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Il futuro dopo la devastazione dell'incendio a Massarosa, l'assessora Monni: «Ecco da dove ricominceremo»

Giovanna Mezzana
Il futuro dopo la devastazione dell'incendio a Massarosa, l'assessora Monni: «Ecco da dove ricominceremo»

Al via le operazioni di ricognizione dei vigili del fuoco poi la stima dei danni. La Regione Toscana chiederà lo stato di calamità ma non sarà facile ottenerlo

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Massarosa Trattiene a stento le lacrime quando – a bordo dell’elicottero della protezione civile – sorvola le colline massarosesi: ci sono le fiamme che si innalzano e le “braci” che ancora ardono. Ovunque c’è il fumo che sale al cielo dalla terra incenerita. L’occhio umano vorrebbe essere cieco, tant’è che un calcio nello stomaco le sarebbe stato più lieve. Monia Monni è l’assessora della Regione Toscana al composito e prezioso settore dell’ambiente e ha la delega anche alla protezione civile: originaria di Campi Bisenzio, è corsa a Massarosa appena ha saputo dell’inferno di fuoco. Ed è da lei che si viene a sapere che il percorso verso il riconoscimento dello stato di calamità naturale sarà tutt’altro che agevole.

Lei è stata a Massarosa per tre giorni di fila.

«Sì, quando mi hanno avvisato delle dimensioni e della portata dell’incendio, con il direttore della protezione civile Giovanni Massini abbiamo capito che la situazione non poteva essere gestita dalla sala operativa. La macchina è complessa, ci sono tantissime e diverse competenze che scendono in campo: i vigili del fuoco, la protezione civile, le associazioni di volontariato, i mezzi che spengono da terra, gli elicotteri della flotta regionale e i canadair che sganciano acqua dal cielo. . .».

Che cosa ha fatto in questi giorni?

«Abbiamo compiuto più volte il giro del perimetro lungo cui si muoveva l’incendio: sia in auto che in sorvolo. Ci arrivavano informazioni discordanti, anche a causa del vento che cambiava direzione di continuo, e volevamo trasferire a Roma informazioni il più possibile precise; bruciavano contemporaneamente la Toscana e il Friuli, noi avevamo quattro canadair e questa era una grande responsabilità».

Cosa ha visto dall’alto, sull’elicottero della protezione civile?

«Ho visto una devastazione che mi ha fatto chiudere lo stomaco. Un’immagine spettrale. Novecento ettari di bosco e di olivi secolari ridotti in cenere. Ho visto enormi strisciate di boscaglia incenerita e vallate completamente andate in fumo. Mi veniva da piangere».

Quando è stato il momento più difficile?

«Intorno alle 20 del secondo giorno di incendio, mercoledì 20 luglio. Stavamo andando via dopo un’intera giornata trascorsa sul campo e riflettevo che di quattro canadair ne era rimasto soltanto uno: un mezzo aveva avuto un problema al motore, un altro aveva perso un portellone e poi non possono volare per più di dodici ore. L’incendio non era assolutamente domato, l’intera flotta della Regione Toscana, dieci elicotteri, la più grande in Italia, era in volo e sganciava acqua. Anche Vecchiano stava bruciando e c’erano venti focolai sparsi in tutta la Toscana».

Cosa la preoccupava di più?

«La notte che avevamo davanti. Temevo molto perché la notte precedente, quella tra martedì 19 e mercoledì 20 luglio, era stata terribile: l’incendio era avanzato di molto, aveva bruciato ettari e ettari, spinto anche dalle condizioni climatiche avverse, c’era poca umidità».

E quindi non ha avrà dormito.. quindi cosa ha fatto?

«La mattina di giovedì 21 luglio, alle 5, 30, ho telefonato al capo dipartimento della protezione civile Fabrizio Curcio. E siamo ripartiti per Massarosa. Eravamo riusciti ad avere tre canadair...»

Quindi ha tirato il fiato?

«Assolutamente no: non c’era visibilità. Eravamo immersi in una cappa, sembrava fossimo davanti a un enorme muro. Volavano i canadair mentre gli elicotteri della Regione erano fermi. A quel punto però ho capito che quella coltre era stata la nostra salvezza: nella notte l’incendio non era progredito proprio perché, a differenza della notte precedente, c’era stato e permaneva ancora un livello alto di umidità. Ho sentito che eravamo a un punto di svolta».

Di queste giornate interminabili c’è qualcosa che l’ha colpita più di altro?

«Sì. L’atteggiamento esemplare della sindaca di Massarosa Simona Barsotti, che ho dovuto costringere perché a un certo punto si andasse a riposare, e del sindaco di Camaiore Marcello Pierucci: per sveltire le operazioni di evacuazione sono andati di persona a bussare alle porte dei loro cittadini. In queste situazioni è enorme il carico emotivo a cui i sindaci sono sottoposti: sono investiti dalla pressione delle persone che sono costrette ad abbandonare le loro case e che poi vorrebbero rientrarci... Non è una situazione facile da gestire, serve grande lucidità che la stanchezza di solito ti toglie: ho ancora di fronte l’immagine di alcuni cittadini che chiedevano di tornare a casa perché credevano non ci fossero più rischi mentre noi vedevamo le foto del satellite che indicavano che sotto il fuoco spento c’erano ancora fumo e braci. Tutto ciò mi ha colpito ma, pur essendo per me il primo incendio sul campo, già sapevo che è tipicamente toscana questa grande capacità di mettere insieme cuore e competenze: dai sindaci alle tanti associazioni del Terzo Settore che si sono occupate con abnegazione di mettere al riparo anche gli animali andandoli a prelevare sul posto».

Adesso la Regione Toscana cosa farà?

«Prima di tutto dobbiamo fare la stima dei danni: oggi (ieri, per chi legge) è il giorno di inizio della ricognizione da parte dei vigili del fuoco. Quando avremo la stima, apriremo la procedura per la richiesta dello stato di calamità naturale (che deve essere riconosciuto dal ministero delle politiche agricole e forestali, Mipaaf ndr). A Massarosa e Camaiore sono bruciati quasi 900 ettari di bosco e oliveti secolari, 120 a Vecchiano: si tratta di cifre enormi, ci sono dieci case distrutte e tanti cittadini che hanno subito gravi danni».

Crede che il ministero riconoscerà lo stato di calamità naturale?

«Noi proveremo a chiederlo, sapendo però che è difficile che venga concesso».

Perché? Di fronte a tanto dolore e devastazione, qual è l’ostacolo che si alza?

«In Italia gli incendi hanno spesso una causa dolosa e proprio per questa ragione il governo è restio a riconoscere lo stato di calamità per incendio».

La Regione Toscana cercherà nel frattempo risorse straordinarie?

«Io credo che sia intenzione del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani che procederà in stretta collaborazione con l’assessorato regionale all’agricoltura».

L’incendio è pressoché spento ma i vigili del fuoco devono ancora “bonificare” l’area: cosa significa e quanto tempo sarà necessario per questa operazione?

«Bonificare significa fare operazioni di pulizia e mettere in sicurezza. Occorrerà qualche settimana: sul Monte Serra ci si mise quasi un mese».

Dal fronte delle indagini avete saputo qualcosa?

«Si sono ricorse voci che fossero stati trovati inneschi. Per il momento non abbiamo notizie ufficiali. Non è però scontato che l’incendio sia di natura dolosa: purtroppo è un grande pagliaio». l

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