Delitto delle valigie: «Elona agì con un complice, coniugi storditi e poi uccisi». Le motivazioni della sentenza
Firenze, i giudici: «Movente incerto, per soldi o legato a motivi familiari». I difensori, gli avvocati Federico Febbo e Antonio D’Orzi, hanno annunciato che faranno ricorso in appello
FIRENZE. Li avrebbe prima storditi usando il glucosio sapendo che entrambi erano diabetici, poi uccisi e quindi fatti a pezzi e nascosti nelle valigie. Non da sola, ma con l’aiuto di un complice, rimasto ignoto. Questa la ricostruzione data dai giudici nelle motivazioni della sentenza a carico di Elona Kalesha, la donna di 38 anni condanna a 30 anni per il duplice omicidio dei coniugi Shpetim e Teuta Pasho, residenti a Castelfiorentino, scomparsi nel novembre del 2015 e i cui resti furono trovati il 10 dicembre del 2020 in alcune valigie abbandonate in un terreno tra il carcere di Sollicciano e la superstrada Fi-Pi-Li .
Il delitto, secondo i giudici, sarebbe avvenuto il primo novembre. «Elona Khalesha – si legge nella sentenza – non soltanto era pienamente consapevole delle condizioni di salute delle vittime, delle loro patologie, dei medicinali che usavano e di cui avevano disponibilità (compresi quelli per dormire), ma conosceva perfettamente anche gli effetti del glucosio sul loro organismo in quanto soggetti diabetici». «L’imputata – si legge sempre nella sentenza – aveva in altri termini la disponibilità nonché il bagaglio di conoscenze necessari per indurre lo stato di incoscienza che è stato necessario per poter commettere i delitti nei termini accertati». I delitti sono stati commessi «nella zona soggiorno cucina» della casa di via Felice Fontana a Firenze, affittata proprio da Elona per i coniugi, genitori del su o fidanzato Taulant Pasho, detenuto in carcere. Prima di uccidere e smembrare i corpi, la donna, scrivono sempre i giudici avrebbe predisposto «i materiali impermeabili e gli strumenti, nello specifico il coltello elettrico indicato dai medici legali come lo strumento utilizzato, in modo da ridurre se non azzerare ogni possibile traccia».
«L’omicidio – prosegue la sentenza – è avvenuto con ogni probabilità nella mattinata del primo novembre, dopo il rientro dei coniugi Pasho da Castelfiorentino». Il loro figlio, Taulant, è stato scarcerato il giorno successivo, nel pomeriggio.
Praticamente impossibile che Elona Kalesha abbia fatto tutto da sola. C’è dunque un complice, che non è stato possibile individuare: «L'imputata, con il probabile ausilio di un complice non identificato, è riuscita a portare a compimento le attività necessarie per sbarazzarsi dei corpi, in un arco di tempo che corre dal 2 al 6 novembre, potendo presumersi che i tempi abbiano subito una dilatazione per la contemporanea necessità di gestire il compagno Taulant, con ii quale aveva ripreso la convivenza a seguito della scarcerazione».
Il movente del duplice omicidio, ammettono i giudici della corte di assise di Firenze, non è stato stabilito con certezza. Potrebbe essere di natura economica, oppure potrebbe aver ucciso per impedire che la coppia rivelasse al figlio che lei aspettava un bambino da un altro uomo. «Non è stato possibile ricostruire con certezza quale sia stato il movente dell’omicidio, essendo emerse una pluralità di ragioni che possono aver indotto Kalesha Elona al compimento delle azioni delittuose».
Il primo ordine di motivazioni ravvisabile «è quello economico poiché certamente l’imputata ha restituito il giorno della scarcerazione, al pericoloso e violento fidanzato Taulant, la somma ingente che le era stata consegnata di circa 20.000 euro, mentre gli oltre 50.000 euro che la madre custodiva per lui non sono stati più ritrovati, nonostante le frenetiche ricerche effettuate da Taulant ed anche dalle due sorelle Vitore e Dorina, in Italia, nel loro appartamento in Albania, sui conti correnti a a loro in qualsiasi modo riferibili». «Un secondo possibile movente è da ravvisarsi nella situazione conflittuale tra l’imputata e la “suocera” Teuta».
I difensori di Elona Kalesha, gli avvocati Federico Febbo e Antonio D’Orzi, hanno annunciato l’intenzione di presentare ricorso in appello contro la sentenza di primmo grado.l