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Da 20 anni al fianco delle immigrate: ora Fatou è italiana

Paola Silvi
Fatou Adia Casset  sorridente dopo aver ottenuto il documento per la cittadinanza italiana
Fatou Adia Casset sorridente dopo aver ottenuto il documento per la cittadinanza italiana

30 agosto 2021
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Ventuno anni. Tanti ne sono serviti a Fatou Adia Casset per diventare cittadina italiana dopo il suo arrivo dal Senegal nel 2000. Una lunga attesa fatta di tante iniziative utili agli stranieri e alla collettività, compreso quello dell’aiuto a tante donne anche con la creazione di gruppi per l’accesso al microcredito. Una vita racchiusa in poco più di due decenni che, finalmente, trova il suo epilogo con una frase fondamentale per la gli italiani e, da qualche giorno, anche per la donna che ha trovato a Pontedera la sua seconda casa: «Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservare la Costituzione e le leggi dello Stato».

Così, Fatou Adia Casset non si sente più straniera a casa propria. Finalmente ha giurato davanti al tricolore a Palazzo Stefanelli, sede del municipio della città della Vespa. Finalmente, perché Fatou era pontederese per tutti ma non per i suoi documenti. E sentirsi italiani dentro non basta. Bisogna esserlo anche sulla carta. È arrivata in Italia nel 2000 per andare a trovare la sorella che viveva a Milano. «Due anni prima però - racconta - ero stata in vacanza in Toscana ed ero passata a salutare alcuni miei amici a Pontedera. Mi sono innamorata della città e non l’ho più lasciata». Un colpo di fulmine insomma. Fatou è rimasta affascinata dal clima mite, dalla cucina e «dall’atmosfera accogliente e familiare che si respirava a Pontedera», aggiunge. «Qui c’è calore, amicizia». Battagliera e determinata Fatou non ha avuto nessun problema di inserimento. «Appena arrivata ho seguito un corso professionale per mediatrice culturale. Nel frattempo facevo la colf, la badante, lavoretti che mi permettevano di mantenermi. Ottenuta la qualifica poi ho iniziato ad impegnarmi nel settore del ricongiungimento familiare e nel sostegno agli stranieri». A scuola traduceva ai bambini appena arrivati dall’estero e accompagnava i loro genitori che non conoscevano ancora la lingua italiana dalle insegnanti. Negli ospedali faceva invece da ponte linguistico tra gli immigrati che avevano bisogno di cure e i medici. Instancabile. Un vulcano di idee. E tante di queste si sono concretizzate anche nell’impegno sociale e civile.

Nella sua partecipazione al consiglio degli stranieri, nella commissione pari opportunità, nelle associazioni delle donne e in Senegal Solidarietà come presidente della sezione femminile. Fatou è conosciutissima a Pontedera. Non solo tra le comunità straniere. Anni spesi ad ascoltare gli altri, ad aiutare, a creare legami speciali. Ma anche anni di sacrifici, di progetti di vita, difficoltà burocratiche e speranze. «Insieme ad altre donne straniere - continua Fatou - abbiamo poi deciso di fondare una cooperativa ed aprire un’attività di sartoria». Si chiamava Nuove Trame, in via san Faustino. «Poi abbiamo dovuto chiudere per problemi legati all’affitto, alle entrate, ai soldi insomma».

Un progetto che ha vissuto anche di aiuto reciproco tra donne. Il tentativo di sorreggersi a vicenda in un paese straniero per poter accedere a finanziamenti che potevano risolvere problemi quotidiani o far realizzare i sogni di una vita. Gruppi di microcredito per darsi una mano e guardare al futuro con occhi più sereni e il cuore pieno di speranza.

Tentativi non sempre finiti nel migliore dei modi. Come l’avventura della cooperativa. Ma Fatou non è tipo da scoraggiarsi. Così si è aperto un altro capitolo della sua vita, quello connesso alla cultura. «Mio padre è stato il primo fotografo senegalese. Con le sue opere, foto risalenti agli anni trenta, ho curato molte mostre, non solo a Pontedera, all’Otello Cirri, ma anche alla Triennale di Milano e in Austria. Ho girato poi un documentario, ancora sui lavori di mio padre, che vorrei poter proiettare all’aperto, magari su corso Matteotti a Pontedera». Un sogno che Fatou sta cullando. Ma non è finita qui. Perché la nuova pontederese doc sta pensando anche di aprire un negozio di tessuti, vestiti e articoli africani. Lei che indossa sempre abiti tradizionali del suo paese, dalle tinte sgargianti, dalle stoffe preziose, dalle stampe davvero multietniche. «Ho in mente tante iniziative - conferma - ma per il momento mi godo l’emozione più grande, la cittadinanza. Sono davvero contenta. Pontedera mi ha dato tutto». Un amore corrisposto che, anche se ha dovuto aspettare ben 21 anni, è stato incorniciato da un lieto evento. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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