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Associare la canapa light alla droga è sbagliato e mette a rischio un intero settore economico

di Enzo Brogi *

	Canapa (foto di repertorio)
Canapa (foto di repertorio)

Le associazioni di categoria, come Federcanapa, e altre organizzazioni del settore si stanno organizzando per chiarire le norme e garantire la protezione del mercato legale

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Il massiccio del Pratomagno è per molti una montagna sacra, con la sua grande croce eretta dai francescani agli inizi del secolo scorso. Terra di pellegrini, mercanti, briganti, pastori transumanti e pure luogo di lotta partigiana. Poi l’agricoltura ed i mulini. Oggi sono rimasti gli olivi, le vigne e i giovani agricoltori che restituiscono alla produzione terreni incolti. Tra loro, Andrè e Leonardo stanno riscrivendo una storia antica con uno sguardo rivolto al futuro. Coltivano canapa, una pianta versatile, per secoli un pilastro della coltura italiana. Un’avventura iniziata nel 2014 con un progetto pilota per integrare la produzione di canapa nell’industria farmaceutica e proseguita con la fondazione della loro azienda agricola a 500 metri di altitudine. Una pianta straordinaria: cresce rapidamente, si adatta a terreni difficili, offre una resa elevata. Il prodotto di punta è il pregiatissimo fiore.

Un’unica pianta può generare ricavi importanti, rendendo questa coltivazione non solo sostenibile, ma anche redditizia per le piccole realtà agricole. Il lavoro dei due contadini non si limita alla coltivazione: hanno adottato metodi di agricoltura sinergica e biologica, evitando pesticidi e utilizzando tecniche innovative. L’Italia, anche per la sua condizione climatica, è oggi il primo produttore europeo. Tuttavia il successo “dell’erba medica” è messo in discussione dalle recenti decisioni del Governo che, inserendosi nelle confuse ambiguità normative, equipara la canapa light alle sostanze dopanti, vietandone di fatto la libera produzione e la vendita, minando la credibilità e la stabilità dell’intero settore. Dichiarazioni di esponenti politici, Salvini in testa, associano la canapa light alla droga contribuendo così a creare un clima di diffidenza e paura. Le conseguenze sono drammatiche. Sono coinvolti migliaia di coltivatori, commercianti e lavoratori. Il settore ha già dimostrato un notevole potenziale economico, con un giro d'affari stimato in centinaia di milioni di euro e la creazione di posti di lavoro in aree rurali come nel Pratomagno, nella Maremma e in tante altre parti della Toscana.

Le associazioni di categoria, come Federcanapa, e altre organizzazioni del settore si stanno organizzando per chiarire le norme e garantire la protezione del mercato legale, ricorrendo anche alla Corte Europea. Petizioni, mobilitazioni pubbliche con alcuni parlamentari si battono per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della canapa light, come risorsa economica e sostenibile. Anche la comunità scientifica continua a evidenziare i benefici della canapa. Si invocano norme precise che stabiliscano criteri trasparenti per la coltivazione, la vendita e il consumo. È un'opportunità originale per l’Italia. Perdere questo settore significherebbe rinunciare a un motore di sviluppo sostenibile e innovativo. Il Governo ha il dovere di adottare un approccio razionale e costruttivo, ascoltando le richieste degli operatori. In un momento in cui il Paese sembra incerto sul valore della sostenibilità e dell’innovazione, Andrè riflette preoccupato e combattivo: «La “buona erba” come quella del Pratomagno ci ricorda che la vera ricchezza sta nella capacità di reinventarsi, anche controvento».

* Scrittore e attivista per i diritti

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