Il Tirreno

Toscana

L’intervista

I 70 anni di Francesco Nuti, il ritratto privato dell’ex compagna Annamaria Malipiero

di Sabrina Carollo

	Annamaria Malipiero e Francesco Nuti
Annamaria Malipiero e Francesco Nuti

L’attore nei ricordi dell’attrice e mamma di Ginevra: «Vi racconto il mio orso buono e puro»

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Oggi sarebbe stato il 70° compleanno di Francesco Nuti. Abbiamo chiesto alla sua ex compagna e madre di sua figlia Ginevra, Annamaria Malipiero, di parlarci del grande artista.

Come viveva Francesco i compleanni?

«Non amava particolarmente le feste, ma comunque festeggiavamo, anche se in modo casalingo, con gli amici, in famiglia. Non amava essere al centro dell’attenzione, forse da più giovane era più festaiolo ma quando l’ho conosciuto io i compleanni li trascorrevamo a casa, invitando amici e collaboratori per una cena. Immancabile era Maria Luisa Di Lonardo, Malù, che scriveva con Francesco, ed è una mia carissima amica, una seconda mamma per Ginevra. Francesco era molto riservato, Ginevra ha preso molto da lui. Era un orso buono, c’erano momenti in cui aveva bisogno di stare per conto proprio. Quando poi decideva di uscire dalla tana diventava simpaticissimo, però guai a entrare nel suo spazio quando aveva bisogno di stare da solo. Ricorderò sempre uno dei primi tempi in cui vivevamo insieme, mentre gli stavo attorno mi disse: “Senti Anna, perché non ti vai a fare una passeggiata?”».

Come avrebbe vissuto questa grande celebrazione a Firenze?

«Ne sarebbe stato fiero. Era orgoglioso di essere stato battezzato nel Battistero di San Giovanni, tant'è che poi ha voluto che anche Ginevra venisse battezzata qui a Firenze nonostante abitassimo a Roma, si vantava di questo».

Gli piacevano i dolci di compleanno? Qual era il suo piatto preferito, cucinava?

«I dolci assolutamente no. Francesco era carnivoro e il suo piatto preferito era il roast beef con le patate, ne andava ghiotto. Lui però non cucinava, non sapeva farsi neanche il caffè. Quando la sua mamma veniva a trovarci da Prato portava polpette e pomarola».

Esprimeva la sua ironia rimanendo serio. Quale aspetto prevaleva nella vita di tutti i giorni?

«Tutti i personaggi dei suoi film attingono tantissimo al suo carattere, al suo modo di essere. Quello che si vede al cinema è lui. Più che serio, era riflessivo; poi in alcuni momenti, quando ne aveva voglia faceva anche il buffone, si metteva a ballare in modo strano. Era questo e quello. Quando vedo i suoi film ce lo ritrovo».

Cosa lo faceva ridere?

«Ginevra lo divertiva tantissimo. Una volta, lei avrà avuto un anno, eravamo in montagna e mentre era sul divano gli ho chiesto di tenerla un attimo: tempo trenta secondi la sento piangere, era riuscito a farla cadere, non si era fatta nulla, il divano era basso, e ne abbiamo riso tanto. Con sua figlia rideva molto, gli dava una grande gioia».

Come aveva vissuto i momenti di attesa? E come è stato come babbo di una neonata?

«Aveva ansia di tutto, ricordo che mi accompagnò lui con la mamma Anna a fare l’amniocentesi, perché anche se ero giovane la volli fare. La bambina si muoveva molto e ci furono un po' di difficoltà a farla: lui era agitatissimo, mi toccò pregarlo di calmarsi. Andò a Parigi mentre stava preparando Io amo Andrea, Ginevra doveva nascere di lì a un mese e lui tornò con una busta piena di vestitini per lei. Era felice, non vedeva l’ora. Durante il parto, che è durato dalle otto del mattino a quasi l’una di notte, ho sofferto tanto e sembravo un’indemoniata: lui si avvicinava al letto e faceva il segno della croce, tipo esorcismo».

Aveva un posto del cuore a Firenze?

«Quando venivamo da queste parti andavamo in un posto che lui amava moltissimo, Villa Cora, al piazzale Michelangelo, e da lì a San Miniato al Monte, dove ora è sepolto. Poi mi portava a Santa Croce, dove aveva girato i suoi film, però Villa Cora era proprio il suo posto».

Era anche musicista, scriveva poesie, cosa si sentiva di essere?

«Secondo me si sentiva più regista. Dopo OcchioPinocchio, che è stato il film della sua vita, in cui ha messo tutto il suo amore, voleva dare una svolta alla sua carriera. Era affezionato alla favola di Pinocchio, proprio perché parla di un percorso di crescita, ed era quello che lui stava cercando di fare, con un film così diverso dagli altri. Voleva cambiare, fare il regista per lui era più soddisfacente. E poi era anche pittore».

Una personalità molto ricca...

«Assolutamente sì. L’ho conosciuto a 21 anni, lui ne aveva 17 anni più di me ma non abbiamo mai percepito la differenza d’età, io sono sempre stata più matura e lui era un bambinone. Francesco era una persona pura, genuina dietro le apparenze. Una persona vera. Non l’ho mai sentito parlare male di nessuno, mai. Era buono, un grande uomo».

Quale ricordo rimane di lui più forte, in voi?

«Il nostro capirci anche nei silenzi. Per Ginevra invece è il luna park, perché ce la portava spesso, quando stava con lui. Ancora adesso dice che le piacerebbe andarci con lui. Nonostante tutto, Ginevra lo ha vissuto molto, anche se a sei anni e mezzo si è ritrovata con un babbo diverso».

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