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La sentenza

Stragi nazifasciste, risarcimenti ai familiari: Germania condannata a pagare 11 milioni

di Pietro Barghigiani

	Alcune delle vittime della furia nazifascista in Lunigiana nell’estate del 1944
Alcune delle vittime della furia nazifascista in Lunigiana nell’estate del 1944

Il Tribunale di Genova riconosce il risarcimento a una cinquantina di eredi dei morti in Lunigiana. La giudice: «Le uccisioni perpetrate costituiscono senza dubbio crimini di guerra e contro l’umanità»

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FIVIZZANO (MASSA-CARRARA). È uno dei più imponenti risarcimenti a carico della Germania stabiliti da un Tribunale italiano a favore degli eredi delle vittime delle stragi nazifasciste. Oltre 11 milioni di euro per una cinquantina tra figli, familiari e nipoti di chi venne massacrato dai soldati del Terzo Reich, anche con la complicità dei fascisti locali. Sono le stragi di Vinca (162 morti), Mommio (22), San Terenzo Monti (159) e Camporaghena (5). Nomi e luoghi incisi nella carne viva di comunità diventate simboli dell’orrore delle SS e palestre di memoria collettiva.

Erano quasi tutti civili, in gran parte donne, anziani e bambini, i bersagli della furia tedesca. Per fissare la bestialità dei militari al comando anche del maggiore Walter Reder, detto il “monco” per la mutilazione del braccio sinistro, può bastare l’episodio di un feto ucciso dopo essere stato strappato dal grembo della mamma. Ma anche l’assassinio di un bimbo di appena due mesi.

Il resto è un’antologia di atrocità in un lembo di terra tra Liguria e Toscana che dal maggio al settembre 1944 lungo la Linea Gotica fu teatro di alcune delle più sanguinarie rappresaglie nazifasciste contro i partigiani.

Se la storia e i processi nei Tribunali hanno accertato le responsabilità di tedeschi e italiani per quelle efferatezze, da anni la legge ha iniziato a dare una risposta sui risarcimenti. È una cosa diversa dalla piena giustizia per quelle azioni animate da una crudeltà destinata a restare scolpita nelle lapidi che ricordano quei crimini. Ma è un segnale di civiltà, non solo giuridica, che affiora a distanza di oltre ottant’anni dai fatti.

Ogni nome è la storia di una morte segnata da un accanimento sui civili che aveva superato le regole, anche non scritte, della guerra. Gli istinti criminali ebbero libero sfogo lasciando sul campo vittime innocenti. In un calcolo basato sul grado di parentela e il numero di familiari uccisi, il giudice ha fissato un risarcimento che va da un minimo di 40mila euro a un milione.

La seconda sezione civile (giudice Valentina Cingano) del Tribunale di Genova ha escluso due enti locali (Comune e Provincia) e alcuni discendenti dei martiri. Per più di cinquanta è stato, invece, riconosciuto il diritto ad avere una somma come ristoro per i crimini compiuti dai soldati tedeschi, molti dei quali agli ordini del maggiore Reder.

Nell’eccidio di Mommio, il reparto esplorante della divisione corazzata “Herman Goring” il 4 e 5 maggio 1944 «aveva ucciso 22 cittadini italiani non belligeranti, i quali non prendevano parte alle operazioni militari (“agendo con crudeltà e premeditazione”, come si legge nel capo di imputazione)». Nell’eccidio di Bardine San Terenzo, di San Terenzo Monti, Tendola – Valla 19 agosto del 1944, il reparto ricognizione 16 della 16^ Divisione – SS corazzata granatieri dell’esercito tedesco ammazzò come un gioco al massacro decine di persone. Famiglie azzerate a colpi di fucile o di mitragliatrice. Il colpo di pistola in testa uno zelo per essere sicuri di aver obbedito agli ordini. Tanti vennero impiccati con il filo spinato agli alberi o ad altri sostegni di fortuna lungo le strade.

«L’efferatezza dei crimini commessi in danno di cittadini italiani inermi nelle stragi di Mommio, di San Terenzo e di Vinca, oltre che di Camporaghena, non è in discussione (né è stata contestata dall’amministrazione costituita) – si legge nella sentenza -. Le uccisioni perpetrate costituiscono senza dubbio crimini di guerra e contro l’umanità; non sussistono cause di giustificazione che possano esonerare gli autori materiali e di conseguenza la Repubblica di Germania dalle loro responsabilità».

Una volta passata in giudicato, la sentenza diventerà un titolo di credito per accedere al Fondo ristori istituito dal ministero dell’Economia e delle finanze e ottenere così i risarcimenti.

Reder, protagonista delle stragi di Fivizzano, verrà anche accusato per la strage di Sant’Anna di Stazzema, ma sarà assolto per insufficienza di prove dal Tribunale militare di Bologna che nel 1951 lo condannò all’ergastolo anche per gli eccidi di Vinca, Valla e Bardine, oltre a quello di Marzabotto di cui divenne il boia per verdetti giudiziari e storici.

Arrestato nel 1945, fu graziato nel 1985 e morì a Vienna nel 1991 senza pronunciare mai una parola di pentimento. Anzi, una volta libero disse che la lettera di perdono scritta al sindaco di Marzabotto nel 1984 - una precedente era datata 1967 - era stata solo «una mossa del mio avvocato italiano».

Per spiegare il coinvolgimento dei civili e la loro uccisione in quel tipo di operazioni da tabula rasa, l’ufficiale delle SS affermò in aula: «Quando si pialla, i trucioli cadono».

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