Il Tirreno

Toscana

L'ex amante della Circe ora fa lo spazzino: «So che è morta, ma non ne parlo» - Video

Mario Neri
Carlo Cappelletti, oggi in regime di semi-libertà, lavora come spazzino a Norma di Latina
Carlo Cappelletti, oggi in regime di semi-libertà, lavora come spazzino a Norma di Latina

Il giallo della Versilia, 30 anni dopo. Ecco come vive a Latina Carlo Cappelletti, l’ex carabiniere a cavallo condannato con Maria Luigia Redoli dell’omicidio Iacopi

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NORMA (LATINA). Sbraaannn. Carlo Cappelletti ha chiuso lo sportello e per un momento con quel botto è sembrato potesse squarciare le lamiere o far crollare il furgoncino dei rifiuti qui sull’asfalto davanti ai cassonetti dell’isola ecologica di via Buonarroti a Norma. Il suo paese. «Lo so che è morta, ma non voglio parlarne, grazie. Le auguro buona salute, mi spiace solo per il lungo viaggio che ha dovuto fare fin qui, inutilmente». Prima di mettersi alla guida, una montagna d’uomo strizzata nell’abitacolo della sua nuova vita, come un bimbo troppo cresciuto seduto su un’auto giocattolo già diventata vecchia, con il vocione profondo e stentoreo ci aveva liquidato. Poi s'è chuso in un mutismo inviolabile, appena spezzato da un sussulto quasi impercettibile. «Il sindaco dice che sei innocente...». Un brivido, una scossa lungo la schiena.

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In fondo è sempre stato così, si sono sempre tutti interessati a lei, la borghese bionda, eccessiva e sfrontata, Maria Luigia Redoli, la Circe. Tutti concentrati sulla mente dell’omicidio, mai nessuno sull’esecutore. Anche se per i giudici fu l’autore materiale del delitto, la mano al servizio dell’ammaliatrice, seducente e spietata come la maga di Ulisse, così come la ribattezzarono i giornali, oltre che per i rapporti con santoni e fattucchieri viareggini che pagò per macumbe e malocchi diretti al marito, Luciano Iacopi, la vittima di quest’omone e della sua amante fedifraga.

Ecco, Cappelletti non sembra neanche più lui. Sono passati trent’anni dalla notte del delitto, 28 dalla condanna definitiva. La più dura: ergastolo. «Questa esperienza l’ha modificato e ferito», dice il sindaco di Norma, Gianfranco Tessitori. Dell’amante, l’ex carabiniere a cavallo che una passione allucinata avrebbe trasformato in omicida, finora restavano le foto del primo arresto e poi dell’epilogo pulp, con il corpaccione volato per cinque metri dalla finestra della villetta di Forte dei Marmi dopo una sparatoria e una guerriglia a colpi di coltello con i carabinieri, andate in scena di fronte ai curiosi e ai cronisti arrivati da tutta Italia per assistere alla cattura.

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I riccioli neri di quel Sansone di 23 anni sono diventati radi e cortissimi capelli brizzolati di un 53enne, il volto abbronzato oggi è coperto dalla barba e solcato da rughe, al posto dei maglioni di cotone bianco di moda nella ruggente Versilia by night anni Ottanta, indossa un paio di pantaloni militari e una felpa con cappuccio. La sua divisa. Cappelletti fa il netturbino. «Carlo è un gran lavoratore - dice il sindaco - un gigante buono che sconta la sua pena con grande dignità». Gira avanti e indietro per questa città affacciata all’agro pontino caricando e scaricando sacchetti, su e giù per i tornanti che si inerpicano fra i calanchi dei Monti Lepini.

Anche non volendo, l’abbiamo incontrato cinque volte. All’isola ecologica, davanti al municipio, sul corso. Sempre la stessa reazione: sguardo seccato e un mutismo inviolabile. La Bussola, la Versiliana in cui conobbe la Redoli, le notti passate sulla spiaggia, le serate allacciato a quella donna di 27 anni più grande di lui sulla Maserati color rosa carne, i balli a ritmo di Lambada, sono preistoria.

