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Il Consiglio di Stato riapre il capitolo autoproduzione sui traghetti: cosa può succedere a Livorno

di Maurizio Campogiani
Il Consiglio di Stato riapre il capitolo autoproduzione sui traghetti: cosa può succedere a Livorno

Accolto il ricorso presentato da Grandi Navi Veloci che pretende di non avvalersi dell’opera dei lavoratori portuali all’interno delle sue navi traghetto

21 agosto 2024
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LIVORNO. Una sentenza del Consiglio di Stato potrebbe aprire un clima di accesa conflittualità all’interno dei porti. L’ha pronunciata, il 19 luglio scorso, la quinta sezione dell’organo di giustizia amministrativa accogliendo il ricorso proposto da Grandi Navi Veloci s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Alfonso Magliulo e Fiorella Titolo, contro l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato e nei confronti della Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie “Paride Batini” società cooperativa di Genova.

GNV chiedeva in pratica di rivedere la sentenza precedentemente pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria che aveva bocciato la richiesta della compagnia armatoriale di poter agire in regime di autoproduzione sulle proprie navi, senza avvalersi quindi delle prestazioni dei lavoratori portuali per le operazioni di rizzaggio e derizzaggio.

Ebbene, nel suo pronunciamento il Consiglio di Stato scrive che «la norma va letta nel senso di imporre i limiti all’autoproduzione solo ove qualora si parli di imprese di navigazione che non risultino già assistite da apposito titolo autorizzativo ex articolo 16, comma 3, della legge 84 del 1994. Qualora, invece, tale titolo sia stato rilasciato, la norma non impedisce che esso venga utilizzato, dall’impresa autorizzata, anche per le operazioni da compiersi a bordo delle proprie navi in porto, quindi con proprio personale, ossia, nella sostanza, in regime di autoproduzione, senza incorrere nei limiti e nelle condizioni applicative imposti».

Secondo i giudici del Consiglio di Stato, poi, il rispetto delle «prioritarie ragioni di sicurezza», espresse dal TAR della Liguria nella motivazione della sentenza appellata, «trovano comunque adeguata copertura attraverso il meccanismo delle due autorizzazioni, quella ex comma 3 e quella ex comma 4-ter sempre dell’articolo 16 della legge 84/1994, quest’ultima specificamente dedicata alla situazione (che, tuttavia, non ricorre nella presente fattispecie) della compagnia di navigazione che intenda svolgere le operazioni portuali in regime di autoproduzione. Nel caso di specie, venendo in considerazione operazioni portuali (rizzaggio e derizzaggio di veicoli sulle navi in porto) che pacificamente non rivestono interesse economico generale, ben l’impresa già autorizzata ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 84 del 1994 può procedere a svolgerle, sulle proprie navi, con proprio personale, e ciò proprio in conformità alla clausola iniziale di cui al comma 4-bis del citato articolo 16. Non vi è dunque luogo ad interpellare la Corte di giustizia UE in sede di questione pregiudiziale, per la sostanziale irrilevanza delle limitazioni imposte dal menzionato comma 4-bis, non applicabili, per quanto poc’anzi chiarito, alla presente fattispecie».

Fin qui il dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato. Una sentenza, come detto in premessa, che potrebbe aprire una stagione di duro scontro nei porti italiani, considerando che verrebbe fortemente ridimensionato il ruolo dei lavoratori portuali, da sempre utilizzati per le operazioni che si svolgono all’interno delle navi traghetto.

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