Il Tirreno

Prato

Malavita e affari

La mafia cinese parte dalla Toscana e gioca una partita globale: una guerra invisibile tra affari, bombe e silenzi istituzionali

di Luigi Spinosi

	L'incendio del 15 luglio 2024 al deposito della logistica Xin Shun Da
L'incendio del 15 luglio 2024 al deposito della logistica Xin Shun Da

Dalla guerra delle grucce agli attentati internazionali, dal riciclaggio in “stash house” alla richiesta di una Dda a Prato. Il procuratore Tescaroli chiede una nuova legge sui pentiti

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PRATO. Ci sono guerre che si combattono con i carri armati ma meno apparenti, e non necessariamente meno violente, ci sono guerre dove il controllo del mondo passa dal controllo dell’economia. Come quella sulla quale spuntano “ombre cinesi” e che proprio nell’apparentemente tranquilla Toscana ha uno dei fronti principali a livello globale. Intanto però la guerra più importante, l’unica “giusta”, quella per la legalità, ha le armi spuntate.

“Ombre cinesi” è anche il titolo del lungo servizio di Daniele Autieri per la trasmissione Report, e dedicato a quella che il giornalista Sigfrido Ranucci ha definito la «guerra silenziosa della Cina che si intreccia con quella dei dazi annunciata da Trump e che forse non è neppure slegata dalla presenza di un supermercato cinese sotto la nostra abitazione». E proprio da Prato è partita l’inchiesta di Autieri, Prato che è stata definita come il laboratorio per le strategie per il controllo dell’economia. Un controllo che passa anche dalla violenza, come dimostra la cosiddetta “guerra delle grucce”, per il dominio del mercato di questo accessorio quasi banale. Ma dietro quella guerra, raccontata nella trasmissione dal nostro giornalista Paolo Nencioni, sta qualcosa di più grande del semplice mercato delle grucce (che poi tanto semplice non è, visto che si parla di un volume di affari di 100 milioni di euro) e che assume un rilievo internazionale.

Lo dimostra per esempio l’attentato – inserito in questo contesto – a un imprenditore cinese in un locale di Prato, commesso da sicari arrivati appositamente dalla Cina. Guerra delle grucce che poi è diventata una ancora più imponente guerra della logistica. E la dimensione internazionale di questa faida è testimoniata dagli attentati: 3 pacchi bomba il 16 febbraio in altrettante aziende cinesi di Prato, cui seguiranno altri attentati alle filiali di Parigi (il 28 febbraio) e di Madrid (l’11 marzo)di uno dei gruppi colpiti nella città toscana. Episodi che si inserirebbero all’interno della lotta per il controllo globale del commercio.

Ma il servizio ha affrontato anche altre vicende. Si è parlato dello sfruttamento dei lavoratori, costretti a una vera e propria schiavitù nelle aziende fino a quando non riescono a pagare la cifra richiesta (11mila euro) per venire in Italia. Ma anche l’inquietante storia dei campi estivi in cui i bambini della comunità cinese vengono istruiti anche all’uso delle armi. E poi la “giustizia” parallela e nascosta, con forze di polizia e tribunali chiamati a gestire le controversie interne alla comunità cinese. O, ancora, le attività gestite da società fantasma, che fanno affari aggirando le tasse per poi chiudere tutto e sparire nel nulla.

Le banche nascoste: "stash house"

Ancora più significativo il caso delle “stash house”. Si tratta di vere e proprie banche clandestine (si stima siano 400 in Italia), nascoste nei retrobottega di attività commerciali o, nuova frontiera, in abitazioni isolate e ipersorvegliate, che permettono di fare tutta una serie di operazioni che non si possono fare alla luce del sole: concedere prestiti, fare trasferimenti di denaro, e, soprattutto, riciclare denaro delle attività criminali.

Tanti punti quelli analizzati nel programma, e tanti ingranaggi che collegano tra loro: mafie (cinesi e non), attività di spionaggio, controllo dei dissidenti all’estero, governo cinese, lotta commerciale all’Europa e agli Stati Uniti. Quello che vien fuori è un meccanismo complesso, dove tutto ruota – nemmeno a dirlo – attorno al denaro. «La Repubblica Popolare Cinese – ha spiegato nel servizio il procuratore di Prato Luca Tescaroli – ha interesse ad approvvigionarsi di moneta pesante come l’euro, e l’attività produttiva che viene svolta qui, i profitti che si ricavano, e conseguentemente la produzione di euro, è un dato che è in linea con la politica della Repubblica Popolare Cinese». E le rogatorie, ha aggiunto, non hanno trovato risposta.

La lettera del procuratore Tescaroli e il silenzio 

E qui si entra nel fronte della “guerra giusta”, quella all’illegalità, una guerra per le quale non arrivano le armi richieste. È stata citata la lettera inviata il 22 ottobre dallo stesso Tescaroli alla direzione affari interni del ministero di Giustizia. Un appello verso le istituzioni che si sono dimenticate di Prato. Una lettera per segnalare le carenze nella pianta organica, con tempi della giustizia indegni (tra il tempo di fissazione di un’udienza e l’udienza stessa passano in media 937 giorni) e per chiedere di dar vita a una Direzione distrettuale antimafia a Prato. Nessuna risposta ricevuta, nemmeno dalla trasmissione, dal ministro della Giustizia: «Attenzione – ha evidenziato Ranucci commentando quel silenzio – questa non è una guerra tra bande, nasconde un progetto geopolitico molto importante, il controllo globale del commercio». C’è una speranza? Quella arriva proprio dalla stessa comunità cinese, da chi non vuole sottostare a questo sistema e per questo è andato a bussare alla porta del procuratore di Prato. E sono sempre di più. «Per questo – ha concluso Ranucci – sarebbe importante dotare la procura di Prato di una Dda, di un struttura in grado di lottare contro la mafia».

Una nuova legge sui pentiti

Del tema si è parlato anche ieri a “Palazzo Strozzi Sacrati, in occasione della consegna a Luca Tescaroli di una pergamena al merito da parte dell’Associazione Stampa Toscana. In questa occasione il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha detto di condividere l’appello del procuratore Tescaroli a riscrivere la legge sui pentiti in modo da estenderla a cittadini non italiani. Questo consentirebbe di usare lo strumento anche contro la mafia cinese pratese: «Se i parlamentari non daranno seguito all’appello del magistrato – ha concluso Giani – sono pronto a presentare una proposta di legge al Parlamento come Regione».
 

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