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Dopo i primi anni in carcere a Porto Azzurro, dal 2006 è detenuto a Velletri. E da dieci la realtà di Carlo è questo camioncino per la raccolta della spazzatura, tre colleghi e la semilibertà. «Esce alle sei del mattino e rientra alle dieci di sera - dice Tessitori - C’è chi in paese forse ne è intimorito, ma io no, lo invito spesso a casa. Gli credo. Abbiamo parlato molte volte di quella storia e mi ha sempre confermato di essere innocente. Non ha mai voluto confessare, neppure ai tempi in cui erano perfino suo padre e sua madre, oltre agli avvocati, a suggerirli di farlo, perché così avrebbe ottenuto uno sconto di pena. “No, io non c’entro”, mi ha sempre detto. E vive la sua condizione soffrendo molto ma senza esternare nulla».

Quando, dopo la sentenza della Cassazione del 1991, i carabinieri arrivarono per consegnarli il suo destino su un foglio e portarlo in carcere, lui esplose. «Fine pena: mai», c’era scritto, e quasi come se solo allora avesse realizzarlo, il gigante buono scattò. Perché «Carlone è un tranquillone, ma ho anche scoperto che a volte ha reazioni improvvise. Un tipo fumino - racconta il sindaco - Una volta un uomo trovò all’isola ecologica una pietra. Se la portò via, c’era sopra la foto del padre morto, Enzo. Quell’uomo ne era ignaro, ma mi ci sono voluti tre giorni per calmarlo. Ma non lo credo capace di premeditazione».

Insomma Cappelletti vive a Norma, è sparito per l’Italia. Il quotidiano locale, la Latina, nell’archivio online ha un solo articolo su di lui, quello di quattro giorni fa sulla morte della Redoli. Da poco è riuscito a ricostruirsi una parvenza di normalità. «Ha una fidanzata certo, certo, che deve fa’? Ma del carcere parla poco, della Circe nulla», confida un collega. Il paese si divide. «Aò, ma che stamo a di’! Se l’ha fatto - ragiona Franco, un conoscente dei Cappelletti, sul corso principale davanti al Bar 2000 - è solo per soldi. Insomma, lo strozzino der Forte dei Marmi, lo Iacopi come se chiamava, c’aveva 7 miliardi de lire. E Carlo magari s’è lasciato abbaglià». «Ma no, era na famiglia povera, di contadini e pastori, e ai tempi con quella donna venne un paio di volte a Norma col macchinone. Ma lui è innocente - dice Marco - Il problema della sua reputazione non è mica la Redoli».

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No, si chiama Simone Cassandra. Il cugino da parte di madre. Anche lui un assassino. Condannato a 26 anni, di cui 10 passati in «manicomio» per aver ucciso un uomo di 74 anni, un ragazzo di 17 e un ragazzino di 11. «Era un folle e una ladro di polli. Li rivendeva con i tre. Qualcosa andò storto con l’anziano per i soldi e lo uccise - racconta il sindaco - poi si rese conto di essersi inguaiato rivelando il delitto ai ragazzini e ammazzò anche loro. Uno lo gettò in un pozzo. Me lo ricordo ancora, partecipò perfino alle ricerche».

Un altro tabù, un altro mistero familiare. Anche se la Norma di giorno ormai è tutto quel che resta all’ex carabiniere. Qui ha una sorella, un fratello e mamma Marisa. Con la compagna ha preso in affitto un appartamento sul corso. Gira con il camioncino, qui, senza vergogna. Lui che era stato quasi solo una comparsa del noir oscuro e violento che spezzò l’incanto della Versilia, e offuscò i bagliori di Forte dei Marmi con le diciassette coltellate sferrate a Luciano Iacopi nella notte fra il 16 e il 17 luglio 1989, non si nasconde. A testa alta ogni notte torna nella sua cella.

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