Livorno, «Picchiava l'ex moglie»: condannato a due anni dipendente di un ente locale
L'uomo, un quarantunenne livornese, ritenuto responsabile del reato di maltrattamenti in famiglia. Dovrà risarcire per diecimila euro l'ex coniuge e per cinquemila le figlie
LIVORNO. «Devi stare solo con me, mi devi aspettare e non puoi uscire da sola. Non ti devi azzardare a uscire». Avrebbe insultato l’ex moglie, alla presenza dei figli minorenni, strattonandola per le braccia e per i capelli e distruggendo i mobili e gli arredi della loro casa. Per questo, un quarantunenne livornese che lavora in un ente pubblico locale livornese, è stato condannato a due anni e un mese di reclusione per il reato di maltrattamenti in famiglia. Per lui, su richiesta della sua avvocata Barbara Luceri, era stata disposta una perizia psichiatrica che ha certificato un vizio parziale di mente, circostanza che ha ridotto notevolmente il quantum disposto dal collegio del tribunale, presieduto dal giudice Ottavio Mosti, con a latere i magistrati Andrea Guarini e Tiziana Pasquali. Il Tirreno omette il nome dell’uomo coinvolto in questa vicenda per non rendere riconoscibile l’ex compagna vittima delle presunte violenze avvenute, stando alla tesi accusatoria, fra le mura domestiche dell’ex abitazione coniugale.
Il risarcimento
I giudici hanno poi disposto diecimila euro di risarcimento all’ex convivente, mentre cinquemila ciascuno ai figli. Si tratta di una provvisionale, quindi potrebbe aumentare in sede civile se si aprirà un filone parallelo. L’accusa Il dipendente pubblico – sempre stando alla ricostruzione dell’accusa, con la pubblico ministero Antonella Tenerani titolare del fascicolo penale – le avrebbe «a causa di un ossessivo senso di possesso per cui le impediva di lavorare e di contribuire all’economia familiare – questa l’accusa – impedito di mantenere contatti e trasparenti rapporti con i genitori e i familiari in generale, impedendole di uscire di casa e di frequentare i suoi amici, con un costante controllo nei suoi confronti attraverso videochiamate, anche quando la donna usciva per fare la spesa». In caso di mancate risposte, inoltre, avrebbe attuato «controlli immediati a casa, minacciandola e insultandola».
La ricostruzione
Gli episodi contestati sarebbero avvenuti, secondo la denuncia della vittima, dal 2020 – in corrispondenza delle maggiori restrizioni causate dalla pandemia da Covid-19, con il “lockdown” prima e il coprifuoco notturno poi – alla fine di aprile dell’anno scorso, quando lo ha querelato. Per questo il tribunale gli aveva imposto il divieto di avvicinamento sia a lei, che ai luoghi da lei abitualmente frequentati e ai figli, con il divieto assoluto pure di contattarli. Nonostante questo, sempre a giudizio della procura, la donna – che è livornese e ha 39 anni – avrebbe ricevuto da lui diversi messaggi via Whatsapp. Fino a che palazzo di giustizia non ha imposto la carcerazione preventiva proprio per evitare la reiterazione di questi comportamenti, allo scopo di preservare l’incolumità della presunta vittima delle violenze.
Torna a lavorare
Il quarantunenne può tornare a lavorare: il tribunale, infatti, su richiesta della sua avvocata ne ha disposto la scarcerazione e da due settimane si trova ai domiciliari con il braccialetto elettronico per il controllo telematico degli spostamenti.
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