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Senza vergogna anche la canzone sembra una beffa

di Michele Gambino
Senza vergogna anche la canzone sembra una beffa

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Ma come è venuto in mente a Giorgia Meloni di piantare a sorpresa il premier israeliano Benjamin Netanyahu per salire in gran fretta su un aereo di Stato e correre alla festa per i cinquant’anni di Matteo Salvini? Semplice, aveva letto l’oroscopo: “Abbiamo più probabilità di prosperare se cediamo con moderazione ai dolci piaceri della vita”.S

È il consiglio elargito ai Capricorno per la settimana dal 9 al 15 marzo da un importante astrologo.

E quale piacere della vita è più dolce che recarsi ad Uggiate-Trevano, per partecipare alla festa a sorpresa per Matteo organizzata dalla fidanzata Francesca Verdini, che avrà pagato champagne e salatini con la paghetta di papà Denis, purtroppo assente perché agli arresti domiciliare dopo le condanne per il crack di una banca e la bancarotta fraudolenta di un’azienda editoriale.

Poteva la Giorgia nazionale mancare al compleanno dell’amico Matteo, lo stesso che per dieci anni ha cercato in tutti i modi di soffocarla nella culla salvo poi ritrovarsela a capo del Governo? Per giunta alla presenza del patriarca Silvio Berlusconi, che solo qualche mese fa giudicava il comportamento di Giorgia «supponente, prepotente, arrogante, offensivo».

Una magnifica, irrinunciabile compagnia di amici. E vuoi mettere il piacere di cantare insieme a Matteo una canzone di Fabrizio de André, che tutto si sarebbe aspettato poverino tranne che venire massacrato dalle ugole poco intonate del potente duo? Una beffa per chi in una delle sue più belle canzoni cantava «le ambizioni meschine, le inesauribili astuzie, l’orribile varietà delle superbie» della maggioranza.

Proprio la maggioranza che Giorgia e Matteo incarnano felici e contenti. E sembra scritta ieri, dopo le notizie da Cutro, il seguito di quella canzone: De André parla del «vomito dei respinti», che «muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore, di verità, di umanità».

Verità e umanità che Giorgia Meloni aveva provato a mettere in mostra a Cutro appena poche ore prima del duetto festaiolo. Salvo impelagarsi in un misto di approssimazione e inconcludenza: alla voce “fatti” la promessa di dare la caccia ai trafficanti di merce umana «in tutto il globo terracqueo», frase degna di Paperinik. Alla voce “solidarietà” la mancata visita ai parenti dei migranti morti, che intanto continuano a depositarsi in un lento stillicidio sulla spiaggia calabrese di Cutro.

Forse la presidente del Consiglio aveva già la testa all’abito da indossare alla festa, o al regalo da portare a Salvini. Forse, a furia di sentirsi dire che «lei però è brava» (sottinteso: a differenza di quelli che gli stanno intorno), la Meloni pensa di sfangarla sempre e comunque. E su questo, ci sentiremmo di smentirla: gli italiani hanno dimostrato negli ultimi anni di essere volubili, e di passare con disinvoltura dall’amore al disincanto. Ne sanno qualcosa i vari Renzi, Grillo e lo stesso Salvini.

Diceva il filosofo che il valore di una persona si misura non dalle cose buone che fa, ma da quanto è disposto a vergognarsi di quelle che sbaglia. Di errori sulla strada tra Cutro e Uggiate-Trevano la nostra premier ne ha fatti molti. Per il rispetto che è giusto portare alla prima donna presidente del Consiglio d’Italia, si spera che riesca un po’ a vergognarsene.

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