Il Tirreno

Firenze

Le indagini

Firenze, rinchiude la figlia in una stanza insonorizzata e senza mobili: la madre finisce davanti al giudice

di Matteo Leoni
Firenze, rinchiude la figlia in una stanza insonorizzata e senza mobili: la madre finisce davanti al giudice

I fatti contestati vanno dal 2013 al 2015. Secondo l’accusa, la ragazza, malata di schizofrenia e all’epoca ventenne, sarebbe stata segregata ogni volta per ore in concomitanza delle crisi psichiatriche

29 ottobre 2022
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FIRENZE. Una stanza insonorizzata, con sbarre alle finestre e una porta rinforzata, chiusa dall’esterno. Qui, secondo l’accusa, una madre avrebbe rinchiuso per più volte a settimana la figlia, malata di schizofrenia, durante le sue crisi. Il tre novembre prossimo la donna, di 57 anni, comparirà davanti alla corte di appello di Firenze, imputata di sequestro di persona. In primo grado era stata condannata a cinque mesi di reclusione.

I fatti contestati vanno dal 2013 al 2015. Secondo le indagini, coordinate dalla procura fiorentina, la ragazza, ventenne all’epoca dei fatti, sarebbe stata segregata nella camera ogni volta per svariate ore: la soluzione trovata dalla madre per contenerla durante le sue crisi. La stanza aveva una porta con lamiera metallica, insonorizzata, e infisso rinforzato e apribile solo dall’esterno. La porta inoltre veniva chiusa da fuori con un lucchetto. Nella camera dell’appartamento di Firenze inoltre, per evitare che la figlia potesse farsi del male, la donna aveva tolto tutti i mobili, a eccezione di un materasso e di una coperta. Al soffitto, per cercare di insonorizzare la stanza, erano stati applicati dei pannelli in cartongesso. Precauzioni che però non sono bastate a evitare che le grida della giovane si sentissero in tutto il condominio. In primo grado la cinquantasettenne era finita sul banco degli imputati anche con le accuse di maltrattamenti e disturbo del riposo delle persone, reati dai quali è stata assolta. Il ricorso in appello è stato presentato dal difensore della donna, avvocato Michele Capano dell’associazione radicale Diritti alla Follia, che chiede l’assoluzione della sua assistita. La figlia della donna, legalmente interdetta a causa della sua patologia, si trova ricoverata in una struttura. «Lo Stato – spiega l’associazione Diritti alla Follia – sfoga la sua impotenza processando l’unico individuo che ha sempre rispettato i diritti fondamentali della ragazza, lottando strenuamente per garantirle una vita libera e soddisfacente, nonostante le sue condizioni di difficoltà». Secondo quanto fatto emergere durante il processo di primo grado, la donna avrebbe tolto i mobili della stanza della figlia allo scopo di evitare che lei si facesse male. Inoltre le finestre erano state rinforzate con grate per evitare che lei gettasse oggetti in strada rischiando di ferire i passanti.

Lo scorso marzo sempre la cinquantasettenne è stata assolta, con la formula “perché il fatto non sussiste”, dall’accusa di violenza sessuale per induzione, ossia di aver agevolato i rapporti della figlia, legalmente interdetta, col fidanzato. Il tribunale ha accolto la richiesta della pm Christine Von Borries, che ancora prima delle fine del processo aveva chiesto sentenza di non doversi procedere. Lo scorso dicembre lo stesso fidanzato delle ragazza era stato assolto dall’accusa di violenza sessuale. Il 3 novembre, in occasione dell’inizio dell’appello, l’associazione Diritti alla Follia sarà presente con un presidio fuori dal tribunale.


 

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