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Costretti a risarcire l’Asl dopo la morte del padre: «Nessun nesso con l’operazione»

Stefano Taglione
Costretti a risarcire l’Asl dopo la morte del padre: «Nessun nesso con l’operazione»

L’ex direttore di Confesercenti Fulceri perse la vita a 59 anni. «I familiari ripaghino i 120.000 euro ottenuti in primo grado»

17 agosto 2022
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LIVORNO. Dovranno restituire 120.000 euro all’Asl. La corte d’appello di Firenze ha condannato gli eredi dell’ex direttore provinciale di Confesercenti Bruno Fulceri, morto a 59 anni dopo l’amputazione della gamba destra e altri gravissimi problemi di salute, a risarcire l’azienda sanitaria nord ovest. In primo grado, il giudice del tribunale labronico Franco Pastorelli, riconoscendo le colpe mediche aveva disposto che l’ente versasse 35.000 euro alla moglie Franca Cosimi, 45.000 euro alla figlia convivente Marta Fulceri e 40.000 al figlio Guido Fulceri per «perdita di chance da possibile guarigione dal 33 al 49% per cento. Il rappresentante dell’associazione di categoria – molto conosciuto su tutto il territorio in quanto già membro della Camera di commercio di Livorno, capogruppo del Partito comunista italiano a Guardistallo e direttore di Confesercenti Cecina, la città dove ha sempre vissuto – è morto nel Ferragosto di 13 anni fa a Pisa «per ipotensione intrattabile» dopo che, 11 giorni prima, fu «eseguita l’amputazione della gamba destra e fu riscontrata l'estensione di necrosi fino al terzo medio della coscia». I magistrati, di fatto, hanno riconosciuto le colpe mediche, ma non il risarcimento dell’Asl Toscana nord ovest, all’epoca la vecchia azienda sanitaria livornese, alla quale i familiari dovranno restituire i soldi di cui beneficiarono dopo la sentenza loro favorevole di primo grado.

I FATTI

Il percorso clinico di Fulceri ha inizio a Cecina l’11 giugno 2009, quando viene operato per una rivascolarizzazione miocardica. «Già forte fumatore e affetto da aterosclerosi pluridistrettuale – spiega il consulente tecnico d’ufficio – era stato già operato di tromboendoarterectomia carotidea a destra con recidiva stenosi e di angioplastica percutanea con l’applicazione di uno stent, con persistente arteriopatia obliterante degli arti inferiori, diabetico di tipo due in trattamento insulinico dai primi del 2009, con insufficienza renale cronica e vittima di un incidente stradale nel gennaio 2009 con fratture costali». Fulceri, rimase ricoverato fino al 29 giugno. «Il quadro fu dominato da un imponente versamento pleurico a sinistra e dalla riabilitazione cardiologica – si legge nella sentenza – fu riscontrata inoltre un’improvvisa sordità a destra. Nella lettera di dimissione fu riferita secrezione ematica e purulenta dalla porzione inferiore della ferita della safenectomia e il 29 giugno risulta eseguita una medicazione in quella sede per effusione di materiale siero-ematico. Fu prescritta, tra l’altro, antibioticoterapia e terapia per le malattie di base». Pochi giorni dopo, dal 4 al 6 luglio, da casa tre nuovi accessi al pronto soccorso, un nuovo ricovero e il successivo trasferimento a Santa Chiara, a Pisa, dove morirà a Ferragosto. «Il 4 luglio – riassumono nella sentenza della corte d’appello i giudici Marco Cecchi (presidente), Pierpaolo Soggia (relatore) e Paola Caporali (consigliera) – il paziente si presentò al pronto soccorso con una secrezione ematica e purulenta, con la prescrizione di continuare la terapia antibiotica. Il 5 con una ferita saniosa per cui fu eseguita una medicazione e furono indicate ulteriori medicazioni e la prosecuzione della terapia, mentre il 6 con deiscenza parziale e infezione della ferita chirurgica, nonché la trombosi venosa profonda di una vena del polpaccio di destra. A questo punto il paziente fu ricoverato all'ospedale di Cecina – proseguono i giudici – dove fu proseguita la terapia con antibiotico, oltre a medicazioni locali e ciononostante il 9 luglio una consulenza chirurgica fece riscontrare un’evoluzione in senso necrotizzante dell’infezione della ferita della gamba destra. Il paziente fu quindi trasferito nel reparto di chirurgia di Cisanello, dove il 4 agosto fu amputata la gamba destra e fu riscontrata l'estensione di necrosi fino al terzo medio della coscia. Morì alle 6.50 di Ferragosto per un’ipotensione intrattabile».

