Il Tirreno

Toscana

L’inchiesta

Nell’inferno dell’Alzheimer, in Toscana i malati sono 48mila: «Mia mamma non mi riconosce più, ti crolla il mondo addosso»

di Mario Neri

	In Toscana 48mila persone sono malate di Alzheimer
In Toscana 48mila persone sono malate di Alzheimer

L’80% dei pazienti è assistito in casa da coniugi e figli. E curarli può costare anche mille euro in più al mese

30 settembre 2024
4 MINUTI DI LETTURA





La malattia è partita prendendosi le piccole cose. «Andavo da lei e mi diceva: “Quella stupida della lavatrice ci ha messo tutto il giorno a lavare”». L’Alzheimer è un pagliaccio beffardo, comincia spesso con l’allegria. «Capitava di trovare tutto fuori posto: la caffettiera pulita in frigo, lei vestita strana, magari con le mutande sopra le calze». Ex operaia della Ginori, la fabbrica della ceramica fiorentina di lusso, la madre di Claudia oggi ha 82 anni. «Ha decorato piatti e serviti per vip e grandi signori della nobiltà. “Come sta la tu’ mamma?”, mi fa ogni tanto, dopo cinque anni di malattia. E io: “Bene, mamma”. Ma finisce lì».

Sembra non servire nulla a scuotere dal sonno cognitivo l’Antonia, pare non esserci niente per farla uscire dal tunnel in cui è entrata. Starle accanto diventa sempre più difficile. «Non faccio più niente per me – sussurra Claudia, 50 anni, maestra elementare – eppure ne avrei di interessi». Quando te lo dicono, «ti crolla il mondo addosso, intorno gli amici e la famiglia spariscono. Terra bruciata». Nella demenza senile ci sprofondano 80mila toscani, 48mila sono i malati di Alzheimer. Una volta l’Antonia è caduta e si fratturata due vertebre. Le medicine gliele dà sua figlia («Il babbo non ha accettato la cosa»), tredici farmaci (due per l’agitazione). L’Antonia è tornata bambina, odia l’acqua. «I calmanti servono per farle fare il bagno, sennò si dimena tutta per la paura».


Quelli come lei hanno un vortice nella testa. Vuoi uscire di casa, quando sei fuori rientrare. Progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, la memoria si sfilaccia, avanzano come ombre le allucinazioni e i deliri («È passata la mia nonna oggi», dice la Antonia), la depressione e l’aggressività. Pian piano si disimpara a camminare, a muoversi, i nomi delle cose si strozzano nei ricordi, i neuroni franano dal sistema nervoso, così il linguaggio arranca fino a scomparire, il tempo e lo spazio diventano categorie ignote. Colpisce il 10,7% delle donne e il 7,3% degli uomini sopra i 65 anni. «È un dramma con i numeri di un’epidemia – dice Manlio Matera, presidente dell’Aima Firenze, l’associazione nazionale malattia Alzheimer – condanna all’isolamento». Nessuno porta più il babbo, la mamma, un marito o una moglie fuori, in pubblico. «Ho iniziato a farle io la spesa, mi dispiaceva vederla immobilizzata di fronte al bancone della frutta», racconta Erica. Si fa per pudore. «Sarebbe come portarli all’aperto nudi», dice Matera, «anche perché all’inizio sanno». Una volta al mese l’associazione organizza i Caffè Alzheimer. Si tengono vive le relazioni. La luce si spegnerà col tempo, 10-15 anni, ma si può fare in modo che il bagliore si affievolisca lentamente e non con il botto.

Ilenia l’aiutano a fare le faccende domestiche; Vittorio, che amava il calcio, sfoglia gli album della Panini. «A volte lo guardo dipingere, il pennello trema sopra la tavolozza, e mi dice: “Ma quello che colore è? ” E io: “Ettore, è terra di Siena, ti è sempre piaciuto tanto il terra di Siena”», gli dice Anna. Sono sposati da 45 anni. Non può più lasciarlo solo un minuto. «So che finirà i suoi giorni in un letto. Finché posso, ci sono io», niente badanti. Costa un botto ammalarsi di Alzheimer: «Per i primi tempi ci siamo alternate io e mia figlia – continua Claudia – poi ne abbiamo trovata una bravissima, 900-1.000 euro al mese, più 400 euro di contributi ogni tre». L’80% dei malati è assistito in famiglia. «Serve un controllo totale, 24 ore su 24 – spiega Anna – ma se chiedi all’Asl ti danno al massimo dalle 4 alle 6 ore di assistenza domiciliare, e in Toscana ci va pure bene». La Regione da dieci anni ha attivato il servizio Pronto-Badante, paga i voucher ai meno abbienti per poter accedere ai centri diurni, ma resta molto da fare. Anche solo per avere un appuntamento con una Uva, un’unità di valutazione della malattia, servono dai quattro ai sei mesi in lista di attesa. «Come farò d’ora in poi con lei che c’è senza esserci? È possibile elaborare il lutto di una persona ancora in vita?», si chiede Carlo, 75 anni, marito di Giulia.

Esistono percorsi di sopravvivenza? Si, c’è l’Aima, con i suoi psicologi e i suoi 9 centri di ascolto. Sono loro a dare a tutti le prime informazioni, a far capire che la vita di una famiglia, sì, verrà stravolta. Ci sono i Centri diurni che in parte gestisce con le cooperative, oltre 20 in tutta la regione. Servono anche ai familiari. Si va e si condivide con qualcuno la propria disperazione. E a volte la malattia ti stupisce, la osservi mentre rosicchia i giorni e i ricordi ma d’improvviso può illuminarti sulla magnificenza del romanticismo: «A volte, sul divano, mi dice: “Ma non possiamo metterci insieme?”. E io? : “Emilio, siamo sposati da 43 anni”. Lui: “Davvero?”. Poi Eugenia gli fa vedere le foto, e il vecchio maresciallo piange.

 

Primo piano
Scuola

Stipendi degli insegnanti, il supplente: «Ecco la mia busta paga. I sacrifici? Ve li racconto»

di Sara Venchiarutti
Sportello legale