Pensioni, con l’altalena dei coefficienti l'importo può diminuire: le cifre
Come cambia l’importo in base a età e montante contributivo. In fondo all’articolo la tabella con tutti i dati per età del lavoratore al momento della pensione
Con la nota di protocollo generale 2545394 / 2024, l’Istat ha comunicato che il coefficiente di rivalutazione per i montanti contributivi per il 2024 sarà pari al 3,6622%. Un valore in significativo rialzo rispetto agli anni precedenti, quando si era assestato sul 2,3082% nel 2023 e sullo 0,9973% nel 2022, mentre nel 2021 era andato addirittura in negativo, arrivando al –0,0215%. Questo dovrebbe voler dire che andare in pensione dal prossimo anno porterà ad un montante contributivo, e quindi successivamente anche una pensione, più elevati di quanto sarebbe toccato alle stesse condizioni lo scorso anno.
Ma la questione potrebbe non essere così lineare. Questo perché il montante contributivo, cioè la somma dei contributi versati a partire dal 1° gennaio 1996, viene annualmente aumentato in base al tasso annuo di capitalizzazione, determinato facendo la media dell’andamento del Pil nell’ultimo quinquennio. Questo processo non si applica però ai contributi versati nell’anno immediatamente precedente, bensì al montante accumulato prima del suo inizio. Quindi, se al 31 dicembre 2023 avessi accumulato un montante pari a 100.000 euro, dal 1° gennaio 2025 questo assumerebbe un valore di 103.662,20 euro, a cui sommare poi i contributi del 2024. Coloro che già percepiscono una pensione, invece dell’adeguamento del montante contributivo, subiscono la rivalutazione annua dell’assegno pensionistico in base al tasso di inflazione rilevato dall’Inps nell’anno passato.
La rivalutazione del montante contributivo riguarda chi al 1° gennaio 1996 non aveva ancora versato alcun contributo, e quindi rientra nel sistema pensionistico contributivo, ma anche i contributi versati dopo tale data per chi in precedenza aveva meno di 18 anni di contribuzione, rientrando così nel sistema di calcolo della pensione misto retributivo/contributivo. Chi invece prima del 1996 aveva già versato almeno 18 anni di contribuzione rientra nel sistema di calcolo contributivo solo per gli eventuali contributi versati dal 1° gennaio 2012. Con il sistema contributivo, l’importo annuo della pensione corrisponde ad una percentuale del montante contributivo.
Queste percentuali, chiamate coefficienti di trasformazione della pensione, aumentano assieme all’età anagrafica al momento del pensionamento, e vengono periodicamente rivalutati seguendo l’andamento dell’aspettativa di vita. In questo modo la rendita delle pensioni diminuisce in base al potenziale aumentare del periodo in cui dovrà essere pagata. Proprio qui sta l’inghippo per cui il significativo aumento del coefficiente di rivalutazione del montante contributivo per il prossimo anno potrebbe non significare necessariamente una pensione più elevata. Con il decreto interministeriale del 20 novembre 2024, il Ministero del Lavoro, di concerto con il Ministero dell’Economia, ha rivisto al ribasso i coefficienti di trasformazione che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2025.
Per fare un esempio, chi è andato in pensione per vecchiaia (67 anni di età) nel biennio 2023/24 ha potuto contare su un coefficiente di trasformazione pari al 5,723%. Questo vuol dire che, con un ipotetico montante contributivo di 200.000 euro, avrebbe avuto diritto ad una pensione di 11.446 euro all’anno.
Nel 2025 un pensionato nelle stesse condizioni avrà un coefficiente di trasformazione di 5,608%, che significa una pensione annua da 11.216 euro. Va però specificato che questa diminuzione è in linea con il naturale andamento dei coefficienti di trasformazione legato all’aumento dell’aspettativa di vita. Questa ha subito un calo che si è tradotto in un aumento dei coefficienti di trasformazione solo per il biennio 2023/2024, a causa della pandemia da Covid. Con il ritorno alla normalità, queste percentuali si sono tornate ad assestare su valori appena superiori a quelle in vigore nel biennio 2021/2022.