Escort uccise, Ana voleva cambiare vita ma non ne ha avuto il tempo: «Era bellissima, ora di lei solo un mucchio di ossa»
Montecatini: il ritratto della giovane uccisa dallo stesso omicida di Denisa. Una sorella arriverà dalla Romania per l’identificazione attraverso l’esame del Dna
MONTECATINI. La sua storia ha rischiato di passare inosservata, così come, se non fosse stato per poche amiche, era passata inosservata nell’estate di quasi un anno fa la sua scomparsa, scambiata per una fuga volontaria, non insolita per chi cerca di cambiare vita, in tutti sensi. Non c’era stata la mobilitazione che, invece, aveva caratterizzato la scomparsa della sua connazionale Denisa, vittima dello stesso mostro e la cui scomparsa e ritrovamento ha permesso anche di ricostruire la terribile fine di Ana Maria Andrei, il cui corpo senza vita è stato ritrovato in un campo abbandonato in via Riaffrico, nella campagna di Montecatini, dove anche ieri sono proseguite le ricerche di tracce da parte delle forze dell’odine.
Ma chi era Ana?
Nell’ipotesi fatta inizialmente per la sua scomparsa un po’ di verità c’era. Sì, perché voleva veramente smettere di lavorare usando il suo corpo. Lo aveva detto e ripetuto più volte specialmente alle amiche del cuore. Era giovane e bella Ana Maria Andrei, e a 27 anni nonostante ne fossero già trascorsi almeno dieci da quando era arrivata in Italia, e precisamente a Montecatini. Aveva ancora una vita davanti. Per questo desiderava trovare un lavoro vero, anche come cameriera in qualche albergo oppure in un ristorante. E poi magari ricominciare a studiare e dopo fare arrivare a Montecatini anche la sua adorata mamma e la cara sorella.
Di tempo ne aveva o, almeno, credeva di averne tanto, certamente non avrebbe pensato mai che i suoi sogni di ragazza sarebbero rimasti sepolti per sempre fra rovi e canne al casolare “dell’impiccato” a poche centinaia di metri dal centro di Montecatini Terme a causa della rabbia e del delirio di un connazionale reo confesso del suo assassinio. Che non è soltanto un omicidio, ma man mano che trascorrono i giorni è il racconto di una mattanza, di un delitto consumato con la lama e perpetrato con freddezza, lucidità ed estrema crudeltà. «Ci dicono che quello che resta di Ana – sussurra piangendo un’amica – sono un mucchio di ossa. Verrà presto la sorella per la comparazione del Dna». Le voci, forse reali, forse frutto di un equivoco con quanto accaduto a Denise, e giustificate dalle pessime condizioni dei poveri resti, è che anche ad Ana manchi la testa.
La famiglia sotto choc
In ogni caso ce ne è a sufficienza per giustificare lo sconvolgimento delle amiche e dei familiari. «La madre è sotto shock da quando ha appreso la notizia – continua la ragazza– ha smesso di parlare, non vuole mangiare e bere, non dorme più. Non sappiamo come calmarla. Quando ha saputo i particolari poi...».
L’allarme alle autorità per la scomparsa di Ana era partito quasi subito. L’amica che spesso condivideva la casa con lei dopo pochi giorni in cui non riusciva a contattarla telefonicamente era andata dritta dalle forze dell’ordine per denunciare la sua sparizione e anche quella della macchina che era ancora intestata a lei anche se di fatto l’aveva venduta alla vittima. «Non aveva fatto in tempo a fare il passaggio di proprietà – continua la giovane – quando, preoccupata, perché non le rispondeva ai messaggi e alle chiamate (il cellulare suonava a vuoto) è andata nell’appartamento, di cui aveva la chiave, non ha trovato nessuno. Erano spariti tutti i vestiti di Ana, i suoi gioielli d’oro, i soldi che lei metteva da parte e non c’era più neppure l’auto. L’unica cosa che era rimasto nell’appartamento era il frigo pieno di cibo».
La famiglia e le amiche di Ana non si sono date per vinte e l’hanno cercata inutilmente ovunque. «Lei non sarebbe mai scomparsa volontariamente. Ogni mese spediva soldi in Romania e chiamava sempre la sua mamma».
Ana e il suo assassino
Ma Ana conosceva il suo assassino? «Certamente sì – è sicura l’amica – Lui frequentava il mondo della notte. Caricava e si appartava anche con altre ragazze. Sapeva dove abitava Ana. Noi pensiamo proprio che lui dopo averla ammazzata sia andato a rubare tutto ciò che c’era. Perfino i vestiti. Non ha lasciato nulla».
Ma Vasile ha agito da solo seguendo un rituale? Veramente si è infuriato con la povera Ana, per un suo rifiuto? Solo per questo motivo l’ha accoltellata, forse decapitata e gettata nel fosso come spazzatura? Mentre gli inquirenti sono al lavoro e le indagini proseguono i familiari sostengono di non conoscere l’uomo che in carcere ha aggredito Vasile («Non abbiamo cugini qui e non sappiamo nulla (in realtà è un cugino di terzo grado, ndr)».
Fra dolore e speranza di ritrovare almeno un ricordo di Ana si pensa anche al funerale e alla volontà di riportarla, magari con l’aiuto di una colletta, per il riposo eterno nella terra di Romania, in quella piccola cittadina di campagna da cui era partita appena diciassettenne con tanti sogni e speranze nel cassetto.