Gavorrano, investimento mortale sull’Aurelia: camionista patteggia sedici mesi
Il mezzo pesante aveva urtato un’auto ferma per un guasto: nell’incidente ha perso la vita Roberto Mariani
GAVORRANO. Un guasto, l’auto in sosta lungo la superstrada, un camion in arrivo, un impatto violentissimo. L’automobilista che era sceso dall’auto proiettato a 40 metri di distanza e poi morto. Un tragico incidente stradale avvenuto nel tardo pomeriggio del 18 ottobre dell’anno scorso sulla Variante Aurelia, nel territorio di Gavorrano, al km 214. Le gravissime lesioni interne avevano causato il decesso di Roberto Mariani, 61 anni, di Ribolla, bartender e cameriere, nato e cresciuto a Piombino.
Con l’accusa di omicidio stradale, il camionista che quel giorno era alla guida dell’autoarticolato Scania è stato processato all’udienza preliminare. Carlos Josè Gamon Hinestrosa, 61 anni, assistito dagli avvocati Graziano Sarpa e Francesco Amerini, ha scelto di patteggiare: il giudice Marco Mezzaluna ha ritenuto equa la pena di un anno e quattro mesi, sospendendola. Ha anche disposto la condanna al risarcimento delle spese di costituzione di parte civile sostenute dall’avvocata Stefania Bertini di Arezzo e dall’avvocato Roberto Burzi, in rappresentanza dei familiari di Mariani, per 4.290 euro complessivamente: la mamma Assunta, la moglie Loredana, i figli Karin e Thomas, la sorella Antonella, il nipote Andrea. Con la sospensione della patente di guida per un anno.
Secondo l’imputazione, il camionista non avrebbe conservato il controllo del proprio mezzo, un autoarticolato con targa spagnola di proprietà di una società iberica di logistica. Era in transito sulla statale di direzione Roma con una velocità stimata di 90 km all’ora quando in quel tratto il limite è fissato in 70 km all’ora. E con la parte anteriore del proprio mezzo aveva urtato quella posteriore della Discovery di Mariani, che ne era sceso da poco: secondo l’accusa, il veicolo era fermo per un guasto, erano state azionate le quattro frecce simultanee per segnalare l’esistenza di un problema. La Discovery era molto vicina al guardrail ma comunque occupava anche la corsia di marcia, per circa 50 centimetri, dato che la banchina ha dimensioni ridotte. L’auto era stata proiettata in avanti e verso destra a causa dell’urto: Mariani era in piedi davanti al cofano e il suo corpo spinto via dalla violenza dell’urto era finito a 40 metri di distanza, secondo le rilevazioni della polizia stradale, che aveva utilizzato il sistema di ricostruzione tridimensionale 3d Top Crash. Mariani di fatto era stato investito dalla sua stessa auto, speronata dal mezzo pesante e trascinata sull’asfalto per diverse decine di metri: era stato scaraventato giù dall’Aurelia e il suo corpo era stato individuato in mezzo alla vegetazione nella scarpata: i soccorritori, pur essendo accorsi immediatamente, non avevano potuto far altro che constatare il decesso. Un politraumatismo cranico-toracico-addominale ad alta energia cinetica, secondo l’imputazione, che gli era stato fatale.
Non era stata necessaria l’autopsia: il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna aveva ritenuto sufficienti gli esiti dell’esame esterno e aveva quindi dato il nulla osta alla sepoltura. Il rito funebre era stato celebrato il 22 ottobre nella chiesa di Ribolla. Vi avevano partecipato anche molte persone venute da Piombino, proprio perché Mariani lì era nato e cresciuto; aveva studiato all’istituto alberghiero all’Isola d’Elba. Dopo la cerimonia in chiesa, il corpo era stato cremato.