Sandra Milo, la Versilia tra amori e tormenti: le nozze fallite e una tentata violenza
A 13 anni già bellissima con i ragazzi che le correvano dietro, a 15 il matrimonio lampo con un marchese
Sandra Milo, morta a 90 anni, è stata profondamente legata alla Versilia: dal nostro archivio ecco una bellissima intervista del nostro Matteo Tuccini all’attrice.
Il mare, che col suo odore ti entra nel sangue. Il giorno del matrimonio (finito quasi subito in maniera burrascosa) in San Paolino col marchese Cesare Rodighiero: «Avevo 15 anni, ci volle una dispensa del Papa». I clacson delle auto e i volti da pesce lesso dei vitelloni ammaliati dalla sua bellezza. Ma anche lo sguardo truce del soldato americano che, quando aveva 13 anni, tentò di violentarla nella pineta di Ponente.
La Versilia di Sandra Milo è un raggio di sole dal cuore nero, che le entra nella memoria come una lama. «Ho perso l'accento di questa terra - racconta - non i ricordi. Un periodo stupendo della mia vita, iniziato nel 1946, quando sono arrivata dalla campagna pisana. Scappavamo da una fama di fascistissimi: mio padre si era arruolato volontario per la guerra d'Africa e là sono nata. Quando me ne sono andata dalla Versilia, diciassettenne, è stato per fare la modella a Milano». E per diventare un star del cinema italiano e internazionale. E scusate se è poco.
Ma la vita di Elena Liliana Greco, e i quattro anni “viareggini” ne sono una cartina al tornasole straordinaria, è fatta di picchi incredibili e di cadute profonde. C'è la Milo che si autodefinì “musa” di Federico Fellini (fu lui a coniare “Sandrocchia”) quella che faceva impazzire gli uomini e che divenne regina della tv in epoca craxiana, quando non faceva mistero - volutamente - della sua fede socialista. C'è la Sandra dei matrimoni falliti, delle relazioni fugaci, delle violenze subite. La prima, anche se per fortuna non compiuta, capitò proprio a Viareggio e la Milo l'ha rivelata per la prima volta al settimanale Diva e donna.
È un caldo pomeriggio, forse troppo. La guerra è finita da poco e in città ci sono ancora gli americani.
«Mi ricordo bene quel giorno. Ero andata assieme a una mia amica a trovare un'altra ragazza. A un tratto capiamo che è molto tardi, e che rischiamo di far arrabbiare i genitori. Così sulla via del ritorno decidiamo di tagliare per la pineta. Purtroppo ci imbattiamo in due soldati americani, due neri. Ci prendono per le braccia, ci tengono strette. Io riesco a svincolarmi, perdo un braccialetto d'oro che non rivedrò mai più, e scappo a casa. L'altra ragazza, purtroppo, resta indietro. La sento urlare, e capisco».
L'ha più rivista?
«No, non mi ha più cercato né voluto parlare. Forse mi riteneva responsabile. Ma cosa potevo fare?»
Che cosa le è rimasto di quell'episodio tremendo?
«Il tempo attenua tutto. Ma ancora oggi mi ricordo il terrore, lo stato di shock».
Che cos'altro le fa venire in mente Viareggio?
«Della Versilia, e della Toscana in generale, ho ricordi meravigliosi. Lì ci sono le nostre radici: mia madre era di Lajatico, mia nonna era una Casciani, famiglia originaria di Monsummano Terme. Papà, invece, era siciliano, e quando se n'è andato noi ci siamo trasferiti nel Pisano, a Orciatico. Poi siamo arrivati a Viareggio. Abitavo con mia sorella Maya, mia madre e mia nonna in via Leonardo Da Vinci. Io e Maya eravamo due ragazze bellissime, d'estate ci vestivamo con pantaloncini corti, all'epoca piuttosto provocanti, e i ragazzi ci fischiavano dietro. Per non parlare dei clacson che sentivamo suonare... C'erano così tanti giovani, il divertimento. E poi c'è un'immagine che mi torna sempre a mente: Leonida Repaci, mentre cammina sul lungomare con i suoi capelli bianchi. Praticamente cominciai a leggere sul serio grazie alla sua “Storia dei fratelli Rupe”».
Versilia, terra dei suoi primi amori. E delle prime delusioni.
«Senza mio padre, in casa mancava una figura maschile. E quando conobbi Cesare Rodighiero me ne innamorai. Ero giovanissima, avevo appena 15 anni quando andai all'altare: servì una dispensa del Papa per celebrare le nozze. Allora davano il libretto di matrimonio, dove si invitava gli sposi a lavarsi almeno una volta alla settimana. Che tempi».
Con lui non durò neanche un mese. Neppure il fatto di trasferirsi a Massarosa a casa della madre, la marchesa Provenzali, salvò la vostra unione. Lei ha parlato addirittura di minacce con la pistola, di un figlio perso in grembo.
«Per natura sono una persona passionale. Ho sempre vissuto tutto con grande trasporto. E ho viaggiato in una sorta di montagna russa continua. Ma io ho una filosofia: sempre in cima non si può stare».