Il Tirreno

Toscana

Bagnini, il racconto dell'età dell'oro. Il monito dei veterani del Forte: "I nuovi? Macché latin lover..."

Mario Neri
Riccardo Cavallaro, 59 anni, bagnino di Forte dei Marmi
Riccardo Cavallaro, 59 anni, bagnino di Forte dei Marmi

Al Forte dei Marmi ripercorrendo l’età dell’oro con i veterani del mestiere. «Quelle notti in Capannina e poi il lavoro all’alba senza aver dormito... Nel nostro letto». Gli anni ruggenti di Cocco Bello e gli sguardi invidiosi dei mariti

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FORTE DEI MARMI. Ha concluso un racconto sulla fine del mito. E il senso filosofico del discorso di Sergio Marrai, decano, signore e sovrano indiscusso del bagno La Pace a Forte dei Marmi è che il mito dei bagnini è esistito ma resta scolpito solo su facce come la sua. Ruvide, aggrinzite, scavate dal sole e dal salmastro. «Una volta il bagnino – dice – era il punto di riferimento della spiaggia, una volta era un uomo di mare…». Ma sull’occhiale a specchio fluo – vagamente incongruo rispetto alla figura tuttora stentorea – è balenato uno spruzzo di luce. S’è girato di scatto, l’allievo ha appena confidato intendimenti sovversivi.


"Basta patini, moto ad acqua"

«Noi non si vuole più il patino ma la moto ad acqua, ché l’altro ieri c’è mancato un pelo affogassero du’ russi. Fare il bagnino è una cosa seria, mi arrangio con le lezioni di surf ai figli dei clienti, ma non è che navighi nell’oro... Però con le ragazze, oh», s’è azzardato Marco Vettraini, 25 anni, livornese, una maglia rossa con la scritta “salvataggio” da quando «ne avevo se-di-ci». «Ma stai bòno te - irrompe Sergio - non ti chiamare bagnino. Te sei uno sfigatello, un tipo da spiaggia, che latin lover. I bagnini veri vengono a lavorare con la febbre». Sergio, 78 anni, origini rupestri, la mamma era di Cardoso, recupera l’eloquio assorbito in anni di convivenza signorile. «È cambiato tutto: ora il bagnino è un tassello di un’azienda con una natura molteplice, non è più il punto di riferimento sul mare, l’uomo che allevava generazioni. La ristorazione ha preso il sopravvento. Insomma, una volta era un re, ora non conta più un ca... Ecco, l’ho detto». Poi Sergio s’accorge di un’inavvertita cerniera abbassata sui chinos. «Vedi, i bagnini veri!», gigioneggia Marrai.

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Luddismo balneare

Lirica del sesso o meno, in effetti Marco non è neppure uno dei ragazzi che scelgono la spiaggia come salvagente per pagarsi gli studi. No, è un lavoratore salariato. Roba tosta, per niente mitica. «Inizio a fine febbraio e stacco e metà settembre. Le cabine da pitturare, scartavetrare, ri-pitturare, le tende da caricarsi sulla schiena, la mattina la sveglia alle 6, annaffiare, pulire, i teli da cambiare, poi ti piazzi sotto il sole, e fai presto a dire guardali lì i bagnini afflosciati sulla sedia. Ecco, se avessi gli stipendi dei colleghi anziani... No, non mi lamento eh. In inverno vado a surfare. Bali, Indonesia, Canarie. Costa di più mantenersi qui». Una vita agra. Ché son finiti gli anni della “pacchia” balneare. Anni luce pure dalla retorica dei fisici selvaggi e scolpiti di storie fatte di incontri segreti in ville surreali e lussuose.



Poveri ma belli

E sarà pur vero, il Renato Salvadori di «Poveri ma belli», l’attore che fortemarmino non era ma di Seravezza - dunque per natura spurio, rozzo - ma bagnino lo era stato, sebbene sia ancora l’icona sexy dell’età dell’oro, incisa fra sabbia e dive dal realismo rosa di Dino Risi, sembra allontanarsi dalla riva dei ricordi. «Salvatori chi?». Anche se forse l’epica è appunto stata tale perché certe figure vere sono diventate verosimili. Al Forte basta evocarle e si scatena uno tsunami di aneddoti: il Matarano, il Pirata, Bacu, Silvio Bianchi, l’imbattibile nocchiero di patini del Pennone olimpionico del palio dei Bagni, poi Cocco Bello, il mito nel mito, la cui fugace esperienza di salvamento non è mai stata registrata in nessun annales - neppure in “Bagnini”, libro affresco curato dal giornalista Umberto Guidi e già un best seller del lido dorato - ma eppure sgorga ovunque come una specie di topos narrativo. «È stato uno bravo, lusingatissimo dalle ricche signore, negli anni ’70», dice Massimo Ratti, proprietario del caffè Roma, un tempo il Quarto Platano.

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Cocco Bello e i suoi fratelli

«Noi abbiamo preso i vizi dei signori a forza di star con loro? Semmai il contrario, i signori desideravano essere come noi». Del resto, dice Marrai, «vede, al mare, quando si è nudi, in costume, cadono le barriere sociali. Io con i ricchi mi son sempre dato del tu», chiude, attribuendo anzi ai signori una sorta di desiderio triangolare. «Ora sono un veterano, ma anch’io ho ruggito», dice Riccardo Cavallaro, 59 anni. «Anni in cui ho ricevuto le lusinghe di certe mogli e mi son sentito addosso gli occhi dei mariti di altre un po’ invidiosi» .

E non è che si debba riavvolgere così tanto il nastro. Perfino i rampolli di famiglie abbienti del paese, non figli di titolari di bagni, non “ereditieri di sabbia”, facevano i bagnini inseguendo l’aura di Cocco Bello. «Anni in cui si usciva dalla spiaggia e, dopo una cena e una doccia, ci buttavamo in Capannina ritrovandoci alle 6 ad aprire gli ombrelloni senza essere andati a letto. Nel nostro, intendo», dice Cavallaro. Ora, invece. «Penso a quelli che conosco e che in vita loro non hanno mai fatto che i bagnini - ha raccontato in uno dei suoi romanzi lo scrittore versiliese Guido Del Monte - A 16 anni li vedevo come modelli ... Ma non c’è nulla di mitico. È un mestiere che fa invecchiare male, ti rende una figura grottesca, con la faccia aggrinzita dal sole. Vedi gli altri che vanno avanti, mentre tu rimani lì a 30 anni e poi a 40 con i soliti calzoncini di nailon, con uno strato di calli talmente spesso sotto le palme dei piedi che ci puoi spegnere le sigarette, ma ti impedisce di trovare un paio di scarpe». 
 

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