In aula
Champions e campionato: le due facce del Milan
Rebus Milan: la squadra brilla in Europa ma stenta in Italia
Un tempo sarebbe stato il minimo, oggi è una conquista. Quella del Milan è la storia di una rinascita. Chi ha vinto 7 Coppe dei Campioni/ Champions League non può essere appagato di un quarto di finale, ma quel passato trionfale è nascosto ormai dalla polvere del tempo. Se per l’ultimo quarto bisogna tornare al Milan di Allegri fatto fuori dal Barcellona di Messi nel 2012, per l’ultimo trionfo rossonero in Champions bisogna risalire addirittura al 2007 (la seconda delle due finali consecutive col Liverpool). E sono passati 15 anni.
Il Milan di Pioli sta facendo in Europa lo stesso percorso fatto più o meno in campionato, dove invece la spinta si è in parte esaurita e la parabola cominciato a scendere proprio dopo lo scudetto. Il paradosso del calcio è che il Milan impresentabile di Firenze elimina il Tottenham di Antonio Conte. Che per quanto in difficoltà è pur sempre un superclub della Premier in grado di investire 150 milioni sul calciomercato in un anno. 58 milioni sul solo Richarlison che ora dice: «Che stagione di merda, perché non gioco?».
Oltre ai tifosi che assistono a una lenta ma progressiva rinascita, il più felice ora è ovviamente Jerry Cardinale che vede i primi frutti del suo gigantesco investimento. La conquista dei quarti vale per ora 71,4 milioni extra da spalmare su gestione del club e mercato. E proprio il risultato di New White Hart Lane - turno passato per merito del solo gol di Brahim Diaz a San Siro - suggerisce che gli investimenti fatti nel tempo sul portiere Maignan e sui difensori, in particolare Tomori e Thiaw, sono stati benedetti. Maignan si prende titoli e copertine nello stesso momento in cui Donnarumma col Psg lascia la Champions, nella più classica e ricorrente eliminazione dello stramiliardario club francese. Collezionare figurine non significa vincere, questo il Milan, in delicato equilibrio finanziario già dai tempi dell’improbabile Yanghong Li, lo ha capito da un pezzo. Le pretese di Rafael Leao sul rinnovo di contratto a 7 milioni l’anno sono sempre meno accettabili, se quello che ti dà è poi l’impalpabilità della partita col Tottenham. Nel pieno stallo della trattativa, il rischio di una soluzione drastica alla Donnarumma c’è tutto. Ma anche Leao rischia molto, è così sicuro che il Chelsea o altri club possano fare follie per lui dopo averlo visto all’opera?
Nel gioco il Milan non è riuscito a sostenere le premesse che lo hanno portato in due anni di gestione Pioli a vincere lo scudetto. Per rallentare la picchiata ha dovuto operare una svolta difensiva e italianista, che non ha pienamente convinto Arrigo Sacchi, santo protettore del grande Milan che fu.
Il Milan a due facce, in campionato non si è completamente ristabilizzato, il quarto posto è un rebus. Viceversa in Champions è scattato l’interruttore. Come diceva Galliani ai tempi d’oro: «Quando il Milan sente quella musichetta cambia tutto». Solo che il Milan sta avanzando in uno stile che è un ibrido inventato da Pioli: ottima difesa, buon centrocampo con la trottola Tonali, il misterioso Charles De Ketelaere ormai inesorabilmente panchinato e magari ceduto a giugno a tentare di recuperare almeno parte dei 35 milioni che è costato, attaccanti a cercare di far gol ma soprattutto a fare anche loro a sportellate. Ibrahimovic non è in lista Champions, di Giroud si prende soprattutto l’esperienza, Messias, Rebic e Origi fanno gruppo.
Per adesso sembra una cara vecchia favola. Ma già così qualcuno potrebbe addirittura sognare l’ottava Champions.