Muore madre di 49 anni sconfitta da una malattia
Pietrasanta, addio a Irene Babboni: allieva di Garboli, iniziò al “Tirreno” per arrivare ad Einaudi. L’omaggio di Bartezzaghi: «Una ragazza dell’editoria»
PIETRASANTA. Sapeva sorridere al mondo come pochi, Irene. Un sorriso sincero, bello. Che ti faceva stare bene. Per poi celare dietro ai suoi silenzi e ai suoi sguardi, una forza d’animo più unica che rara. Forse a Irene Babboni, scomparsa a soli 49 anni – li avrebbe compiuti il prossimo 8 ottobre – per un brutto male un incipit di questo tenore non sarebbe piaciuto più di tanto. Magari ci avrebbe puntato lo sguardo addosso per sussurrare: «Dai, che scrivi».
Perché Irene era così, talento ed intelligenza, pragmatismo e gentilezza, ma anche poca voglia di apparire, di auto-celebrarsi, di indugiare su un ruolo – editor alla Einaudi, traduttrice di grandi autori come il premio Nobel Patrick Modiano – di assoluto prestigio a sigillo di un’attività professionale che l’aveva portata a vivere e a lavorare a Torino. E a farsi una famiglia: il marito Ernesto, i figli Giorgio e Andrea. Il rifugio splendido dagli affanni di ogni giorno. Quando potevano tornavano tutti in Versilia, perché Irene amava profondamente questa terra, la sua Pietrasanta, gli affetti più cari custoditi in una vita generosa per sacrifici e dolori, ma anche tracimante per gioie, amicizie. Ricordi che nessuno mai potrà cancellare. Nessuno.
Irene era curiosa con una dote innata nello scrivere: la classica “bella penna”. Spontaneo l’approdo nella redazione di un giornale: è stata nostra collega a Il Tirreno: gli anni ’80 in dissolvenza la voglia di raccontare e confrontarsi. I primi articoli. Più bambini che cronisti, ma se solo avesse voluto Irene Babboni sarebbe arrivata ovunque, anche nel giornalismo. Ma la sua curiosità non aveva confini: cominciò a collaborare con Cesare Garboli. Poi, passo dopo passo, grazie solo alle sue straordinarie capacità, l’approdo nella case editrici sempre più importanti. Fino all’Einaudi e a un mondo editoriale che amava profondamente. E da cui era ricambiata con stima e affetto. Sincero e non di retorica facciata. «Una ragazza dell’editoria», l’ha definita il grande Stefano Bartezzaghi.
Ci sarebbero mille altre istantanee da mettere a fuoco, da rielaborare ancora una volta, ma Irene, come detto, oltre ai sorrisi privilegiava i silenzi. E allora non è giusto andare oltre con le parole anche se domani pomeriggio alle 15 alla Gaggetta de “La Carducciana” in via Regnalla, a Valdicastello, sarà veramente difficile salutarla senza poter vedere ancora una sola volta il suo sorriso.