Il Tirreno

Versilia

Inchiesta porto, la Fox cercò le cimici

di Donatella Francesconi
Inchiesta porto, la Fox cercò le cimici

La nota agenzia investigativa fu contattata dal sostituto commissario Landucci, presente all’operazione di bonifica

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VIAREGGIO. Certe notti sono un “vizio”, come nella celebre canzone. La notte parla, racconta, incrocia le storie. Storie come quella che completa quanto tracciato, nero su bianco, dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che ha dato il via all’arresto dell’ex nostromo del porto, Stefano La Rosa. Poche righe, ma di peso, per raccontare il «vano e maldestro tentativo di “bonifica ambientale” da microspie eseguito presso gli uffici della Capitaneria, nel timore di essere intercettati dai carabinieri». Tentativo - continua il Gip - «su iniziativa del comandante Vitiello con la fattiva collaborazione del maresciallo (della Capitaneria, ndr) Izzo e del sostituto commissario (polizia di Stato, ndr) Landucci».

Ma - così può essere ricostruita la vicenda in linea di massima - i tre uomini delle istituzioni chiamati in causa dalle indagini prima, e dall’ordinanza del Gip che le fa proprie poi, non agiscono da soli. Perché ad eseguire materialmente la bonifica è stata - siamo sul finire del giugno scorso, quando il porto viareggino è attraversato quotidianamente dai carabinieri del Comando provinciale di Lucca su delega della Procura (pm Fabio Origlio) - la più nota tra le agenzie di investigazioni della città. Ovvero la “Fox investigazioni” di Gian Luca Bartalini. Società conosciuta non solo per le molteplici attività svolte per i privati che a loro si rivolgono, ma anche per la formazione di personale specializzato nella sicurezza, impiegato in occasione delle partite dell’Esperia allo stadio dei Pini, così come - e ormai da anni - dalla Fondazione Carnevale per i Corsi mascherati (il bando per quest’anno è chiuso e la prossima settimana si saprà qual è l’agenzia che si assicurerà il servizio per l’edizione 2014).

Il 18 giugno era stata eseguita (lo si legge ancora nell’ordinanza del Gip) - una perquisizione proprio a carico di Stefano La Rosa. Passano pochi giorni e a contattare Bartalini e la sua “Fox” è proprio - così si racconta - il sostituto commissario Alessandro Landucci. Che chiede di essere supportato in una bonifica ambientale. Niente di strano, apparentemente. Visto che la “Fox” ha rapporti costanti e di massima collaborazione con le forze dell’ordine.

Solo il giorno stabilito per entrare in azione si sarebbe scoperto che si trattava di mettersi al lavoro nella sede centrale della Capitaneria di porto, all’epoca ancora guidata da Pasquale Vitiello, in quella che passa alla storia come l’estate più “calda” vissuta dalla guardia costiera viareggina. Un’estate di fuoco della quale i quotidiani locali danno puntualmente notizia, tappa dopo tappa.

A supportare nell’ “impresa” Bartalini e le sue apparecchiature sofisticate, oltre al sostituto commissario Landucci, c’erano quel giorno altre due persone alle quali si affida comunemente l’agenzia investigativa.

Il «vano e maldestro tentativo di bonifica » - per utilizzare ancora le parole del Gip Alessandro Dal Torrione - dà esito negativo: si scopre infatti che le temute cimici dei carabinieri, in realtà, nella sede centrale della Capitaneria non ci sono.

L’intervento - questo l’elemento che emergerebbe con forza - non viene fatturato alla Capitaneria. Come avrebbe espressamente richiesto Landucci. Ed è evidente che sarebbe stato difficile giustificare il pagamento di un lavoro effettuato in netto contrasto con le indagini della Procura.

Le parole che il Gip Alessandro Dal Torrione utilizza in fine ordinanza per descrivere l’atteggiamento della Capitaneria di porto viareggina sembrano mettere fine al “mito” di una sede della guardia costiera dal cui comando si transita destinati automaticamente a ruoli ben più alti. «Molti indizi ancora da approfondire - scrive Dal Torrione - fanno temere che la corruzione riguardi anche altri appartenenti alla Capitaneria di porto».

La stessa Capitaneria, il cui ambiente «nella fase critica delle indagini durante le perquisizioni e subito dopo si è mostrato opaco e non collaborativo».

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