I 50 anni di Easy Rider ancora oggi pietra miliare della cultura hippy
Quell’estate del 1969 fu ricca di eventi che diventarono storia: dal primo allunaggio al concerto di Woodstock. E di Dori Ghezzi, sui grandi schermi arrivò un film destinato a diventare un’icona culturale: Easy Rider, diretto e interpretato da Dennis Hopper, con Peter Fonda nei panni di Wyatt “Capitan America” e Jack Nicholson in quelli di George Hanson. La pellicola che, insieme a Bonnie & Clyde e Il laureato, contribuì a restituire vitalità all’industria cinematografica di Hollywood che dopo gli anni d’oro era piombata in una crisi profonda. Come dice Peter Siskind, autore del libro “Easy Riders, raging bulls”, Easy Rider diede il via alla New Hollywood, una new wave che diede voce a giovani registi-autori che avevano idee nuove spesso con radici oltreoceano e spazio a argomenti che fino ad allora era stati tabù come l’inquietudine giovanile, la solitudine, la sessualità e la condizione della donna. L’avventura on the road di Wyatt e Billy (Peter Fonda e Dennis Hopper) prende avvio sulle indimenticabili note di The Pusher degli Steppenwolf: i due, dopo avere trasportato un carico di cocaina dal Messico agli Stati Uniti, investono parte di quanto hanno guadagnato in due motociclette nuove, con l’idea di attraversare il Paese per andare a vedere carnevale di New Orleans. Il loro è un viaggio– fuga da un’America, medio-borghese, è una voglia di evasione che diventa il modo di richiamare l’attenzione sulla corruzione, il razzismo, l’intolleranza, il bigottismo, i problemi delle famiglie devastate dall’esperienza della guerra, degli Stati Uniti di quegli anni. A 50 anni di distanza Easy Rider si conferma una pietra miliare della cultura hippy e una pellicola imperdibile per la bellezza della fotografia. Ma è merito anche della colonna sonora se è diventato un film di culto: Jimi Hendrix rappresentato da If 6 Was 9, The Weight degli Smith, It’s Alright, Ma (I’m Only Bleeding), brano di Bob Dylan interpretato da Roger McGuinn, il cantante dei The Byrds, ma soprattutto quella Born to be Wild “nati per essere selvaggi” che è diventata il pezzo più famoso degli Steppenwolf.
Jeanne Perego