Ucciso col Suv a Viareggio, via al processo Dal Pino: il giallo del movente. La cena, la borsetta e la morte – Video
L’avvocato Marzaduri che difende la donna: «Un solo colpo letale, chiederemo la modifica del capo d’imputazione»
VIAREGGIO. Sono le 9,15: fuori c’è un sole bellissimo, anche se freddo, che bacia Lucca reduce dai Comics. Rispetto al diluvio caduto su Viareggio quella maledetta sera dell’8 settembre 2024, sembra un altro mondo. Cinzia Dal Pino, 66enne imprenditrice viareggina, entra in una Corte d’Assise già piena di testimoni, avvocati, giudici e qualche osservatore neutrale: ma, a differenza di tutti gli altri, per Cinzia il mondo è cambiato davvero da oltre un anno a questa parte.
La notte dell’omicidio
È iniziato ieri, venerdì 7 novembre, il processo che vede Dal Pino imputata di omicidio volontario aggravato: l’imprenditrice – notissima in città anche per la gestione dello stabilimento balneare Milano in Passeggiata – è accusata di essere salita a bordo del suo Suv parcheggiato in Darsena, e di aver voluto investire e uccidere di proposito “Said”, alias Noureddine Mezgui, 52 anni, dopo aver subito dall’uomo di nazionalità marocchina il furto della borsetta. Ieri mattina sono stati sentiti i primi testimoni, convocati dalla pm Sara Polino che è titolare dell’accusa. Ed è emersa, ancora una volta, la ricostruzione di quelle ore trascorse tra la cena tra amici al ristorante Da Miro e l’arrivo della polizia nella chiesa di Santa Rita. Quando Cinzia Dal Pino è stata presa in consegna dalle forze dell’ordine, perdendo la libertà che tutt’ora – è agli arresti domiciliari – le è negata. Con la spada di Damocle di una possibile condanna all’ergastolo.
Il giallo del coltello
Sono le 20 circa quando Da Miro in via Coppino mette a tavola, tra le altre, sette persone: tra loro c’è Cinzia Dal Pino, vestita di bianco. Particolare che poi servirà a rintracciarla. Cinzia ha lasciato l’auto lì vicino, ed è lì che va a riprenderla poco prima di mezzanotte, quando sul quartiere Darsena e sull’intera Viareggio si vedono già le conseguenze di un temporale di fine estate. «Può darmi un ombrello?», chiede la donna alla titolare del ristorante. Poi se ne va. In quel momento avviene, secondo la ricostruzione, l’incontro tutt’altro che piacevole con l’uomo che a Viareggio conoscono come “Said l’algerino”. Sta caracollando, proveniente dalla chiesa dei Pescatori: ha alzato il gomito pesantemente, si conferma in aula. Prende la borsetta dall’auto della donna, che poi riferirà di essere stata minacciata con un coltello. Ma la lama non verrà trovata: ieri in Corte d’Assise è stato ribadito, di fatto non dando riscontro alla tesi difensiva di una vera e propria rapina che Dal Pino avrebbe subito. E che costituirebbe il movente dell’investimento-killer.
La presidente della Corte, il giudice Nidia Genovese, chiede esplicitamente che precedenti penali avesse Said, e i poliziotti le rispondono: «Furti». Comunque sia, stando agli investigatori, una volta portata via la borsetta l’auto viene messa in moto da Dal Pino e va verso mare. All’altezza della ditta Cantalupi, investe Said, sbattendolo contro la vetrina. Poi Cinzia torna verso il ristorante e picchietta un paio di volte con l’ombrello contro il finestrino dell’auto, per restituirlo alla titolare di Miro. Secondo il medico legale Stefano Pierotti, ieri in aula, il primo colpo con l’auto è quello decisivo: l’impatto del Suv rompe l’aorta di Mezgui, causandogli un’emorragia interna. Con poche lesioni visibili all’esterno: infatti il medico del 118 ieri ha confermato di non essersi accorto subito del fatto che l’uomo fosse stato investito. Elemento, però, apparso evidente alla polizia, che è partita subito a caccia del guidatore del Suv. Individuazione avvenuta non tramite la targa, ma dal noto video delle telecamere – riproposto anche ieri all’inizio del dibattimento come “prova regina” – poi dal ritrovamento sul posto di un pezzetto di plastica dell’auto, e anche con l’utilizzo della scatola nera del Suv Mercedes dell’imprenditrice. Elementi che hanno contribuito a confermare la presenza della donna sul posto, la dinamica. E hanno spinto la polizia ad andarla a cercare prima a casa e poi nella chiesa del suo quartiere, il Campo d’Aviazione.
I colpi letali
Di fronte all’accusa di un investimento quadruplo, l’avvocato Enrico Marzaduri, difensore di Dal Pino, ribadisce: «C’è stato un solo colpo letale, come confermato dal medico legale. Bisognerà approfondire il quadro psicologico in cui la vicenda è avvenuta: chiederemo la modifica del capo d’imputazione». Gli avvocati Enrico Carboni e Gianmarco Romanini, che assistono i familiari di Mezgui, ribadiscono a loro volta l’investimento plurimo e il fatto che il coltello per la presunta rapina non è stato trovato: «Abbiamo fiducia nel lavoro della Procura», concludono.
