Giardino degli orrori: cosa è emerso da quel prato tenuto in maniera impeccabile. E si rafforza l’ipotesi dell’assassino seriale
Un’amica di Ana Maria ha smentito il racconto dell’indagato sostenendo che i due si conoscevano già prima del luglio scorso. La posizione dell’avvocato Marco Crocitta
MONSUMMANO. Il “giardino degli orrori” ha cominciato a “parlare”, ma ancora non è chiaro che storia potrà raccontare. Mercoledì pomeriggio dagli scavi effettuati intorno alla casa di Monsummano dove viveva Vasile Frumuzache, il trentaduenne romeno reo confesso degli omicidi di Ana Maria Andrei e Maria Denisa Paun, le due escort uccise nel luglio 2024 a Montecatini e il 16 maggio di quest’anno a Prato, sono emersi tre reperti: una ciocca di capelli, un paio di slip da donna e una vertebra. La Procura di Prato non conferma e non smentisce, ma certamente si rafforza il sospetto che Vasile possa aver commesso altri omicidi.
Attualmente i reperti sono all’esame della Sezione investigazioni scientifiche dei carabinieri di Firenze e al momento non sono stati attribuiti a nessuno in particolare, né alle due vittime né ad eventuali altre. Ma è chiaro che capelli, slip e ossa (da capire se umane o animali) di solito non si trovano scavando nei giardini. In quel prato tenuto, dicono i vicini, in maniera maniacale, Vasile ha fatto giocare i suoi due figli, ha invitato gli amici a fare grigliate, si è concesso momenti di relax sapendo, lui solo, quello che aveva fatto.
O meglio, non è detto che lo sapesse lui solo, perché il procuratore di Prato Luca Tescaroli, sulla base di elementi che ancora non sono stati resi noti, è sempre più convinto che ci sia almeno un complice nell’ultimo omicidio, quello di Denisa.
Quanto alla posizione dell’avvocato calabrese Marco Crocitta, indagato all’inizio dell’inchiesta per sequestro di persona, la sua posizione è ancora in sospeso. Il fatto che abbia ricevuto copia del decreto di perquisizione a Monsummano con l’ipotesi di omicidio volontario in concorso aveva fatto pensare che le accuse si fossero aggravate, ma gli inquirenti spiegano che, essendo ancora indagato, sono tenuti a notificargli il decreto. Una sorta di atto dovuto.
Il suo eventuale coinvolgimento poteva aprire scenari inquietanti: non l’azione di un “cane sciolto” come Frumuzache ma un omicidio su commissione, magari per punire una escort ribelle. Ipotesi corroborata da quelle parole pronunciate da Denisa il giorno prima di morire («Se mi trovano mi ammazzano») . All’indomani della doppia confessione di Frumuzache, un po’tutti avevano pensato che l’avvocato calabrese fosse uscito da questa storia, ma di fatto c’è ancora dentro, non è stato ancora ascoltato dagli inquirenti e la sua posizione verrà esaminata in seguito.
Intanto un’amica di Ana Maria Andrei, la prima vittima di Vasile, racconta un particolare che potrebbe smentire una parte della confessione di Frumuzache, e cioè che Ana e Vasile si conoscevano da prima dell’incontro fatale, nel luglio dell’anno scorso. Il killer invece ha detto che non conosceva la connazionale e che tra i due sarebbe nata una lite perché lei, che non voleva avere clienti romeni, aveva scoperto che Vasile non era italiano. Una versione che poteva far comodo a Frumuzache per sostenere il delitto d’impeto, ma che comincia a vacillare, così come quella del presunto ricatto subìto da Denisa, che avrebbe scatenato la sua furia al residence di Prato.