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Dal mare alla montagna in mongolfiera davanti alle teste coronate d'Europa

paolo fornaciari
Un'immagine del Lanciere
Un'immagine del Lanciere

Nel 1919 il volo del pallone voluto da Alemanno Barsi. Due ani prima la delusione dei festeggiamenti per il "Lanciere"

30 agosto 2021
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Il 21 agosto 1910, si innalzò per il volo di prova con a bordo il comandante Frassinetti, il pallone aerostatico che dalla Grotta dell’Onda, in pochi minuti e superando una ascesa di oltre 800 metri, portò al Colle delle Prata, una suggestiva vallata alla quale facevano corona i monti Matanna, il Nona, il Bacolaio e il monte delle Grotte, dove Alemanno Barsi, allora presidente del Touring Club di Viareggio, e il figlio Daniele, pionieri del turismo sulle Apuane, avevano da poco realizzato un nuovo e modernissimo albergo, denominato “Alto Matanna”.

La settimana dopo ebbe luogo l’inaugurazione ufficiale alla presenza degli onorevoli Montauti, Treves e Rosadi, del prefetto di Lucca Vigliani e dei sindaci dei comuni della Provincia di Lucca. L'avvenimento interessò anche la stampa nazionale: del pallone, «opera di vibrante modernismo», scrissero “Il Corriere della Sera”, “L'Esare” e “La Lettura”.

Fra gli ospiti illustri che raggiunsero l'albergo con il pallone: il re del Belgio Alberto I con la famiglia, la principessa di Borbone, figlia del re di Spagna, la marchesa Sciamanna, la baronessa von Strantz e lo scienziato Ficher.

Già al carnevale di Viareggio del 1910 si era cantato “dalla spiaggia alla montagna / in un'ora vogliamo andare...”, anticipando, con gioioso stupore, il sogno dei Barsi di rendere facilmente accessibile alla aristocratica ed elitaria colonia di villeggianti che durante l'estate frequentava la spiaggia di Viareggio, utilizzando un mezzo di trasporto esclusivo ed emozionante, il pallone aerostatico, il loro albergo da poco realizzato.

Il progetto dei Barsi prevedeva che gli ospiti fossero ricevuti alla stazione di Viareggio e condotti in automobile a Candalla, nel comune di Camaiore, poi a dorso di mulo o in portantina fino a Grotta all'Onda, dove imbarcavano sul pallone per superare, in pochi minuti, l'ascesa di oltre 800 metri. Il viaggio, da Viareggio all'albergo, durava circa un'ora, un record per quei tempi, oggi superabile solo utilizzando un veloce elicottero.

Quando, nel novembre del 1909, il progetto fu presentato alla stampa fu accolto con stupore ed entusiasmo. Il settimanale “La Realtà” scrisse: «L'idea di congiungere Viareggio alle magnifiche e gigantesche vette Apuane è degna poiché si intuisce quali vantaggi la nostra ridente città ricaverà dalla vicinanza di una stazione climatica alpina, che nulla avrà da invidiare a quelle tanto decantate della Svizzera».

Chi manifestò incredulità e scetticismo dovette ricredersi. Infatti, i lavori iniziarono immediatamente. A Grotta all'Onda fu costruito l'hangar per il rimessaggio del pallone, un’impresa se si considerano le dimensioni del capannone: largo 10,50 metri per 18,50 di lunghezza e 28,50 di altezza. Poi fu teso il cavo di acciaio fra l'hangar e l'albergo, lungo il quale si innalzava e scorreva il pallone, che fu battezzato “Rosetta”, dal nome della moglie di Daniele Barsi. Era di seta gialla e l'involucro sferico aveva un diametro di circa 14 metri. L'altezza dell'aerostato, in assetto di volo, superava i 20 metri ed aveva una portata ascensionale di oltre 1.000 chilogrammi.

Purtroppo, il pallone ebbe vita breve. Nell'inverno del 1911 un violento temporale distrusse l'hangar dove era custodito, decretando la fine del sogno avventuroso dei Barsi. Se il pallone aerostatico fu la novità e l’attrazione dell’estate del 1910, due anni prima il programma dei festeggiamenti dell’estate del 1908 fu incentrato sul mare, sulla consegna della bandiera di combattimento al cacciatorpediniere “Lanciere”.

