Quella rotonda sul mare
Il successo di Bongusto ispirato a Viareggio o forse no
di ADOLFO LIPPI
Quando a settembre (“il mese più patetico” secondo Mario Tobino) in Versilia, nel 1964, si cominciò ad ascoltare e cantare “Una rotonda sul mare”, a Viareggio le rotonde in acqua non c’erano più da almeno trent’anni. L’ultima, quella storica del “Balena” era stata abbattuta a fine anni Trenta. Dove poteva, dunque, esser venuta fuori l’ispirazione per la notissima, struggente, canzone che fece e faceva tanto successo? Su “Una rotonda sul mare” scaturì allora uno dei tanti misteri dell’estate musicale. I “padri” che si presentarono furono almeno quattro dichiaranti autori: Aldo Valleroni di Massarosa (ma viareggino di contropelo), Franco Migliacci, fiorentino, Pietro Faleni, massese, Fred Bongusto da Campobasso. Ma chi l’aveva effettivamente pensata? Chi l’aveva materialmente scritta? Chi poteva dirsene “proprietario”? Ancora oggi restano, i “padri”, tutti e quattro in pista.
Si potrebbe anche passarvi sopra. Però quella canzone fu ed è davvero emblematica per due motivi: rappresentò l’inizio del disincanto musicale (dopo sarebbero venuti Gino Paoli, Lucio Battisti, Fabrizio De Andrè, Sergio Endrigo con arie tristenzuole, intimiste, malinconiche, problematiche) e fu ed è la canzone-inno degli sfigati di fine dell’estate, quando ormai lei se n’è andata con un altro ben più promettente ed il mese di settembre riverbera nostalgie, riflessioni, distacchi. Sicché tornano le scuole, gli affari, i drammi e le fidanzate o i fidanzati da sposare sul serio. Per questi motivi e tant’altro allora merita davvero nel generale disincanto e moltissimo ignorando la memoria, rammentare quei giorni di una riviera che fu, dagli anni ’50 almeno al 1965, un favoloso palcoscenico di glorie dove transitavano Gary Cooper e Marlene Dietrich, Charlie Chaplin e Josephine Baker, nomi pazzeschi, nomi holliwoodiani, che costringevano i big dei più noti locali, da Alfredo Beneforti e Sergio Bernardini a Oliverio dei “Ronchi”, a metter mano e proporre cartelloni audacissimi, cantanti e “glamour” da Mina a Celentano, da Tom Jones ai Platters a Chet Baker, che qui iniziarono e spesero le loro fortune in un crescendo di stagioni “folli” quando sulla Passeggiata con Gianni Agnelli, i Moratti, Baby Pignatari, i prinicipi di Liegi sfrecciavano fantastiche “Ferrari”, “Bugatti”, “Mg”, spyder “Mercedes”. Tempi che meritarono film quali “Il sorpasso” e “La vita difficile”, tempi che videro rigenerarsi la canzone italiana, già sventrata delle tradizioni melodiche con “Volare” di Modugno ed abbattuta in ko dagli urlatori del rock emergenti e crudelissimi nello strafare. Ecco, non si può quindi far storia della Versilia mondana se non si conosce a fondo la storia della musica leggera (ben più importante del festival di Sanremo). E di questo tempo, a metà degli anni ’60, “Una rotonda sul mare” fu ed è un’icona perché cominciò a finire la moda delle discoteche affollatissime (dove si asc. otava Mina, Marino Marini, Carosone, Celentano), cambiò pelle l’offerta di spettacolo e andò in crisi il “boom” economico; non a caso il libro “Versilia anni ruggenti” di Valleroni termina proprio con il ’64 un’epoca pirotecnica, mirabolante, ebbra, e si modificarono non solo i comportamenti della vacanza balneare ma anche gli artisti che si espressero “cantautori” e già annunciarono lo sconquasso del ’68.
