Il Tirreno

Livorno

La testimonianza

Tragedia al Gombo, la nipote di Serenella: «Ho urlato a mia figlia: "Cavalchiamo l’onda". Non era la nostra ora»


	Una veduta della spiaggia del Gombo (foto d'archivio)
Una veduta della spiaggia del Gombo (foto d'archivio)

La donna, 40 anni, salvata insieme alla tredicenne da tre componenti dello staff della “Buca del mare”. Purtroppo, la zia sessantottenne, non ce l’ha fatta. Il racconto drammatico

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LIVORNO. Mentre i suoi amati zii stavano combattendo la corrente, cercando di salvarsi, anche lei e la figlia erano in grandissima difficoltà. Prima la buca profonda, poi la corrente, le hanno travolte mentre stavano facendo il bagno a pochi metri dalla riva della spiaggia del Gombo, nel Parco di San Rossore Migliarino Massaciuccoli, l’area incontaminata del litorale pisano che da molto tempo frequentavano. Dove sono conosciutissimi. Veronica, questo il suo nome, era insieme alla figlia tredicenne. In difficoltà, in mezzo al mare: «Per fortuna sono sempre rimasta lucida, lei mi ha dato la forza, pensare che a un certo punto neanche riuscivo a vederla...».

È un racconto drammatico quello della donna, che in una giornata che avrebbe dovuto essere felice ha perso la zia Serenella Bernini, per lei praticamente una mamma, dato il rapporto bellissimo che le legava. «Mentre eravamo in balìa delle onde - sottolinea - io e mia figlia non riuscivamo più a nuotare per tornare indietro. È stato difficilissimo. Vedevo gli ombrelloni piccoli, delle figure in lontananza, così come le persone sull’arenile. A un certo punto ho avuto un intuito: cavalcare le onde. Ho gridato anche a mia figlia di fare così e pian piano, seppur lentamente, ci siamo un pochino riavvicinate. Fino a che un’anziana, per fortuna, non ha dato l’allarme vedendoci agitare le braccia. Stavamo ormai esaurendo le forze, dato che siamo rimaste per molto tempo in mare».

La donna, da terra, ha così mobilitato lo staff dello stabilimento. «Il ragazzo che era in servizio, che si occupa di predisporre i lettini, le sdraio e gli ombrelloni – prosegue – era in compagnia di due colleghi, che però non stavano lavorando, erano lì per caso. È stata la nostra fortuna, evidentemente non dovevamo morire. Sono stati bravissimi, li ringrazio, perché pur essendo ragazzi esili, si sono subito tuffati in mare e con una ciambella ci sono venuti a salvare. Pur non essendo bagnini, perché appunto lì non ci sono guardaspiaggia, hanno fatto il massimo, sono stati splendidi, ed è grazie a loro che io e mia figlia siamo vive. Abbiamo faticato non poco, in mezzo al mare, per tutto questo tempo. Solo dopo, purtroppo, abbiamo scoperto che mia zia era morta»

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