Il Tirreno

L’intervista

Morte Emilio Fede, Paolo Brosio: «Vi racconto quella volta che lo feci arrabbiare...»

di Luca Basile
Emilio Fede e Paolo Brosio
Emilio Fede e Paolo Brosio

L’ex inviato racconta il loro rapporto: «Per me fu un padre, furono anni straordinari: per lui contavano le notizie e io di notizie ne ho portate tante»

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FORTE DEI MARMI. «Emilio Fede è stata tutta la mia vita». Nel giorno della morte, a 94 anni, dell’iconico direttore del Tg4, Paolo Brosio si rimette i panni dell’inviato per viaggiare a ritroso nel tempo.

Che anni sono stati quelli con Fede?

«Anni straordinari. Insieme, sono sincero, abbiamo fatto la storia di Mediaset: non solo “Mani pulite” davanti al palazzo di Giustizia di Milano, ma anche la guerra in Bosnia, quella del Golfo, le inchieste sulla mafia, sulla camorra e via dicendo. Sì, anni straordinari, anche se gli scontri con il direttore non sono mancati».

Discutevate spesso?

«Emilio si arrabbiava ogni due minuti. Come quella volta che mi beccò a mangiare un pezzo di torta mentre stavamo andando in diretta. Ma poi gli passava, era fatto così. Per lui contavano le notizie e io di notizie ne ho portate tante in quegli anni».

Il vostro primo incontro?

«In realtà il primo aggancio fu con Silvio Berlusconi: ero responsabile dell’ufficio stampa del Pisa. Romeo Anconetani mi incaricò di accogliere il presidente Berlusconi: parlammo a lungo, mentre il suo Milan vinceva la partita. A fine giornata mi lasciò il numero della sua mitica segretaria Marinella aggiungendo che stava pensando a dare vita a un tg di informazione sui canali privati. E che gli sarebbero serviti degli inviati. I colloqui successivi, quelli con Fede, furono di conseguenza: feci un’ottima impressione al direttore. A onor del vero da Fede mi portò anche l’amore per una ragazza, ma questa è un’altra storia».

Come fu il salto dalla carta stampata al piccolo schermo?

«Traumatico. Non sapevo neanche dove guardare nella telecamera: Emilio mi insegnò tutto. E io ho avuto la capacità di imparare tutto. Diventai una sorta di fenomeno, anche se fenomeno non ero. Avevo obiettivamente delle capacità e lui, da grande professionista quale era, lo aveva capito. Ricordo lo scoop della videocassetta del Moby Prince, a Livorno, lo avevamo solo noi. Quando gli portavi questo genere di notizie esclusive era straordinariamente felice».

Fede è stato suo ospite anche in Versilia?

«Sì, in più occasioni. Anche ai tempi delle Olimpiadi del Cuore, negli anni del Twiga: amava vivere la vita, ma il giornalismo, la notizia, il tg erano sempre al centro dei suoi pensieri. Insomma, con lui si staccava in pochissime occasioni».

Gli ultimi anni di vita di Emilio Fede sono stati complicati: vi sentivate ancora?

«Certo, fino a quando abitava a Milano 2, ogni volta che andavo su passavo a trovarlo. Si parlava, ci confrontavamo. Ho sempre avuto una grande riconoscenza nei suoi confronti: dopo il Tg4 sono approdato da Fazio e poi a seguire tantissime trasmissioni. Emilio aveva una capacità professionale pazzesca, seguendolo ho imparato tutto. Come posso dimenticare quello che ha fatto per me? Gli ultimi tempi sono stati tristi e difficili: ci siamo sentiti al telefono regolarmente fino a qualche mese fa. Poi il silenzio. Ho perso un padre, non solo a livello professionale». 

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