Accadde che a metà degli anni sessanta capitò in Versilia, a Ronchi da “Oliviero”, un giovane cantante dalla voce bassa, un po’ rauca, dolcissimo, suadente: Fred Bongusto. Era abruzzese puro, di Campobasso, ma s’era fatto le ossa in Germania canticchiando, con l’occhio seduttivo alla Rossano Brazzi, alle orecchie delle tedesche arrapate dai “latin lover” nostrani. Bongusto non urlava. Non era rock. Era semmai un cantante da night. Quando giunse in Versilia c’era ancora diffusa l’esplosione di “Tintarella di luna”, “Maruzzella”, “Il problema più importante”, “In ginocchio da te”. E il pubblico faceva file di ore per assieparsi a “La Bussola”. Bongusto entrò, educato e semplice, di soppiatto. Oliviero l’aveva sperimentato a Roma al “Blub 84” e lo propose a una clientela fine, sospirosa, che andava dai principi di Liegi a Fabiolo.
Bongusto era davvero un’eccezione tra le chiassose becere discoteche. Modesto, dolciastro, i capelli nerissimi da bravo ragazzo di provincia, un amore sicuro con Gaby Palazzolo (ex moglie di John Barrimore jr) che a sera veniva a prendere al “Plaza” di Viareggio (poi, da sposati, frequentarono l’”Ariston” di Lido di Camaiore”), Bongusto cantava perché le coppie dondolassero allacciate in pista frusciando paroline di amore e di incanto (con canzoni tipo “Frida”, “Doce doce”, “La mia estate con te”).
Nel giro versiliese del ’69 lo introdussero Giovanni Angelici, giornalista coltissimo, uomo d’avanguardia, e Aldo Valleroni, autore di canzoni (ne pubblicò più di 490), guru affabulatore, chiacchierone, smodato ma introdottissimo. E a loro Fred confessò una sera di avere in testa una canzoncina che parlava di una “rotonda” che lui aveva frequentato a Sinigallia sull’Adriatico, dove si ballava e si sperimentavano giovani autori. Valleroni che era un falco s’entusiasmò. In lui vi era il ricordo delle strabilianti “rotonde” che perfino Mario Tobino aveva descritto in “Sulla spiaggia e al di là del molo” e così sentì la proposta di Bongusto come “viareggina”. Ma non lo era.
La “rotonda” di Bongusto era di muro mentre quelle de “il Balena” e de “Il Nettuno” erano state di legno di pino. Ma Valleroni non demorse. Chiamò con se il massese Pietro Faleni, maestro di musica bravissimo (con il quale aveva scritto e depositato tante canzoni) e per le parole fu affiancato (a rifinire la poesia) da Franco Migliacci, fiorentino, mitico autore (tra tant’altro) del “Blu dipinto di blu” di Modugno. La canzone che scaturì ebbe, quindi, in cucina da subito quattro cuochi. Valleroni che era scritto alla Siae la depositò. Bongusto che non era iscritto si contentò di lanciarla. Migliacci e Faleni riscossero le loro decine ma Bongusto non fu soddisfatto. Ne scaturì una vicenda giudiziaria. Si trovò alla fine un accordo: Bongusto ricevette parte dei diritti, la canzone non ebbe più Valleroni tra i nomi che rimasero, che erano e sono Migliacci, Faleni, Bongusto. Però Valleroni proseguì a proclamare “Una rotonda” come sua. Anche quando Migliacci, in un’intervista clamorosa e recente, confessò che l’ispirazione gli era venuta sul lago Trasimeno mentre era in vacanza a Cortona. Dunque niente più Senigallia, niente Viareggio ma una rotonda lacustre assai poco lirica. Chi dice la verità? È umbro-laziale?
Tutti e quattro gli autori sono stati e vengono celebrati, premiati, festeggiati quali “padri”. Però che importanza ha? Resta importante l’atmosfera che il brano celebra, un’atmosfera che la decanta quale canzone nostalgica di un tempo (storico e musicale) che abbandona gli anni ruggenti, di un amore estivo che a metà settembre passa dalla realtà al sogno sospiroso di un abbandono. Adesso che l’estate sta finendo “Una rotonda sul mare” mantiene quindi quel significato e quella freschezza. I migliori auguri per Bongusto e Pietro Faleni e Franco Migliacci (che con Valleroni, ormai morto) che ce la donarono.