La Rocca del Brunelleschi, un gioiello rinascimentale a guardia di Vicopisano
Costruita dopo le grandi opere fiorentine, è una fortificazione militare, meditazione sulla piccolezza della visione umana
Ci sono infiniti motivi che possono convincere il camminatore che attraversa la nostra Toscana segreta, ad indirizzarsi verso l’antico borgo di Vicopisano. Ma uno è sicuramente il motivo più magnetico. Quello di visitare l’affascinante Rocca del Brunelleschi, che domina proprio il borgo.
La Rocca infatti svetta con una imponente torre angolare, costruita sulla sommità più alta, quella maggiormente culminante dell’intero tessuto urbano. Si tratta di una torre che supera i trenta metri di altezza. Al contempo, l’intera imponente struttura militare è collegata alle reti delle mura difensive di Vicopisano attraverso altre connessioni munite che portano fino alla Torre dei Selvatici e alla Torre del Soccorso.
È bene che il camminatore si segni in mente i nomi poetici di questi presidi militari. Nomi che raccontano storie infinite riguardo a chi li usava e alle funzioni per cui erano stati edificati. Il grande Mastio della Rocca del Brunelleschi, inoltre, era stato disegnato per ospitare il comandante e le sentinelle della guarnigione che presidiava l’abitato.
Tutti gli ambienti del Mastio sono ancor oggi originali del Quattrocento, e si sviluppano su ben sei livelli diversi di altezza. La struttura ideata dal Brunelleschi, poi, contemplava all’interno molte cisterne per l’acqua e altrettanti ampi magazzini per lo stoccaggio del cibo necessario a resistere a possibili lunghi assedi.
Davvero leggendaria è la figura dell’architetto che ideò questa struttura che adesso stiamo osservando e attraversando. Filippo di ser Brunellesco Lapi, questo era infatti il suo nome completo, era nato a Firenze nel 1377, figlio di un notaio. Ben presto si era fatto notare per i suoi interessi artistici, e già nel 1398 si era iscritto, nella sua città, presso l’Arte della Seta, con la professione di orafo. L’anno successivo è chiamato a Pistoia, dove realizza l’altare di San Jacopo nella cattedrale della città. Agli inizi del 1400, passa poi a Roma, dove viene incaricato di molti lavori importanti, legati soprattutto alla risistemazione delle strutture ancora presenti legate alla Roma latina. Tornato poco dopo a Firenze, crea uno dei suoi prodotti artistici più stupefacenti, il grande Crocefisso di Santa Maria Novella.
Sono proprio questi gli anni in cui gli studiosi e gli storici, come Giorgio Vasari, attribuiscono a Brunelleschi una delle invenzioni più importanti dell’intera età rinascimentale. L’invenzione, cioè, della prospettiva lineare a punto unico di fuga.
È un principio di risistemazione del mondo e della percezione che cambia radicalmente la visione e l’espressione del mondo esterno dell’epoca. Cambia radicalmente anche tutto il modo di pensare.
Brunelleschi ci era arrivato sicuramente anche grazie ai suoi studi di ottica, alle sue conversazioni con gli amici matematici, come Paolo del Pozzo Toscanelli, ed allo studio degli antichi. Nel 1418, poi, ser Filippo vince un concorso importantissimo, quello per la costruzione dell’imponente cupola di Santa Maria del Fiore. Sono questi gli anni in cui l’architetto, ormai famoso, inventa anche il suo rinomato “peposo del Brunelleschi”, sostanzioso piatto di carne che doveva fornire per lungo tempo energie alle sue maestranze da lui impiegate in molti e diversi cantieri.
È dopo i grandi lavori fiorentini, dopo la Cupola, dopo lo Spedale degli Innocenti, dopo la Cappella de’ Pazzi, che l’architetto si occupa infine della Rocca di Vicopisano.
È l’Opera del Duomo di Firenze che lo invia nel borgo per riallestire tutte le sue strutture militari di difesa. La Rocca del borgo è, alla fine, una meditazione sulla piccolezza umana, e su come spesso gli uomini si basino su una cieca e tronfia visione di se stessi. Nessuna realtà umana, infatti – sembra voler dirci l’architetto, attraverso la sua Rocca – è difendibile solo attraverso le strutture e le forze materiali. L’unica vera difesa è quella che proviene dallo spirito. È proprio questo che il grande architetto vuole dirci da Vicopisano.
Ed è la stessa cosa che vuole comunicare quando, rientrato a Firenze, immagina sulla falsariga dei suoi edifici di quel piccolo borgo, la più ampia struttura di Palazzo Pitti.
Tutte le opere di ser Filippo sembrano essere riassunte all’interno proprio dell’antico borgo di Vicopisano. È infatti particolarmente rilassante attraversare le antiche vie e piazze dell’abitato, ascoltando i lontani, molteplici racconti delle sue pietre, delle sue mura.