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La tragedia

Esplosione di Calenzano: «Ignorate le norme sulla sicurezza». Le ipotesi choc e i reati contestati

di Paolo Nencioni
I rilievi nell'area
I rilievi nell'area

Numerose perquisizioni per i cinque operai morti. l focus dell’inchiesta è sulla manutenzione: si poteva fare durante le operazioni di rifornimento delle autocisterne?

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PRATO. Non è stata una tragica fatalità, ma il frutto di una «condotta scellerata» durante i lavori di manutenzione alla pensilina. Ci sarebbe questo, secondo il procuratore Luca Tescaroli dietro all’incidente che lunedì (9 dicembre) ha provocato la morte di cinque persone a causa di un’esplosione nel deposito Eni di Calenzano.

La ricostruzione di quello che potrebbe essere accaduto è contenuta in un decreto di perquisizione firmato dal procuratore per consentire ai carabinieri del Nucleo investigativo di Firenze di acquisire tutta la documentazione utile al deposito Eni e nella sede della Sergen di Grumento Nova, in provincia di Potenza, l’azienda che stava effettuando la manutenzione agli impianti e i cui due dipendenti, Gerardo Pepe e Franco Cirelli, sono morti a causa dello scoppio insieme a Vincenzo Martinelli, Carmelo Corso e Davide Baronti, gli autisti di altrettante autocisterne.

La ricostruzione

Secondo questa ricostruzione, al momento dell’esplosione c’erano almeno quattro autocisterne in coda per fare rifornimento. Davanti alla pensilina numero 6, quella da cui è partito lo scoppio, c’era un autista che si è salvato. È stato lui, come emerso già martedì, a premere il pulsante di allarme dopo aver visto una perdita di carburante che stava formando una nube di vapore infiammabile, ma gli altri non hanno avuto il tempo di allontanarsi. Erano le dieci, 20 minuti e 30 secondi: l’attivazione dell’allarme è rimasta nella memoria dei sistemi informatici del deposito e ha permesso di fissare con precisione il momento che ha preceduto lo scoppio.

I tecnici

I due tecnici della Sergen, insieme a quattro colleghi, stavano lavorando tra la pensilina 5 e la pensilina 6. «La ditta – hanno scritto i magistrati nel decreto di perquisizione – stava eseguendo dei lavori di manutenzione nei pressi dell’area destinata al carico del carburante: in particolare avrebbero dovuto rimuovere alcune valvole e tronchetti per mettere in sicurezza una linea benzina dismessa da anni». Secondo i magistrati sarebbe avvenuta una fuoriuscita di carburante nella parte anteriore della pensilina di carico e si ipotizza che «questa sia stata in qualche modo dovuta alla chiara inosservanza delle rigide procedure previste. Le conseguenze di tale scellerata condotta non potevano non essere note o valutate dal personale che operava in loco», aggiungono i magistrati.

Al momento si procede per omicidio colposo plurimo (l’articolo 589 del Codice penale), crollo di costruzione o altri disastri dolosi (434) e rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro (437), in particolare il secondo comma che prevede la reclusione da 3 a 10 anni se dal fatto deriva un disastro o un infortunio. Qui la parola chiave è “dolosa”, perché con una contestazione di questo tipo qualcuno rischia di finire in carcere, com’era accaduto dopo un’altra famigerata strage sul lavoro, quella accaduta il primo dicembre 2013 alla confezione Teresa Moda di Prato, dove a causa di un incendio persero la vita sette operai cinesi e le due confezioniste, riparate in Cina prima della sentenza della Cassazione, furono appunto arrestate.

L’inchiesta

Le perquisizioni ordinate dalla Procura di Prato sono state eseguite martedì, nella sede della Sergen e al deposito di Calenzano, ma anche in altre sedi dell’Eni, che non sono state indicate. Il focus dell’inchiesta è sulla manutenzione. Si poteva fare durante le operazioni di rifornimento delle autocisterne? Probabilmente no. Si poteva fare meglio? Probabilmente sì. Indipendentemente dalla risposta a queste domande, una cosa ragionevolmente certa è che non ha funzionato l’impianto di aspirazione dei vapori infiammabili. Lo si vede bene dalle immagini delle telecamere di sicurezza, che mostrano una nuvoletta chiara formarsi accanto a una delle autocisterne pochi istanti prima dello scoppio.

Questo spiega perché i carabinieri del Nucleo investigativo siano andati a perquisire la società lucana incaricata della manutenzione, ma anche le sedi dell’Eni, «competente alla vigilanza sull’impianto di Calenzano». Oltre alle cinque vittime e ai nove feriti più gravi, gli inquirenti hanno identificato altre persone presenti sul luogo del disastro. Tra questi un tecnico del Dipartimento di prevenzione dell’Asl Toscana Centro, che è stato tra i primi a soccorrere uno degli autisti. «C’era un signore seduto per terra, con le spalle contro il muro – ha raccontato – Aveva il volto insanguinato e una benda sull’occhio destro». L’autista ha detto che si trovava in fila aspettando il suo turno quando ha visto alcuni operai che lavoravano a dei tubi. «Ho visto uscire roba e pensavo fosse acqua, poi ho sentito puzzo e sono andato indietro». Così si è salvato.

Un dipendente della Sergen sentito all’ospedale di Careggi ha spiegato che l’azienda stava eseguendo lavori di manutenzione straordinaria su una linea di benzina «dismessa da anni». In particolare avrebbero dovuto rimuovere alcune valvole e tronchetti da 8 pollici per mettere in sicurezza la linea dismessa. Gli inquirenti hanno in mano i nomi di tutta la catena di comando in questa storia e tra questi ci sono anche coloro che saranno chiamati a risponderne, ma al momento, ufficialmente, non ci sono indagati.


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