Dal pallone al Gotha del tennis: quando Panatta giocava nel Montemurlo
Nel 1975 il re della terra rossa aveva una relazione con una ragazza di Prato. A volerlo in squadra fu il presidente Betti. La promozione in Prima categoria però sfumò
MONTEMURLO. Stagione 1975-76. Il Montemurlo calcio insegue la promozione in Prima categoria, ma, nel girone D, parte male. Il torneo offre un largo spiraglio per la promozione: ne sono previste tre per il cosiddetto allargamento dei quadri. A dicembre il presidente Mazzino Betti, geometra, le tenta tutte, persino quella di ingaggiare Adriano Panatta, insieme al quale vorrebbe realizzare un centro sportivo nella zona collinare di Montemurlo. Al termine della stagione la squadra pratese manca l'accesso alla categoria superiore per 2 punti, con notevole rammarico per una prima parte di campionato nettamente al di sotto delle possibilità. Il popolare tennista, in quel periodo, ha una relazione con Rosaria, una ragazza di Prato, e il centro dei suoi interessi si è spostato da Roma alla Toscana, dalla Versilia a Montemurlo dove per il suo esordio (21 dicembre 1975) come calciatore convergono giornalisti e fotografi per immortalarlo con la maglia biancorossa e un paio di Superga con i tacchetti ai piedi. Tra i giocatori di quella squadra oltre a Panatta esordisce il centrocampista Fabrizio Niccolai, classe 1955, e fra tutti si distingue il giovane Maurizio Selmi, mediano e mezzala pistoiese del 1956. La formazione vedeva tra i pali Duradoni in difesa, Pagnini e Bonci marcatori, con terzino sinistro Boccalini, mediano Nerattini, libero Vaselli, fluidificante Finocchi, Niccolai con la maglia numero 8, attaccante Francardi, regista Selmi e centravanti di manovra Panatta che in quel match contro l’Esedra ha una certa ubbìa a trovare l’area avversaria.
«Adesso stai a vedere che non vinciamo – diceva Panatta durante la sfida – non ce la faccio: la mia preparazione è scarsa, meglio non insistere». E così dopo 45’ minuti, il tennista viene sostituito ma segue la partita da bordo campo e l’amico Paolo Bertolucci gli manda subito una stoccata: «Meglio come guardalinee».
Ma è proprio in quel secondo tempo che viene fuori la domanda regina: ma secondo te è giusta la collocazione a numero 26 del mondo? «Mi sembra che queste classifiche siano fatte con criteri non equanimi – spiegava Panatta non ancora vincitore degli Internazionali d’Italia, Roland Garros e Davis – Personalmente, mi collocherei tra il decimo e il quindicesimo posto. Se poi qualche generoso mi mettesse all'ottavo o al settimo non griderei allo scandalo. La mia graduatoria personale è questa: Ashe, Connors, Vilas, Orantes, Borg, quindi Nastase, poi magari il sottoscritto».
La carriera calcistica del bell’Adriano è terminata a febbraio 1976, quando Mario Belardinelli l’ha richiamato all’ordine. Per lui quella stagione fu d’oro (forse un po’ di merito lo deve anche a quella chiamata del presidente del Montemurlo e a una preparazione mirata). E proprio Panatta, all’epoca, spiegava la differenza tra tennis e football: «Nel tennis siamo in due, ci può essere solo uno stress psicologico, un errore che commetti personalmente lo paghi. Nel calcio c’è il contrasto che ti porta ad effettuare uno sforzo fisico notevole. È indubbiamente uno sport difficile, impegnativo. Ci sono molti aspetti che al pubblico sfuggono. Inoltre, bisogna essere molto allenati. Io non lo ero, ho resistito soltanto i primi venti minuti, poi mi sono afflosciato. Mi facevano male i piedi non riuscivo a “vedere” il gioco. Il calcio t’impegna severamente».
Forse abbiamo compreso perché Adriano Panatta è un ottimo ospite alla Domenica Sportiva. Conosce il calcio dal momento in cui l’ha praticato, oltre ad essere il campione di tennis che conosciamo. Forse, quegli allenamenti sul campo di Montemurlo hanno preparato al meglio colui che ha fatto esplodere il tennis negli anni ’80.
La classifica finale di quella stagione vedeva CS 1909 Poggio a Caiano a 45 punti, Lastrigiana 45, Impavida Vernio 44, Calenzano 35, Montemurlo 33, ma per Adriano Panatta arrivò la vittoria agli Internazionali d’Italia, al Roland Garros fino alla Coppa Davis in Cile. La sua Prima categoria l’ha certamente conquistata non su un campo da calcio, ma su quello in terra rossa.