Infatti, il giornale “La Realtà”, nel numero di fine maggio di quell’anno, anticipò il programma delle iniziative previste per la stagione balneare: Esposizione Estiva Internazionale nei locali dello stabilimento balneare Nettuno, elezione della “Regina del Mare”, corso dei fiori, festival di bande musicali nella pineta di ponente, illuminazione fantastica della città, corse dei sacchi in piazza D’Azeglio e un grande convegno ciclistico, organizzato dalla società viareggina “Rapidus”, inserendo nel programma anche i festeggiamenti previsti in occasione della consegna della bandiera al “Lanciere” e nell’articolo si parlava della venuta del Re.

Il “Lanciere”, che era stato varato a Genova nel 1907, non aveva ancora ricevuto il vessillo di guerra. Svolgere la cerimonia a Viareggio avrebbe procurato pubblicità alla città, dato che la notizia sarebbe stata ripresa da tutta la stampa nazionale ed internazionale, e avrebbe rappresentato un momento di interesse per la colonia dei villeggianti presenti a Viareggio. La data della consegna fu fissata per il giorno 2 luglio, alla presenza dei duchi di Genova e d'Aosta, del conte di Torino – assiduo frequentatore della spiaggia di Viareggio – dell'ammiraglio Mirabello, ministro della Marina, di rappresentanti dell'esercito e della marina e di tutti i reggimenti di cavalleria.

Il protocollo della consegna della bandiera prevedeva che il conte di Torino, colonnello dei lancieri Novara, accompagnato dai suoi cavalleggeri si inoltrasse in mare e ponesse nelle mani del comandante del “Lanciere”, venuto incontro su una lancia, lo stendardo di guerra. Numerose unità della flotta militare sarebbero state al largo delle coste viareggine, rendendo suggestiva la cornice della cerimonia. Pubblico e autorità avrebbero assistito dai moli e dalle terrazze e rotonde degli stabilimenti balneari.

L'amministrazione comunale deliberò una serie di iniziative quali l'illuminazione fantastica dei viali a mare, uno spettacolo pirotecnico, esibizioni bandistiche, ricevimenti e rinfreschi per autorità e ufficiali delle Regie navi.

A ricordare la cerimonia una cartolina commemorativa, stampata per l’occasione, e una medaglia realizzata dallo scultore romano Clemente Origo, che fu per molti anni ufficiale del reggimento lancieri Genova.

Quando tutto era stato deciso si fece avanti Livorno per candidarsi quale sede per la solenne cerimonia e la causa fu perorata dall’Orlando che visitò Viareggio con il conte di Torino, mettendo in evidenza ritardi e deficienze organizzative. Tanto fece che, il 2 luglio, il “Lanciere” ebbe il suo vessillo di combattimento davanti alla costa labronica, lasciando Viareggio costernata per l'occasione persa.

Il “Lanciere” poi si portò al largo di Viareggio e nei giorni 4, 5 e 6 luglio si svolsero i previsti festeggiamenti, però in tono minore e senza il concorso delle personalità che avrebbero dovuto dare solennità e risonanza alle cerimonie. La scelta di Livorno, a scapito di Viareggio, fu motivata da problemi logistici relativi alla profondità dei fondali marini, anche se a metà giugno una torpediniera era giunta nel canale per eseguire scandagli lungo la costa e per accertarsi della profondità delle acque e tutte le misurazioni erano risultate tali da non destare preoccupazione. Secondo la stampa locale le ragioni erano state altre. Da quanto fu detto e scritto sulla vicenda sembra che Viareggio fosse stata scartata perché non aveva accolto con la dovuta ufficialità la venuta del conte di Torino. Spenti gli echi delle polemiche, a testimonianza rimasero sulla nave “Umbria” parecchie migliaia di cartoline commemorative, inutilizzate perché indicanti Viareggio quale sede della consegna della bandiera (sul retro si legge: Sotto gli auspici di Vittorio Emanuele III, re nostro, oggi 2 luglio 1908 sulla rada di Viareggio, l'arma di Cavalleria consegna al Cacciatorpediniere “Lanciere” la Bandiera di combattimento come fraterno pegno augurale di gloria), oggi “pezzi” ricercatissimi dai collezionisti.

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