IL RIBALTAMENTO

Gli eredi avevano già ricevuto 440.000 euro dall’Azienda ospedaliero-universitaria pisana «a tacitazione dei danni ascrivibile all’Aoup e ai propri sanitari», si legge nel provvedimento. Assistiti dagli avvocati Marco Pierangelo Holzmiller ed Eliana Bernardini, hanno poi chiesto i danni all’ospedale di Cecina, vincendo la prima causa civile contro l’Asl, difesa dai legali Silvia Carli e Luca Cei, ma perdendo in appello nel capoluogo toscano nonostante la colpa medica di fatto non sia in discussione. I giudici, come si legge nella sentenza, riconoscono sì la perdita di chance di sopravvivenza in seguito all’operato dei medici, ma non il nesso causale fra la loro condotta e la morte. «Non essendo stata raggiunta la prova del nesso di causalità fra la condotta colposa dei sanitari e la morte di Fulceri – si legge nella sentenza – andava rigettata la domanda. Il tribunale di Livorno ha inteso la perdita di chance come un danno minore rispetto alla lesione lamentata in via principale per la cui liquidazione (a valori inferiori rispetto a quelli che sarebbero stati altrimenti riconosciuti) è sufficiente provare che vi sia un nesso di causalità rispetto al comportamento colposo che, sia pure in percentuale inferiore al 50%, sia comunque seria e apprezzabile, tale potendosi ritenere nella fattispecie il ventaglio indicato dal consulente tecnico d’ufficio compreso tra il 33% e il 49%. La perdita di chance non può essere invece impiegata per porre rimedio alla mancanza di nesso causale fra la condotta colposa e una qualsiasi fattispecie di danno. Va inoltre rilevato che i familiari non hanno chiesto in via subordinata la condanna dell’Asl al risarcimento di un danno ulteriore e diverso dalla perdita parentale, quale avrebbe potuto essere, ad esempio, una diversa e peggiore qualità della vita del paziente nel periodo intercorso tra gli errori commessi dai sanitari e la morte che è risultata non eziologicamente collegata a tali errori».

LA DIFESA

«Stiamo predisponendo gli atti funzionali a ottenere la Cassazione della sentenza emanata dalla corte d’appello di Firenze che, da un lato ha omesso ogni pronuncia sulla domanda autonoma svolta dagli eredi Fulceri con appello incidentale e tesa a fare dichiarare la sussistenza di colpa medica in capo ai sanitari dell’ospedale di Cecina – spiegano al Tirreno gli avvocati della famiglia Fulceri Marco Pierangelo Holzmiller ed Eliana Bernardini, che annunciano ricorso in Cassazione – colpa peraltro inconfutabilmente individuata dal consulente tecnico d’ufficio “nell’avere i sanitari trascurato le manifestazioni di infezione della ferita, le condizioni generali del paziente e la mancata risposta alla terapia antibiotica”; e dall’altro lato ha travisato il concetto di perdita di chance di sopravvivenza laddove il consulente tecnico d’ufficio ha accertato la sussistenza di “serie possibilità di prevenire la gangrena con più incisive e mirate terapie dell’infezione” non poste in essere da parte del personale medico coinvolto».




 

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