Ma tu che pensi di fare da grande? Nonni e nipoti, generazioni a confronto
In passato era usuale per un giovane mantenersi da solo durante gli studi: questo insegnamento vale anche oggi
«Ormai sei grande, hai quasi finito la scuola. Dopo cosa pensi di fare?». Ecco una delle domande più temute dai ragazzi, alla quale è difficile dare una risposta diretta e sicura e che spesso può essere interpretata come un’inutile pressione.
Probabilmente gli adulti si aspettano che i giovani siano in grado di avere le idee chiare, poiché al loro tempo, soprattutto quello in cui hanno vissuto i nostri nonni, le possibilità, una volta finiti gli studi, non erano tante come oggi.
Infatti solo il fatto di riuscire a portare avanti un percorso scolastico, tale da poter conseguire una laurea, era piuttosto raro e solo poche persone, appartenenti a famiglie più agiate, potevano permetterselo. Quasi tutte le ragazze erano a prescindere escluse dall’istruzione, consapevoli che il loro unico impegno sarebbe stato quello di occuparsi della casa.
La maggior parte dei ragazzi, invece, sapeva fin da subito di essere destinata a compiere lavori manuali, di fatica, il più delle volte in aiuto al padre per il sostentamento della famiglia.
Tra questi, coloro che avessero voluto portare avanti gli studi avrebbero dovuto fare i conti con le spese, impegnandosi per ottenere premi e riconoscimenti.
Questo è il caso di mio nonno Antonio, detto Nonno A, un uomo semplice e dai sani principi.
Lui è cresciuto in una famiglia numerosa, di sei figli, ai quali, con grandi sacrifici, avevano dato la possibilità di ricevere un’istruzione quanto più completa, a patto che rimanesse costante l’aiuto all’interno delle mura di casa.
«Sai Giulia – mi racconta spesso – fin da piccolo ero abituato ad alternare l’impegno scolastico con l’aiuto alla mia famiglia, non dico che fosse facile, ma sapevo che così doveva essere e non mi sono mai opposto né tirato indietro. L’ho sempre fatto senza pretese rendendomi conto di quanto i genitori facessero per me e i miei fratelli».
Crescendo, aveva dimostrato grandi capacità e costanza e aveva dichiarato la sua volontà di andare oltre il diploma delle superiori per conseguire una laurea.
Quindi, dopo aver superato esami, studiando incessantemente e ottenendo borse di studio, perché «era necessario che riuscissi a trovare i soldi per pagarmi i libri e i corsi se avessi voluto raggiungere il mio obiettivo», è riuscito a laurearsi diventando addirittura direttore di banca, senza mai perdere la propria umiltà.
Grazie alla sua determinazione ha potuto così, insieme a nonna, creare la sua famiglia, alla quale non ha mai fatto mancare nulla nonostante le molte difficoltà che si sono presentate loro nel tempo.
Sua moglie, mia nonna Roberta, anche lei soprannominata come Nonna Ro, ha sempre cercato di sostenerlo in questo percorso, rinunciando alla propria carriera per occuparsi di mamma, che era piccola e aveva bisogno della sua presenza.
In questo modo hanno potuto assicurarle una preparazione scolastica completa, così che il suo percorso non fosse condizionato, come era stato per loro, dalla situazione economica-familiare e permettendole di concentrarsi al massimo sul proprio futuro, ottenendo ottimi risultati e soddisfazioni.
«Per far sì che il lavoro di nonno proseguisse senza intoppi e perché mamma non rimanesse sola, essendo figlia unica, ho dovuto rinunciare alla mia carriera», mi dice.
«Mi conosci – continua – sai quanto tengo all’autonomia femminile, avrei voluto poter rendermi indipendente e provare la soddisfazione di portare a casa uno stipendio, anche minimo, ma ho voluto mettere avanti a tutto l’amore per la tua mamma e nonno».
In queste sue parole colgo spesso una vena malinconica. «Però vedere come la mia bambina sia riuscita a realizzarsi – aggiunge sempre – mi appaga e mi fa capire che la dura decisione presa in passato non è stata vana». E mentre ne parla le brillano gli occhi.
Quando perciò ci viene posta la domanda: «Cosa pensi di fare finiti gli studi?», soprattutto da parte di persone che nel passato hanno vissuto certe situazioni di vita non agiata, al contrario di come lo è invece oggi per noi, non dobbiamo pensare che vogliano metterci ansie o pressioni.
Dobbiamo invece capire che lo fanno con premura nella speranza che si sfruttino al massimo le opportunità che a loro non erano state offerte, semplicemente perché ci vogliono bene.
Grazie, nonni.
*Studentessa di 17 anni del liceo Vallisneri di Lucca