Fiorentina, la ricetta di Hamrin: «Si vince col cuore»
L’attaccante, 88 anni, nel 1961, era uno dei “leoni di Ibrox” «La squadra è stata costruita bene: io ci credo, ce la faremo»
FIRENZE. Ha fatto tardi, la notte precedente per seguire ogni istante della lunghissima serata di Basilea. Sono passati gli anni, ma non la passione e l’amore per una Fiorentina che per Kurt Hamrin è sempre rimasta sua.
È uno dei “leoni di Ibrox”, capace di battere i Rangers in casa propria, grazie alla doppietta di Milan, e poi di mettere il sigillo sul successo interno, a Firenze, e pure l’attaccante in grado di stendere la Lazio, in Coppa Italia, un mese dopo, nel giugno del 1961. Sono passati 62 anni da quelle notti incredibili, ma l’emozione è la stessa. «Vincere oggi è diverso», ci dice, «ma questa squadra ha dimostrato di avere cuore. E il cuore porta sempre un po’ più in là». L’uccellino implacabile dell’area di rigore, quello formidabile nel segnare in ogni modo, freddo, lucido, preciso, attento sempre a non fare sconti a nessuno, esulta a distanza. «La squadra è stata costruita molto bene, sanno muoversi in campo. Mi chiedete se possono sollevare una coppa? Sì, assolutamente. Il difficile, semmai, sarà quello riuscire a mantenersi, dopo avercela fatta. Non conosco da vicino Italiano, ma sa far muovere bene i suoi giocatori, è un ottimo direttore d’orchestra».
La ricetta per vincere Hamrin la conosce molto bene. A Firenze non è riuscito a cucirsi il tricolore sul petto, ma tutto il resto lo ha conquistato, a suon di reti. Ha fatto sue due Coppe Italia (1960/61 e 1965/66), due Coppe dell’Amicizia italo-francese (nel 1959 e nel 1960), una Coppa delle Coppe (1961), una Coppa delle Alpi (1961) e una Mitropa (1965/66), e ora spera solo di poter accarezzare, con lo sguardo, chi della sua Fiorentina ha preso l’eredità. «Sono passati tantissimi anni da quei due trofei vinti nello stesso anno. Non sarà semplice vedersela contro il West Ham, il campionato italiano è molto diverso rispetto al calcio inglese, ma tutto può succedere e io ci credo. La Coppa Italia? L’Inter non è avversario da sottovalutare, ma le finali sono partite a sé. Non ci sono regole e questa squadra ha dimostrato di poter dire la sua».
Impossibile non tornare indietro, con la memoria, al 1961. Quell’anno, il campionato fu grigissimo. Conclusa l’era dei secondi posti, la Fiorentina si classificò settima, ma il riscatto arrivò proprio nelle Coppe. Sembrava essere un po’ il filo conduttore di questa stagione, specie dopo le difficoltà mostrate dai viola nell’imboccare la strada della continuità in A in avvio di campionato, ma la storia poi è cambiata anche qui. E domani, contro il Torino, il testa a testa è di quelli che comunque contano, considerati gli stessi punti in classifica delle due squadre. Hamrin, in questo senso, sorride. «Noi incontrammo degli ostacoli, ma le due perle furono i trofei. Stavolta la storia si può arricchire di qualcosa in più. C’è grande euforia e va cavalcata». Da attaccante, poi si sofferma pure su Arthur Cabral. Il brasiliano ha fatto sentire il suo peso al momento giusto, è un dettaglio non da poco, specie per chi, come Hamrin, con la maglia viola ha segnato 37 volte solo nelle Coppe. «Sì, può essere l’attaccante giusto per vincere». Adesso, la ciliegina sulla torta, pure per lui che dopo la parentesi al Milan (con cui ha conquistato il suo scudetto) ha scelto di stabilirsi a Firenze, a Coverciano, a pochi passi dalla casa dell’Italia e, soprattutto, non troppo distante dal Franchi, è quella di riuscire a colorare il mondo interamente di viola. Spera di rivivere le stesse emozioni, dal monitor di una tv. Sa bene cosa significhi fare la storia a Firenze, qui dove in pochi sono riusciti a vincere. La Fiorentina, per le due finali, avrà un tifoso in più. Nelle due notti alle porte, a cominciare dalla prossima settimana, riavvolgerà il nastro dei ricordi, e le emozioni prenderanno di nuovo il sopravvento. È un questione di cuore. «Perché si vince anche con quello». E lui, oltre ai trofei, a Firenze ha vinto l’amore di una città. l