Vecchie cartelle cliniche: chi le deve custodire e come fare per riaverle
I documenti di un preventorio: i consigli dell'avvocato
Buongiorno, desidererei sapere, giacché i miei genitori quando avevo 12 anni, nel 1965, non hanno richiesto la documentazione inerente la mia malattia, se è possibile per me, avere copia della documentazione del Dispensario Antitubercolare di Asti e del Preventorio Infantile di Limone Piemonte (Cuneo), presso cui fui inviata per la guarigione. Il Preventorio di Limone Piemonte dipendeva dalla Provincia di Alessandria. Ora, per mia pura informazione ed essendo deceduti entrambi i miei genitori che probabilmente non sapevano o non volevano che io sapessi, io desidererei avere copia di tali documenti. Ritengo sia un mio diritto sapere quali terapie sono state fatte sul mio corpo.
Carla
L’importanza dell’annotazione dei sintomi della malattia e delle attività del medico sul paziente è un concetto noto e molto antico, che alcuni fanno risalire addirittura ad Ippocrate. L’obbligo di conservazione della cartella clinica per le strutture sanitarie, al contrario, ha una storia molto più recente.
La prima disposizione che disciplina il tempo di conservazione della cartella clinica risale alla circolare del ministero della Salute, la n. 61 del 19/12/1986, ove si legge che: “Le cartelle cliniche, unitamente ai relativi referti, vanno conservate illimitatamente poiché rappresentano un atto ufficiale, indispensabile a garantire la certezza del diritto, oltre a costituire preziosa fonte documentaria per le ricerche di carattere storico-sanitario”.
Le Istituzioni sanitarie, quindi, oggi devono conservare le cartelle cliniche e i referti per un tempo illimitato. La stessa cosa non può dirsi per le radiografie e gli altri accertamenti diagnostici che secondo la circolare, non rivestendo il carattere di atti ufficiali, devono invece essere custodite per un periodo di almeno venti anni.
Se è vero che prima del 1986, dunque, non era previsto un tempo minimo di conservazione, è anche vero che l’art. 30, Dpr n. 1409/1963, già disponeva l’obbligo per gli enti pubblici “di provvedere alla conservazione e all'ordinamento dei propri archivi... e di istituire separate sezioni di archivio per i documenti relativi ad affari esauriti da oltre quarant’anni, redigendone l'inventario che deve essere inviato in triplice copia alla sovrintendenza archivistica, la quale provvede a trasmetterne una all'archivio di Stato competente per territorio e un'altra all'archivio centrale dello Stato”. Sempre secondo l’art. 30 citato, tuttavia, “prima del passaggio dei documenti alle sezioni separate d'archivio devono essere effettuate le operazioni di scarto”.
Sembrerebbe, quindi, che le cartelle cliniche e i referti redatti dal 1963 in poi dovrebbero ancora oggi essere messe a disposizione del richiedente salvo che, dopo quarant’anni, anziché essere conservate non siano state scartate.
Nel caso di specie, tuttavia, bisogna considerare che l’ente pubblico produttore e conservatore della documentazione sanitaria era il Dispensario Provinciale Antitubercolare, un ente presente in tutte le provincie costituito per combattere la lotta contro la tubercolosi. Nel 1978, con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, l’ente citato è stato soppresso e le sue funzioni sono state trasferite alle Regioni.
Secondo l’art. 32 del Dpr n.1409/1963, in caso di estinzione dell’ente pubblico, “i rispettivi archivi sono versati nei competenti archivi di Stato, a meno che non se ne renda necessario il trasferimento in tutto o in parte, ad altri enti pubblici”.
Sulla Guida generale degli Archivi di Stato si legge che i documenti delle Opere Pie, assistenza e beneficenza sono conservati presso l’Archivio di Stato di Latina. Una ricerca su quest’ultimo archivio, infatti, conferma che la documentazione dei Consorzi Antitubercolari redatta fra il 1965 e 1984 è stata versata nell’archivio statale nel 1991 e conterrebbe “le prime visite; le visite successive; le schermografie degli alunni delle scuole; le radiografie; le visite domiciliari; i ricoveri in sanatori, case di cura e preventori; la chemioprofilassi; le vaccinazioni; le broncografie e la contabilità”.
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