Buoni pasto, da settembre novità sulle commissioni: cosa cambia per i negozi e i timori delle società
La commissione massima applicabile non potrà superare il 5%
Dal 1° settembre 2025 entra in vigore un cambiamento importante per i buoni pasto: la commissione massima applicabile non potrà superare il 5%. Finora questa regola valeva solo per i ticket dei dipendenti pubblici, ma da settembre si estenderà anche al settore privato.
La misura, accolta con favore soprattutto dai negozianti che pagheranno meno commissioni, ha invece sollevato critiche da parte delle società emettitrici dei buoni, che temono una riduzione dei ricavi e annunciano possibili aumenti dei costi per le imprese che acquistano i ticket da distribuire ai propri dipendenti.
Cosa cambia per i lavoratori
Per chi riceve i buoni pasto non ci saranno variazioni: il valore medio resta di 6,75 euro, con un tetto esentasse fino a 8 euro per i buoni digitali. Anche le modalità di utilizzo rimarranno le stesse.
Perché è stata introdotta la riforma
Il limite è stato previsto dal governo Meloni nella legge sulla concorrenza del 2024, con l’obiettivo di ridurre l’impatto delle commissioni sui commercianti. Fino a oggi, infatti, le percentuali applicate potevano arrivare anche al 20%, erodendo in modo significativo gli incassi: in alcuni casi, due euro su dieci finivano alle società emettitrici.
La norma è stata applicata gradualmente: i contratti firmati dopo l’entrata in vigore della legge hanno dovuto rispettare subito il tetto del 5%, mentre quelli precedenti avevano tempo fino al 31 agosto 2025 per adeguarsi. I buoni emessi con commissioni più alte resteranno validi solo fino al 31 dicembre 2025; dal 1° gennaio 2026 tutti i ticket dovranno rispettare il nuovo limite.
I timori delle aziende e le reazioni dei negozianti
Secondo Anseb, l’associazione che rappresenta le società emettitrici, il provvedimento comporterà minori entrate e potrebbe tradursi in un incremento dei costi per le imprese che acquistano i buoni pasto. L’associazione teme inoltre possibili tagli alle risorse destinate al welfare aziendale o una riduzione del valore dei ticket.
Di segno opposto il giudizio dei commercianti, che vedono nella riforma un sollievo economico. Per Fipe Confcommercio, infatti, il sistema resta comunque vantaggioso: i buoni sono interamente deducibili per le aziende e non soggetti a Irpef per i lavoratori.