Empoli: l’ultimo gioiello è Popov E arriva dall’inferno della guerra
Dalla fuga dall’Ucraina all’azzurro. Corsi: «Ha tutto per potersi affermare»
EMPOLI. Quel maledetto 24 febbraio 2022 lui non c’era. Quando è iniziata l’invasione russa dell’Ucraina - o “operazione speciale”, secondo la definizione del Cremlino - era in Polonia per disputare un torneo internazionale giovanile con la maglia della Dinamo Kiev. Ma gli orrori della guerra non hanno risparmiato Bogdan Popov, il nuovo gioiello grezzo di casa Empoli che venerdì scorso ha consumato la sua “prima volta” con i grandi disputando il secondo tempo del primo test stagionale degli azzurri di Roberto D’Aversa sul campo di Petroio con il Castelfiorentino (terminato 10-0) e bagnando l’esordio con un gol.
Il talento
«Mi è piaciuto», ha sentenziato il tecnico a fine sgambata. E la sensazione, forte, è che quella dell’altro giorno sia stata sì la sua prima, ma di una lunga serie. Popov, infatti, è nato il 4 aprile del 2007 (sì, proprio 2007) Nyzyn, città ucraina (65.830 anime prima del conflitto) nell'oblast di Cernihiv, e dalla sua parte non ha solo l’età e un fisico consideravole (è alto 193 centimetri) ma anche il talento. Quanto alle motivazioni, poi, è facile immaginare che siano ben oltre la soglia massima consentita. L’azzurro, infatti, se lo è ritrovato addosso proprio per sfuggire all’inferno...
La storia
Ad oggi, infatti, la sua vicenda sarebbe già degna di un film. Come detto al momento dello scoppio della guerra Popov era in Polonia, al sicuro o almeno fuori dalla portata di bombe e missili. Ma a casa non ci è mai tornato. Si è scoperto, d’improvviso, rifugiato e l’Italia lo ha accolto. Una casa famiglia della provincia di Massa-Carrara, per l’esattezza. Ed è qui che il pallone torna protagonista al posto di proiettili e paura. Lo nota un procuratore che lo propone all’Empoli. «Ok – rispondono i responsabili del vivaio Federico Bargagna e Matteo Silvesti – gli daremo un’occhiata». Basta e avanza: Popov è visto e preso. Nel serbatoio azzurro conferma di avere le doti, tanto da giocare anche la finale scudetto che l’Under 17 perde il 21 giugno scorso contro la Roma. Meno di un mese dopo ecco l’esordio coi grandi, quelli che giocano in Serie A. Può essere l’inizio del lieto fine.
La tappe
Certo si parla pur sempre di un ragazzo di 17 anni. Che la vita ha costretto a crescere e maturare prima del tempo, è vero, ma che ancora di passi da compiere ne ha molti. Come sottolinea, parlando di lui, il presidente Fabrizio Corsi. Che i suoi ragazzi, quelli del vivaio, li conosce tutti e per Popov ha un occhio di riguardo (poi capirete perché). «Al netto delle peripezie che Bogdan ha, purtroppo, già dovuto affrontare – sottolinea il massimo dirigente – si tratta di un talento vero. L’altezza certamente lo aiuta, ma ha anche un’ottima tecnica e soprattutto è molto ben coordinato nei movimenti. Ha tutto per arrivare e, potenzialmente, anche molto in alto». Dovrà seguire il suo percorso, però. Che gli azzurri gli stanno già cucendo addosso. «Naturalmente deve crescere e noi dovremo essere bravi a farglielo fare nei tempi e nei modi giusti. Sono contento che abbia potuto “assaggiare” la prima squadra, ma al momento per lui stiamo valutando una stagione tra Primavera e Under 18». Ancora settore giovanile, insomma, dove peraltro troverà un istruttore dedicato agli attaccanti decisamente poco banale: Ciccio Tavano, il re dei bomber della storia dell’Empoli. Popov, però, ha altre caratteristiche. Prima punta, ovviamente, perché l’altezza e non solo questo dicono. «Anche a livello fisico – prosegue il presidente Corsi – dovrà lavorare molto e bene. Ha bisogno di mettere chili e muscoli, ma ovviamente senza snaturarsi o perdere le doti che ha già dimostrato di avere. Detto questo, de dovesse bruciare la tappe non avremmo nessuna paura, come è capitato spesso in passato con altri giovani, a gettarlo subito nella mischia. Però succederà solo se giudicheremo che sarà la cosa giusta sia per lui che per noi».
Da solo
L’altro aspetto determinante per arrivare è la testa, il carattere. Ma in questo caso, come accennato, purtroppo ci sta pensando la vita. Da due anni e mezzo, infatti, Bogdan Popov è costretto a vivere lontano dalla sua famiglia. Che non può lasciare l’Ucraina perché la mamma lavora in una delle aziende che il Governo del presidente Volodymyr Zelensky ha classificato come “indispensabili” per lo sforzo bellico. Zero possibilità, dunque, di varcare i confini. Anche se, in realtà, un’eccezione c’è stata. «Due settimane fa – ricorda con un filo di emozione il presidente Corsi – sono arrivate la madre, il fratello e la sorella di Bogdan (il padre, invece, è rimasto in Ucraina, ndr). Sono state mie ospiti ed è stato un momento bellissimo, commovente. Non si vedevano da anni». E, forse, altro tempo passerà prima che si rivedano ancora. «Personalmente e anche come società – conclude il massimo dirigente – faremo di tutto per favorire nuovi incontri e, se fosse possibile, anche per riuscire a riunire definitamente le famiglia». Nell’attesa Bogdan Popov può continuare a coltivare il suo sogno. Un’immane tragedia come la guerra lo ha portato nel posto giusto per farlo e per quella fabbrica dei campioni che sia chiama Empoli riuscirci anche con lui sarebbe il premio più bello.
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