Poveri, ma belli sulla spiaggia fra D’Annunzio e gli Agnelli
Il mito dei bagnini, dandy, conquistatori e apprendisti snob
Cos'era il bagnino in Versilia? Secondo Mario Tobino, che ne scrive nel mitico “Sulla spiaggia e di là dal molo”, era un insulto. I viareggini, a parer suo, erano marinai leggendari, gente alla Moby Dick. Sulla spiaggia, in estate, i bagnini e peggio ancora le bagnine erano un sottoproletariato che non apparteneva alla darsena gloriosa, tempestosa, vagera. S
Perfino i fratelli Vanzina nel loro film culto “Sapore di mare” fecero lo spregio di far parlare tosco-lucchese il Morino???, bagnino di Forte dei Marmi. È per questo che adesso di bagnini non se ne trovano più? Macché.
Il bagnino, in riviera ha avuto, ha, un passato se non mitico certamente glorioso e per i salvataggi operati nelle acque libecciate e per essere stato un ponte tra gli “indigeni” e i forestieri, forestieri che erano Puccini e Marconi, D’Annunzio e Rilke, gli Agnelli, i Moratti, Mina, Walter Chiari. Che cosa significa “ponte”? Significa che i bagnini forti e gentili, irsuti ma eleganti, bruschi ma curiosi, andavano in spiaggia, fin dai primi del Novecento, senza scuola senza maniere ma accostando il fiore dell’aristocrazia europea o della borghesia in espansione ne imparavano gusti, tic, linguaggio. E così ,in inverno, le città versiliesi, nei caffè e nelle sale biliardo, ricevevano dai bagnini un tocco di snobismo, di cosmopolitismo: i bagnini da “orsi” diventavano un po’ proustiani, perché sulla battigia avevano accostato magari Thomas Mann, magari Isadora Duncan, la straordinaria ballerina del Liberty.
Adesso non è più così. Adesso non c'è più differenza tra indigeni e villeggianti. Perché i villeggianti, ben li racconta Tobino, quando andavano al “Nettuno”, a Viareggio, il bagno dei ricchi, degli aristocratici, erano signore dalla pelle color pesca, seminude e golose e i signori, seduti su poltrone di paglia, erano vestiti di bianco e paglietta. Così ai Bagni Pancaldi a Livorno, così alla Capannina di Forte dei Marmi. Dicono le narrazioni che i principi Savoia, quelli un po’ libertini, donassero, dopo rapidi amplessi omosessuali, fazzoletti di seta con ricami di sigle in oro. I bagnini, nei mesi invernali, sfoggiavano questi fazzoletti a significare, in quei tempi bigotti, la loro modernità. E a cosa assistevano? Al Forte, scrive Susanna Agnelli in “Vestivamo alla marinara”, esplose l’appassionato amore tra Virginia, madre di Gianni e vedova di Edoardo, e Curzio Malaparte. Malaparte era un “maledetto toscano”, confinato da Mussolini (pensate che confino!) nella spiaggia dorata. E lì, sotto l'ombrellone, sotto gli occhi del Morino di turno, inventarono un eccitante romanzo tant'è che il vecchio senatore Agnelli tolse i figli a Virginia. Ma poi Mussolini, commosso e convinto, glieli rifece affidare.
Ebbene storie del genere le ripetevano i bagnini, con enfasi, con malizia a dire la loro appartenenza a quel mondo incantato che, purtroppo, esisteva in marina solo quattro mesi all’anno. Ora dei russi in spiaggia al Forte non vi sono cronache. Spariscono e sono sparite le epopee, tutto è pratico, funzionale, di bagnini se ne trovano sempre meno sia perché li pagavano poco, sia perché il mestiere è sindacalizzato e chi lo fa vi mette routine.
Eppoi la spiaggia non è più avventura. Figuriamoci. Nei primi anni ’40 del Novecento, ben lo rammenta Alberto Moravia in “Agostino”, per un ragazzo che veniva al mare con la mamma (i padri erano quasi sempre assenti e giungevano il sabato con “il treno dei cornuti”) le cabine, la battigia, il mare, i patini erano una continua iniziazione. Il bagnino era il sacerdote di questi riti; spesso insegnava a nuotare, spesso salvava vite, spesso insidiava le mogli, spesso, guardando il cielo, faceva previsione del tempo, spesso prestava denari o era il confessore di tresche sorte in cabina.
Una volta per il potere sulla spiaggia avvenne un’apocalittica scazzottata tra bagnini del “Nettuno” e i giocatori del calcio in costume di Firenze che volevano impadronirsi del prestigio sul mare. Vi furono feriti, vi furono processi. Ai bagnini vennero inflitte pene ma i giocatori fiorentini tosti e gluteati non si fecero più vedere.
Il bagnino era una professione appariscente. Vi erano, testimone sempre Mario Tobino, bagnini proprietari e bagnini braccianti. I primi, adesso si scontrano con la micidiale direttiva Bolkstein. I secondi, invece, si contano sulle dita: pochi sono quelli rimasti, ragazzotti che magari in inverno studiato all’università di Pisa e nei mesi caldi si prestano a servire. Erano, sono, ragazzi “cotti dal sole, robusti, calmi sotto i raggi, abili nel nuoto e nei remi”. Le ragazze li contemplano, le signore li lusingano. Ma c'è da dire che il turismo è profondamente cambiato: allora, quando il bagnino era un punto di riferimento sulla spiaggia, le famiglie stavano al mare per l’intera stagione, intessevano rapporti, conoscenze, flirt. Adesso è tutto uno scappa e fuggi. Con il medesimo denaro che ti serve per stare al mare in Versilia o all’Argentario hai offerte di vacanze strabilianti a Doha, a Dubai, o per rilassarti in crociera. I bagnini versiliesi, allora, emigreranno?
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