Licenziato col test del carrello, Fabio vince in tribunale: «Torno al lavoro, ho lottato per tutti» – La telefonata, le lacrime e la gioia dei colleghi
Parla il lavoratore toscano che era stato allontanato dall’azienda dopo un particolare sistema di verifica che continua a far discutere: il tribunale ha ordinato il reintegro del dipendente
SIENA. Quando il telefono ha iniziato a vibrare, nel pomeriggio di lunedì 29 dicembre, Fabio Giomi era seduto su una panchina, poco distante dall’ingresso del tribunale di Siena. «Meno male che ero seduto», racconta. Attorno a lui, colleghi, delegati sindacali, amici: un centinaio di persone che da settimane seguivano la sua vicenda, diventata simbolo di una battaglia più grande del singolo caso. La tensione era salita fin dal mattino. Il presidio della Filcams Cgil aveva riempito la piazzetta con cartelli, abbracci, parole di incoraggiamento. Poi, nel pomeriggio, la notizia: il giudice del lavoro Delio Cammarosano ha dichiarato nullo il licenziamento di Giomi da parte di Pam con il “test del carrello”, ordinando il reintegro immediato, il risarcimento del danno e il pagamento delle spese processuali da parte dell’azienda.
Il “test del carrello” e il licenziamento
La storia è ormai nota: un valutatore, fingendosi cliente, aveva nascosto alcuni prodotti nel carrello, lasciandone altri sul nastro. Giomi – al suo posto in cassa al supermercato – non si era accorto degli articoli occultati e l’azienda aveva ritenuto l’episodio sufficiente per licenziarlo. Un metodo contestato dai sindacati, che lo definiscono «vessatorio» e utilizzato per colpire lavoratori considerati “scomodi”. La sentenza del tribunale ribalta tutto: quel licenziamento è discriminatorio, soprattutto per motivi legati all’età del lavoratore.
Le parole di Giomi
Il comunicato pubblicato sulla pagina Facebook della Filcams Cgil Siena riporta integralmente le parole di Giomi, che raccontano meglio di qualsiasi analisi il peso di questi mesi: «Dopo la tensione di tutti questi mesi e soprattutto quella di oggi (29 dicembre, ndr) al presidio in attesa della sentenza non ce l’ho fatta a resistere e sono esploso dalla soddisfazione! Sono felicissimo! Mi ha chiamato l’avvocato e menomale che ero seduto!» La sua non è solo una vittoria personale. È lui stesso a dirlo: «Sono contentissimo, non solo per me, ma anche per la battaglia sindacale che abbiamo portato avanti. Sono sicuro che questa vittoria potrà diventare un punto di riferimento per tanti lavoratori». E ancora, la frase che più di tutte restituisce il senso della sua scelta di non accettare una sospensione e chiudere la vicenda: «Quando le cose sono ingiuste non sono disposto ad abbassare la testa. Ho tenuto duro per me e per tutti i lavoratori del commercio».
L’avvocato Stramaccia
Nel comunicato sindacale, l’avvocato Andrea Stramaccia sottolinea la portata della decisione: «Questo provvedimento riabilita un lavoratore scartato a fine carriera dal suo datore di lavoro e getta un’ombra pesante sulla legittimità del famigerato “test del carrello”». Una frase che fotografa perfettamente il nodo della vicenda: non un errore, ma un metodo.
«Un esempio per tutti»
Il segretario provinciale Mariano Di Gioia parla di una sentenza che va oltre il singolo caso: «Giomi è un esempio per tutte le maestranze. Nessuna catena commerciale può usare il test del carrello per licenziare lavoratori scomodi o vecchi». E aggiunge: «Questa decisione dimostra come la dignità di un lavoratore possa essere da esempio per tutti e come la lotta sindacale porti risultati tangibili di giustizia ed equità sociale».
Una vittoria collettiva
La giornata si chiude con un abbraccio collettivo. Giomi riceve la telefonata del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. I colleghi lo stringono, qualcuno piange. È il ritorno di un uomo al suo posto di lavoro, ma anche il ritorno di una comunità alla consapevolezza che certe battaglie si possono vincere. Di questa giornata resta impressa la frase di Giomi, che vale più di qualsiasi commento: «Ho tenuto duro perché era una situazione inaccettabile. E oggi so di aver fatto la cosa giusta».
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