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Livorno, Tatiana e le altre ragazze con la tuta da portuale: «Entrai con 250 vogatori, ma mi feci rispettare»

di Simone Fulciniti

	Tatiana Magagnini, la prima donna entrata a lavorare come portuale Era il 1982
Tatiana Magagnini, la prima donna entrata a lavorare come portuale Era il 1982

La prima scaricatrice: «Era il 1982, i colleghi giovani mi ostacolavano». Le ultime assunte: «Verso di noi ora c'è solidarietà»

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LIVORNO. La presentazione delle iniziative del Porto delle Donne è stata anche l’occasione per avere una ventata fresca di testimonianze dirette, con alcuni passaggi particolarmente significativi. È stato molto interessante ascoltare i racconti, le esperienze, le difficoltà ma anche le soddisfazioni delle lavoratrici portuali, un mestiere che coniugato al femminile è ancora oggi ai più sconosciuto. E pensare che Tatiana Magagnini – la prima donna nel ruolo - ha cominciato all’inizio degli anni’ 80, in un periodo particolarmente complesso.

Una meravigliosa apripista che si è fatta strada col sudore della fronte. «Nel 1982 – racconta –, quando sono entrata, fare il portuale voleva dire essere un maschio muscoloso. Io entrai con 250 ragazzi, quelli più vicini erano quasi tutti vogatori, e facevano a gara tra di loro a chi faceva di più. Io dovevo arrancare per riuscire a fare il mio. Era molto difficile, loro mi ostacolavano, al contrario degli anziani. Quest’ultimi infatti avevano una mentalità diversa, più matura e quando mi vedevano dare il massimo, erano felici, mi insegnavano, mi davano supporto e mi stimavano. Questo è il senso, di ciò che ti devi conquistare».

Il racconto affascinante di Tatiana continua: «Il rispetto l’ho ottenuto con la volontà. La forza fisica è diversa per chiunque, maschi o femmine. E se un maschio aveva meno forza di me, solo per il fatto che fosse maschio, andava bene. Io dovevo dimostrare. Ma non mollavo mai».

Martina è invece una delle giovani, dell’ultima mandata. «Non è vero che oggi gli uomini non ci rispettano, però è chiaro che quando veniamo calate in un contesto prettamente maschile, ci sono difficoltà a farsi valere per una donna, perché purtroppo lo stereotipo è questo: la figura portuale rappresentata da un armadio a quattro ante, tutto fisico e poco cervello. Siamo donne operative in banchina. Ma ciò non significa che siamo arrivate. Partecipando ai bandi interni potremo accedere in futuro a mansioni diverse, che magari per esigenze familiari, potrebbero presentarsi nel corso degli anni. Il rispetto dei ragazzi è alto, perché l’educazione negli anni ha permesso di sviluppare questa sensibilità. Un fatto non scontato. C’è molta solidarietà nei nostri confronti. Viviamo un processo durante il quale dobbiamo impegnarci ogni giorno a lavorare, per far sì che i prossimi ingressi, le nuove leve, abbiano questo senso sempre più spiccato. È sempre importante ricordarlo, il rispetto nel lavoro di tutti i giorni è importante. Solidarietà e aggregazione sono la nostra chiave per svolgere mansioni e i cicli operativi portuali».

La chiusura è per Lunia. «Se scegli di fare questo lavoro, non devi essere debole di carattere. Ci siamo fatte conoscere negli anni, anche dove non credevano in noi, e abbiamo avuto un buon riscontro in tante aziende. In porto devi saper affrontare quello che ti capita, non solo a livello fisico. Inoltre ci si aspetta che una donna lavori come un uomo e gestisca la casa, come una che non lavora».l

S. F.
 

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