Il Tirreno

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Il retroscena

Droga e fucilate a Livorno, i codici di linguaggio: «Ciabatte» per ordinare le dosi

di Stefano Taglione
Il ritrovamento di un fucile da parte dei carabinieri
Il ritrovamento di un fucile da parte dei carabinieri

Il linguaggio "cifrato", ma non troppo, degli spacciatori con i clienti. La domanda «Ci sei?» per chiedere l’acquisto della dose

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LIVORNO. Al telefono parlavano in codice, credendo – oppure solo sperando – di non essere scoperti. Parole come «ciabatte», «sneakers», «tronky», «gold», «dry» e «casco» venivano pronunciate per indicare il tipo di droga richiesto. Per lo più cocaina e hashish stando alle conversazione telefoniche, anche se in alcuni casi compare pure la ketamina. La domanda «Ci sei?», in modo abbastanza comprensibile, rappresentava al pusher la disponibilità del cliente nel comprargli la dose, mentre «una», «dieci» o «venti» erano i termini per capire il quantitativo di stupefacente da acquistare, in grammi chiaramente.

L’operazione dei carabinieri “Penny black”, come molte indagini del settore, mette i risalto i registri comunicativi in vigore fra spacciatori e clienti, improvvisati o collaudati che fossero. Nessuno ovviamente sa di essere intercettato, ma in astratto evidentemente alcuni di loro possono immaginare di esserlo, per questo – sebbene inutilmente – spacciatori e consumatori cercano di comunicare in modo ibrido via cellulare. Camuffando il loro reale intento, ovvero il traffico delle sostanze stupefacenti, prima dell’appuntamento per strada. Contribuendo a fornire indizi decisivi ai militari del nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Cecina: «Il fatto che nel corso delle conversazioni telefoniche intercettate si trattasse di acquisti di droga – scrive nell’ordinanza di custodia cautelare il giudice per le indagini preliminari Antonio Del Forno – ha trovato plurimi elementi di riscontro e in particolare, oltre che nelle risultanze dei servizi di appostamento e pedinamento effettuati in concomitanza degli incontri fissati nel corso delle conversazioni telefoniche intercettate e dei controlli svolti nei confronti di taluni degli acquirenti che hanno consentito il sequestro in numerose occasioni della droga oggetto dell’accordo, nelle immagini captate mediante l’intercettazione ambientale, anche video, installata all’interno dell’abitacolo del veicolo utilizzato dal Demiri».

«La valutazione complessiva di tali risultanze probatorie fornisce pertanto il quadro ermeneutico – prosegue il giudice – all’interno del quale occorre collocare le conversazioni intercettate al fine di comprenderne il reale significato; invero, i sequestri effettuati e le immagini captate dalle intercettazioni ambientali e dalle telecamere installate dimostrano come il canone ermeneutico di tali conversazioni sia esatto e, se tale canone è esatto come dimostrano i sequestri e le cessioni riscontrate, lo è anche con riferimento ad altre del tutto consimili conversazioni che non sono state riscontrate dal sequestro dello stupefacente».

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