più riaperto ed escluso dal Piano regionale dei rifiuti e dalla pianificazione dell'Ambito territoriale (Ato Toscana Costa). Dopo anni e anni - va sottolineato - di battaglie di comitati e cittadini che ancora oggi e chissà per quanto affrontano le conseguenze sanitarie della presenza dell’inceneritore.

Nella penultima udienza, formulando al richiesta di condanna e relativa pena, era stata ancora Lucia Rugani a ricordare che la ditta non ha mai presentato i documenti richiesti dal magistrato se non ad indagine già avviata e con l'impianto già sequestrato.

In aula, ieri pomeriggio, erano presenti anche il sindaco Domenico Lombardi ed Italo Viti, assessore all'ambiente. Per il primo Falascaia non sarà più un problema amministrativo, ma - casomai - di impegno persone e civile; per il secondo, candidato alle primarie del Pd, un eventuale prossimo incarico nella Giunta che succederà a quella Lombardi potrebbe vederlo nuovamente alle prese con il futuro del colosso che si staglia in mezzo ai campi a ridosso, appunto, del torrente Baccatoio.

Al momento l’impianto è affidato a Versilia ambiente, l’impresa creata da Sea ambiente e Sea risorse, che ha il compito di tenerlo in sicurezza dopo l’uscita di scena di Veolia.

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