Il Tirreno

Versilia

Il processo

Omicidio col Suv, Cinzia Dal Pino e il pentimento: «Non lo volevo uccidere». Le tappe di quella sera: la cena, l’investimento e la telefonata

di Matteo Tuccini
Cinzia Dal Pino (foto Nucci)
Cinzia Dal Pino (foto Nucci)

Le parole in aula: «Cercavo di farlo cadere per recuperare la borsa». Ci sarà una perizia psichiatrica per valutare lo stato di salute

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VIAREGGIO. «Non volevo ucciderlo. Non sono una persona che uccide per riprendersi una borsa. L’ho seguito per farlo cadere, e recuperare quanto lui mi aveva portato via».

Per la prima volta Cinzia Dal Pino parla in pubblico del delitto commesso a bordo del suo Suv Mercedes, la sera dell’8 settembre 2024. Lo fa con la voce rotta in Corte d’Assise a Lucca, dove la 66enne imprenditrice viareggina è a processo per omicidio volontario aggravato. Dal Pino chiede anche scusa per non aver mostrato prima il proprio pentimento, «magari parlando sui giornali; ma sono stata travolta dalla risonanza mediatica che ha avuto questa cosa. Questa vicenda mi ha distrutto l’esistenza e io non sono riuscita a esternare quanto provo. Mi dispiace, io tra l’altro sono credente: dopo l’accaduto sono andata a pregare in chiesa, per me e per lui (Noureddine Mezgui, 52 anni, la vittima, ndr). Ho una persona morta sulla coscienza».

In quella stessa chiesa – Santa Rita nel quartiere Campo d’Aviazione – è stata arrestata dalla polizia, in una scena che deve essere stata incredibile per chi ha potuto assistervi. Non meno del video che da oltre un anno mostra quanto accaduto quella sera in via Coppino.

In aula

In aula Dal Pino ha ricostruito quasi ogni momento: dall’auto parcheggiata davanti al negozio Tomei, passando alla cena con gli amici al ristorante Da Miro a cui avrebbe dovuto partecipare anche il marito «ma non si sentiva bene, e quindi è rimasto a casa». Una delle tante porte girevoli di quella domenica sera di settembre, sotto il diluvio.

«Quando sono tornata all’auto, dopo aver finito la cena intorno alle 23,30, ho aperto lo sportello; poi ho richiuso l’ombrello che mi avevano prestato al ristorante e ho gettato la borsa sul sedile a fianco, per potermi mettere alla guida – l’inizio del racconto – A quel punto, dal mio lato, lui (Mezgui) mi è venuto addosso. Ho cercato di respingerlo, urlando, e mi sono anche ferita. Mi ha detto: dammi la borsa o tiro fuori il coltello». Coltello che la donna ammette di non aver visto. Né si ricorda se è stata lei a passare la borsa a “Said”.

«Quando lui si è allontanato e io ho richiuso lo sportello – ha proseguito – la prima cosa che ho pensato, tra panico e palpitazioni, è che dentro la borsa c’erano le chiavi di casa e dell’allarme, più documenti e bigliettini su cui annoto tutto. Ho pensato di seguire quell’uomo, perché magari buttava via la borsa; ho visto che camminava sul marciapiede verso mare, e ho cercato di fermarlo. Ma non volevo fargli male».

Più volte l’imprenditrice balneare assicura che non avrebbe mai voluto uccidere, che non è da lei ammazzare qualcuno per una borsa, e che l’intento era quello di «farlo cadere, colpendolo alle gambe e cercando di creare una barriera, uno scudo tra me e lui, perché avevo paura del coltello». Dopo l’investimento plurimo di fronte alla vetrina del negozio Cantalupi – la difesa contesta, però, che l’uomo sia stato colpito quattro volte come sembra suggerire il video famoso – la donna riprende la borsa e assicura di aver visto che “Said” «si stava riprendendo, quasi rialzando: non pensavo di avergli fatto così male. Io volevo andarmene, uscire da quell’incubo. E non credevo che lui avesse così bisogno di aiuto». Dopo aver ripreso la borsa ed essere risalita sul Suv, c’è la telefonata col marito che è stato avvisato dal dispositivo sull’auto: c’è stato uno scontro con qualcosa.

«Gli ho detto che non era successo niente», sostiene oggi Cinzia. Che conferma di non aver chiamato nessuno, dai soccorsi alle forze dell’ordine, né la sera né il giorno dopo, quando sente la notizia circolare ovunque e decide di andare in chiesa. «Chiamare qualcuno? Non ci ho pensato. Ero sconvolta», spiega. Durante la deposizione l’imprenditrice ha affermato di avere avuto diversi problemi di salute, con stati d’ansia e farmaci presi per questo motivo: sulla base di queste considerazioni, la Corte d’Assise ha disposto che venga eseguita una perizia psichiatrica per valutare lo stato di salute della donna (e la capacità di intendere e di volere). Nel corso dell’udienza, inoltre, i periti si sono confrontati sulla dinamica e le conseguenze dell’investimento: per la difesa un solo colpo, il primo, è stato veramente letale. Non così la pensa il medico legale incaricato dai familiari: il colpo fatale sarebbe stato il terzo. A riprova, secondo le parti civili, della volontà omicida.

Niente sentenza, comunque, entro l’anno: la prossima udienza è stata fissata al 23 gennaio.

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